
ARTICOLO DEL BLOG:
LA NOBILE ARTE DEL
FEEDBACK
Come darlo, riceverlo, sopravvivere e magari anche evolvere
Eccoci arrivati all’ultima soft skill del nostro trattato semiserio sulle soft skills.
Nel vasto e rumoroso regno delle interazioni umane sul luogo di lavoro – popolato da mail passive-aggressive, riunioni che potrebbero essere una gif e KPI che cambiano più spesso delle mutande – esiste una pratica tanto temuta quanto celebrata: il feedback.
Dare e ricevere feedback è un po’ come danzare il tango bendati sopra un tavolo Ikea traballante: richiede equilibrio, ascolto e una certa inclinazione all’autolesionismo costruttivo
Ti interessa questo argomento?
Partiamo da un’ovvietà: tutti dicono di voler ricevere feedback. Ma spesso ciò che intendiamo davvero è:
“Dammi un feedback che confermi che sono fantastico, con parole dolci e magari un tocco di poesia.”
Il feedback autentico, però, è uno specchio. E, ammettiamolo, nessuno è entusiasta di scoprire, nel riflesso, quella riunione condotta come un karaoke stonato o quella mail inviata “per sbaglio a tutti”.
Dare un buon feedback è un’arte, una scienza e un esercizio zen.
🔸 Il panino emotivo: elogio – critica – elogio. Funziona, ma attenzione: alcuni imparano a masticare solo il pane e sputare via la parte nutriente.
“Ottimo lavoro sul progetto!” (tanto entusiasmo)
“Forse dovresti evitare di farlo esplodere la prossima volta.” (ops)
“Ma l’hai fatto con grande stile.” (eh beh)
🔸 Il tempo è tutto: dare un feedback sei mesi dopo è come urlare “attento!” dopo che è già scivolato sulla buccia di banana.
🔸 La precisione conta: “Fai schifo” non è un feedback, è uno sfogo.
Meglio: “Quando hai interrotto Marta sette volte in tre minuti, il suo sguardo assassino ha parlato per tutti.”
Ricevere feedback: uno sport estremo (ma utile)
Ricevere feedback richiede cuore, coraggio e, a volte, una camomilla forte.
🧘♂️ Sii zen: Non tutto è un attacco personale. A volte lo è, certo… ma manteniamo comunque la postura da professionista.
🎧 Ascolta tutto, difenditi dopo: Evita il classico “Sì ma io…” al minuto uno. Aspetta almeno il minuto tre, respira, prendi nota.
🪞 Rifletti, non rifugiarti: Il feedback è uno specchio. Guardalo. Anche se a volte mostra che hai le sopracciglia arruffate e la cravatta storta. È così che si migliora.
I feedback mitologici (che hai sicuramente già incontrato)
Ci sono creature leggendarie nel mondo del feedback. Alcune sono buffe, altre pericolose, tutte riconoscibilissime:
🌀 Il feedback vaghissimo:
“Dovresti essere più strategico.”
Ah, certo. Tipo… a colazione? Con il caffè? Una mappa potrebbe aiutare.
🔁 Il feedback boomerang:
Lo dai con gentilezza e torna indietro con una risposta passivo-aggressiva.
“Ok, terrò conto… anche se penso che sia più un tuo problema.”
🥷 Il feedback ninja:
Arriva mascherato da battuta ma colpisce con precisione.
“Ahah sei sempre così caotico, tipo ieri quando hai dimenticato la call con il CEO, ahah!”
Questi feedback esistono. Meglio saperli riconoscere per disinnescarli con ironia… o con un piano d’azione concreto.
Un buon feedback è come un buon alleato per entrare nel Flow: calibrato, chiaro, costruttivo. Né troppo severo, né troppo piatto.
Quando il feedback è fatto bene, ci sentiamo sfidati al punto giusto, coinvolti, motivati. Quando è fatto male… il Flow evapora e arriva il Burnout, accompagnato da un’email con oggetto “URGENTE” alle 22:43.
METTITI ALL’OPERA
Obiettivo: riflettere su come reagisci al feedback e allenarti a darle un valore costruttivo.
🧠 1. Rispondi a queste 3 domande:
Cosa provo quando ricevo feedback? (es. frustrazione, curiosità, difesa)
Cosa mi aiuta a riceverlo meglio? (es. se è specifico, se arriva subito dopo l’evento)
Come posso dare feedback che aiuti davvero? (Pensa a come lo vorresti ricevere tu!)
✍️ 2. Feedback in una frase
Scrivi un feedback che daresti a te stesso/a su un comportamento recente che vuoi migliorare (es. come hai gestito una riunione o una comunicazione).
Usa una frase chiara e specifica.
Evita generalizzazioni e toni vaghi.
🏆 3. Prova subito!
Nei prossimi giorni, prova a dare un feedback genuino a una persona che conosci. Fai attenzione a come lo riceve e come ti senti a darlo.
In pochi minuti, puoi cominciare a costruire una pratica di feedback più consapevole! ✨
In un mondo ideale, il feedback sarebbe come il cioccolato fondente: intenso, benefico e, se ben dosato, pure piacevole.
Nel mondo reale somiglia di più allo sciroppo per la tosse: ti fa fare le smorfie, ma ti fa anche guarire.
Quindi: osate, ascoltate, parlate, respirate.
E ricordate: la vera leadership non è non sbagliare mai, ma saper sorridere quando qualcuno ti aiuta a vedere dove migliorare… anche se avresti preferito non saperlo.
Vuoi approfondire il tema della collaborazione e come potenziarla attraverso il Flow? Partecipa alle Pillole di Flow mercoledì 21 Maggio ore 18-19.
L’argomento è Quando il Team suona all’unisono: Flow e Collaborazione
Vuoi avere più informazioni? Chatta con Mr. Fligby il nostro Assistente Virtuale
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IL FLOW PER LA FELICITA' E IL SUCCESSO
LA LEADERSHIP NELLA VITA E NEL LAVORO.
IL LIBRO DI STEFANO SELVINI
“Si legge in un soffio: è un romanzo, ma è anche una guida assistita al lavoro per arrivare a padroneggiarlo.”
“Questo romanzo unisce la teoria alla pratica, invitandoci a rispondere a una questione di fondo: quando il lavoro vale la pena di essere vissuto?”
“Pagina dopo pagina familiarizzerete – passo al voi, avendole già lette in anteprima – con Marco Riva, il protagonista, rispecchiandovi nella sua costante ricerca di felicità. Perché tutti, nessuno escluso, cerchiamo la piena realizzazione.”
FILIPPO POLETTI – Top Voice Linkedin e influencer del benessere al lavoro
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ARTICOLI DEL BLOG

NOVITA’: MASTER IN HR LEARNING AND DEVELOPMENT
Nel nostro Trattato semiserio sull’apprendimento, avevamo lasciato un punto fermo: il cervello non ama le lezioni frontali.
Non perché sia pigro (anche se a volte lo sembra), ma perché è programmato per imparare facendo, sperimentando, emozionandosi.
La verità è che la nostra mente si annoia con le slide ma si accende con le sfide.
Non memorizza formule astratte, ma ricorda esperienze vissute.
E qui entra in gioco — letteralmente — la gamification: l’arte di usare meccaniche di gioco per attivare apprendimento, motivazione e coinvolgimento.

IMPARARE GIOCANDO: LA NUOVA FRONTIERA DELLA LEADERSHIP
Nel nostro Trattato semiserio sull’apprendimento, avevamo lasciato un punto fermo: il cervello non ama le lezioni frontali.
Non perché sia pigro (anche se a volte lo sembra), ma perché è programmato per imparare facendo, sperimentando, emozionandosi.
La verità è che la nostra mente si annoia con le slide ma si accende con le sfide.
Non memorizza formule astratte, ma ricorda esperienze vissute.
E qui entra in gioco — letteralmente — la gamification: l’arte di usare meccaniche di gioco per attivare apprendimento, motivazione e coinvolgimento.

TRATTATO SEMISERIO SULL’APPRENDIMENTO
C’è un momento in cui tutti ci sentiamo dei fuoriclasse del momento.
Succede a metà corso: annuiamo convinti, prendiamo appunti come se stessimo scrivendo il manifesto del nostro futuro da manager stellare e pensiamo:
“Ok, questa la provo SUBITO lunedì in ufficio.”
Poi arriva lunedì.
E… puff. Tutto svanisce.
Ci resta solo un vago ricordo di slide colorate e il dubbio: “Ma cosa avevo detto di così geniale?”
Benvenuti nel magico mondo dell’apprendimento… e della sua misteriosa evaporazione.Perché oggi non basta più resistere: serve saper trasformare l’imprevisto in opportunità.
Abbiamo parlato delle cinque capacità chiave che rendono antifragili: gestione del rischio, sperimentazione, consapevolezza di sé, apprendimento rapido e definizione delle priorità.
Ma la domanda è:
💭 Come si fa a capire quanto queste abilità siano davvero presenti nella nostra quotidianità professionale?
E soprattutto… si può farlo in modo coinvolgente e concreto?
Oggi entriamo nel vivo: perché è così importante allenare l’antifragilità per vivere — e non solo sopravvivere — nel mondo in cui ci troviamo immersi ogni giorno.
Quel mondo che tutti ormai chiamiamo VUCA, e che potremmo tranquillamente definire anche il regno dell’imprevisto:
Volatile, perché tutto cambia in un lampo.
Incerto, perché nessuno ha la sfera di cristallo.
Complesso, perché ogni scelta ne muove dieci altre.
Ambiguo, perché niente è mai solo bianco o nero.

ANTIFRAGILITÀ IN AZIONE: SCOPRI QUANTO SEI PRONTO PER IL MONDO VUCA
Nel precedente articolo abbiamo visto come il mondo VUCA – volatile, incerto, complesso e ambiguo – sia una vera palestra per l’antifragilità: non un nemico da combattere, ma un allenatore esigente che ci spinge a crescere.
Perché oggi non basta più resistere: serve saper trasformare l’imprevisto in opportunità.
Abbiamo parlato delle cinque capacità chiave che rendono antifragili: gestione del rischio, sperimentazione, consapevolezza di sé, apprendimento rapido e definizione delle priorità.
Ma la domanda è:
💭 Come si fa a capire quanto queste abilità siano davvero presenti nella nostra quotidianità professionale?
E soprattutto… si può farlo in modo coinvolgente e concreto?
Oggi entriamo nel vivo: perché è così importante allenare l’antifragilità per vivere — e non solo sopravvivere — nel mondo in cui ci troviamo immersi ogni giorno.
Quel mondo che tutti ormai chiamiamo VUCA, e che potremmo tranquillamente definire anche il regno dell’imprevisto:
Volatile, perché tutto cambia in un lampo.
Incerto, perché nessuno ha la sfera di cristallo.
Complesso, perché ogni scelta ne muove dieci altre.
Ambiguo, perché niente è mai solo bianco o nero.

ANTIFRAGILITA’: COME ALLENARLA PER CRESCERE NEL MONDO VUCA
Negli articoli delle scorse settimane abbiamo capito cos’è l’antifragilità, abbiamo visto le differenze con resilienza e fragilità, e disegnato l’identikit della persona antifragile: quella che non si limita a incassare i colpi, ma li usa per diventare più forte.
Oggi entriamo nel vivo: perché è così importante allenare l’antifragilità per vivere — e non solo sopravvivere — nel mondo in cui ci troviamo immersi ogni giorno.
Quel mondo che tutti ormai chiamiamo VUCA, e che potremmo tranquillamente definire anche il regno dell’imprevisto:
Volatile, perché tutto cambia in un lampo.
Incerto, perché nessuno ha la sfera di cristallo.
Complesso, perché ogni scelta ne muove dieci altre.
Ambiguo, perché niente è mai solo bianco o nero.

L’IDENTIKIT DELLA PERSONA ANTIFRAGILE
Ti è mai capitato di pensare: “Non ce la faccio più”?
E poi, dopo qualche giorno, accorgerti che proprio da quella situazione difficile hai tirato fuori una forza nuova?
Ecco, quella è una piccola forma di antifragilità in azione.
Non è solo resilienza. È qualcosa di più profondo: la capacità non solo di resistere agli urti, ma di crescere grazie a essi.
Nel primo articolo abbiamo visto la differenza tra fragile, resiliente e antifragile.
Oggi andiamo oltre: com’è fatta una persona antifragile?
Come pensa, come reagisce, e cosa fa di diverso dagli altri?
Spoiler: ha molto a che fare con il flow, quello stato di concentrazione fluida e naturale in cui tutto sembra scorrere al ritmo giusto.
Eppure, c’è un passo oltre. Un modo di stare nelle sfide che non si limita a resistere, ma che trasforma l’imprevisto in occasione di crescita. Questo livello ha un nome affascinante: antifragilità.
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