A fine agosto si è svolta la Flow Conference, un evento di due giorni in cui esperti, trainer, professori e atleti si sono riuniti per parlare di Flow e condividere conoscenze ed esperienze.
Noi di CapoLeader ovviamente non potevamo mancare e siamo rimasti molto entusiasti di queste due giornate di formazione.

È stato molto interessante vedere come il Flow possa essere declinato in più ambiti della nostra vita.
Infatti, durante le giornate si sono susseguite più di trenta presentazioni di scienziati e professionisti su argomenti diversi come neuroscienza, resilienza, gratitudine, motivazione, felicità, stress, ansia, prestazioni ottimali e molti altri!

Per esempio, Lorraine Huber, una sciatrice professionista e campionessa del mondo di freeride, nel suo speech ha raccontato come è riuscita a trasformare la situazione di stress pre-gara in un momento di sfida stimolante grazie al Flow. Per raggiungere alte prestazioni bisogna cambiare un po’alla volta la propria mentalità arrivando ad amare le sfide anziché temerle.

Zad Vecsey, fondatore e CEO di Aleas Simulation, ha parlato proprio di Fligby e dell’apprendimento esperienziale che lo caratterizza. Con il Flow si possono sviluppare 29 competenze di leadership utili per aiutare i lavoratori a raggiungere prestazioni qualitativamente e quantitativamente superiori alla media.

Corinna Peifer, professoressa di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni e responsabile del Work & Health Lab presso l’Università di Lubecca, ha parlato dei vantaggi di portare il Flow nel contesto lavorativo, soffermandosi sugli ostacoli e sulle nuove opportunità create dalla digitalizzazione e dall’introduzione di metodi di intelligenza artificiale.

Hazel Findlay, climber professionista ha parlato della sua relazione con la paura, in particolare ha spiegato i diversi tipi di paura che possono essere una barriera per il Flow e come interagiscono con i risultati delle prestazioni. Ha poi concluso con alcuni consigli pratici per poterla trasformare in qualcosa di utile e positivo.

Vedere così tante persone raccontare delle proprie esperienze con il Flow e dei grandi vantaggi che hanno avuto applicandolo nella loro realtà, ci ha fatto capire che stiamo andando nella direzione giusta. Il Flow può aiutare molte persone e noi siamo molto contenti di poter contribuire alla sua diffusione.

Il Flow Conference è stato per il Team di CapoLeader un momento formativo importante, ci ha permesso di ampliare ancora di più i nostri orizzonti e di confrontarci con grandi esperti di Flow a livello mondiale.

Ti piacerebbe poter partecipare ad una conferenza dedicata al Flow in Italia? Quali aspetti ti piacerebbe che venissero affrontati?
Scrivicelo nei commenti!

Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare di Patagonia per la decisione, da parte del suo fondatore Yvon Chouinard, di cedere la proprietà dell’azienda a due nuove entità Patagonia Purpose Trust e Holdfast Collective. Ogni dollaro non reinvestito nell’azienda sarà distribuito sotto forma di dividendi per proteggere il pianeta. Il nostro unico azionista è il pianeta, questo è lo slogan che caratterizza l’operazione e descrive la nuova mission di Patagonia. Qualcuno potrebbe anche pensare ad un’operazione pubblicitaria se non conoscesse la storia di un’azienda che ha rivoluzionato il mondo del business come siamo abituati a concepirlo.

Il prof. Csikszentmihaly, nel suo libro Buon Business cita spesso Patagonia e il suo fondatore Yvon Chouinard come esempi da seguire per la capacità di generare una mission significativa che generi pieno coinvolgimento e permetta alle persone coinvolte nel business di sperimentare lo stato di Flow sul posto di lavoro. Come sappiamo più è presente il Flow in azienda più le persone sono coinvolte, felici e produttive.

Ogni passaggio della sua storia ormai cinquantennale ha significato un ulteriore gradino percorso in termini di responsabilità sociale e ambientale creando un forte engagement e benessere nei dipendenti. Basta dare una scorsa alla filosofia che ha animato Patagonia fin dai suoi albori.

La storia di Patagonia

Innanzitutto, Yvon Chouinard parte dalla sua prima fortissima passione. Nel lontano 1953, a soli 14 anni, si innamora dell’arrampicata su roccia. La gioventù di Chouinard passa nello Yosemite park dove la sua combricola affronta sfide sempre più avvincenti nello scalare pareti. Nel 1957 inizia la sua avventura come uomo d’affari, acquista da un rigattiere una fucina a carbone usata, un’incudine, alcune pinze e martelli e impara da autodidatta il mestiere del fabbro. Tutto parte dalla difficoltà di reperire negli Stati Uniti i chiodi da arrampicata di produzione europea. La notizia si diffonde e presto i suoi amici vogliono assolutamente avere i chiodi in acciaio al cromo-molibdeno di Chouinard. Il passo successivo è aprire un piccolo negozio nel cortile dei suoi genitori a Burbank. La maggior parte dei suoi strumenti però è portatile, quindi può caricare la sua auto e viaggiare lungo la costa della California da Big Sur a San Diego, dando spazio alla sua seconda passione, il surf. Abbinare lavoro e divertimento è una caratteristica che porterà nella sua avventura imprenditoriale.

Nel 1965, Yvon si mette in società con Tom Frost, suo instancabile compagno di cordata, e insieme fondano la Chouinard Equipment. Durante i nove anni in cui Frost e Chouinard sono soci, riprogettano e migliorano quasi tutti gli attrezzi da arrampicata per renderli più forti, più leggeri, più semplici e più funzionali. Il loro principio progettuale guida deriva da Antoine de Saint Exupéry, celebre aviatore francese: “In qualsiasi cosa, la perfezione si raggiunge non quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non vi è più niente da togliere, quando un corpo è stato spogliato fino alla sua nudità“.

Nel 1970 Chouinard Equipment è il più grande fornitore di ferramenta per arrampicata e alpinismo negli Stati Uniti. Ma è anche un criminale ambientale perché i suoi attrezzi danneggiano la roccia. Le stesse fragili crepe sono costrette a subire ripetuti martellamenti dei chiodi durante il posizionamento e la rimozione, e la deturpazione è grave. Chouinard e Frost decidono di ridurre al minimo il business dei chiodi. Questo è il primo grande passo ambientale che intraprendono nel corso degli anni.

Fortunatamente esiste un’alternativa: dadi di alluminio che possono essere incuneati a mano anziché martellati dentro e fuori le crepe. Vengono introdotti nel primo catalogo della Chouinard Equipment nel 1972. Nel catalogo viene incluso un saggio di 14 pagine del climber della Sierra Doug Robinson su come usare i dadi, e ciò apre la strada a futuri saggi sull’ambiente nei cataloghi di Patagonia. Nel giro di pochi mesi dalla spedizione del catalogo, il business dei chiodi si atrofizza: i dadi vengono venduti più velocemente, ancora prima di essere realizzati. Yvon non vuole contribuire in alcun modo a deturpare e mettere a rischio le sue amate montagne.

Successivamente abbandonò completamente la linea delle attrezzature e iniziò a produrre indumenti per scalatori, ma indumenti talmente resistenti da soddisfare un fabbro. E’ lo stesso Chouinard a confermarlo: “Abbiamo cucito il primo paio di pantaloni corti con una macchina per il cuoio. Ho utilizzato una canapa molto pesante. La donna che li cucì li mise in piedi sul tavolo e i pantaloni rimasero dritti. E quello fu l’inizio dei nostri Standup Short (gli short che tanno in piedi da soli). Eravamo dei fabbri che facevano indumenti.”

Il passaggio dalle attrezzature all’abbigliamento non cambiò l’obiettivo dell’azienda. “Secondo la nostra concezione, ogni prodotto che facciamo dev’essere il migliore del mondo. Non uno dei migliori: il migliore. Qualsiasi cosa facciamo, che sia un paio di pantaloni o una camicia, dev’essere così.” Questo è il segreto perché Patagonia è stata capace di attrarre talenti eccezionali nella propria organizzazione. Se un’impresa non aspira a essere la migliore della sua specie, attrarrà dipendenti poco abili e sarà presto dimenticata.

Come ogni imprenditore sa, esistono momenti molto difficili e si devono fronteggiare situazioni complicate per garantire la sopravvivenza a lungo termine dell’azienda. Questo è ancora più difficile se si vuole perseverare secondo valori etici elevati e ci si vuole prendere cura dell’ambiente. Chouinard si trova ad affrontare uno di questi momenti quando capisce che il cotone, per tutti un materiale naturale ed ecologico rappresenta in realtà una forte minaccia per l’ambiente (i risultati di un’analisi dicono che ci vogliono circa 9 litri di petrolio – la base per i pesticidi- per produrre una camicia di cotone).

 

Mentre attraversavo la Central Valley ho visto queste grandi pozzanghere dove scolava l’acqua dai campi di cotone. C’erano delle guardie armate di fucili per spaventare e tenere lontani gli uccelli da questo liquame. Vedi tutto questo, parli con gli agricoltori e vieni a sapere che il tasso di incidenza del cancro è dieci volte maggiore della media. Ho detto: Ah, è così! Non userò mai più cotone prodotto industrialmente. E’ come produrre mine anti uomo e un giorno svegliarsi e andare a vedere che cosa fanno. A questo punto puoi scegliere: andare avanti o fermarti. E io mi sono detto: Va bene smettiamo. Preferisco chiudere che continuare così.

Patagonia per inciso non chiuse, ma fece partire una campagna di rilancio del cotone prodotto biologicamente alla quale col tempo aderirono anche Nike Levi Strauss e altri colossi dell’abbigliamento.

I valori e l’integrità di Patagonia rendono i propri dipendenti orgogliosi e felici e fanno percepire un forte senso di scopo nella propria attività. L’ambiente lavorativo è costruito proprio alternando responsabilità verso l’ambiente e miglioramento della qualità dell’esperienza lavorativa.

 

il flow a lavoro

 

La cultura aziendale è viva e si esprime in diversi modi: “Sul lavoro siamo circondati da amici che possono vestirsi come vogliono, possono venire in ufficio anche a piedi nudi. La gente corre a fare surf quando c’è l’onda giusta, gioca a pallavolo sul campo di sabbia alle spalle del nostro stabilimento. L’azienda sponsorizza viaggi per sciare o per arrampicate e alpinismo. Dal 1984 non abbiamo più uffici privati, lavoriamo in un grande open-space per aiutarci nella comunicazione. Abbiamo una caffetteria che serve cibi sani, principalmente biologici. L’unica cosa che non cambia qui sono i fagioli e il riso, serviti ogni lunedì. Abbiamo anche aperto, su insistenza di Malinda Chouinard, un asilo nido aziendale – all’epoca uno dei soli 150 nel Paese (oggi ce ne sono migliaia, anche se non sono ancora sufficienti). La presenza di bambini che giocano nel cortile o che pranzano con i genitori nella caffetteria aiuta a mantenere l’atmosfera aziendale più familiare che aziendale. Nel 2015 siamo stati premiati dal Presidente Obama per il nostro impegno nei confronti delle famiglie dei nostri dipendenti.

Perchè Patagonia è diversa

L’ulteriore storia della cura verso l’impatto ambientale è testimoniata da diverse iniziative:

  • La prima, negli anni ‘70 per salvare l’habitat della trota iridea diventa uno spartiacque. Una delegazione di dipendenti di Patagonia blocca il piano di sviluppo del territorio per la costruzione e la cementificazione del letto del fiume Ventura che costeggiava lo stabilimento. Allo stesso tempo viene finanziato un piano per il recupero del fiume e della fauna.
  • Dal 1986 Vengono previste donazioni regolari per iniziative di recupero ambientale.
  • Nel 2002 nasce la campagna 1% for the planet. L’uno per cento del fatturato viene destinato a scopi ambientalistici.
  • Dal 1980 Patagonia fa uso di carta riciclata per i propri cataloghi
  • Nel 2007 viene prodotto il pile Synchilla® ottenuto attraverso il riciclo di bottiglie d’acqua di plastica.
  • Nel 1996 lo stabilimento a Reno viene progettato per consumare il 60% di energia in meno attraverso lucernari a tracciamento solare e sistemi di riscaldamento radiante.
  • Nel gennaio del 2012, Patagonia è la prima azienda californiana a diventare una società di beneficenza (B-Corp)
  • Il libro Let my people go surfing scritto da Yvon che racconta il suo approccio imprenditoriale diventa un bestseller.
  • Il programma Worn Wear lancia la prima iniziativa di riaparazione dell’abbigliamento usato attraverso l’utilizzo di materiali di recupero.
  • Il simbolo di cucitura Fair Trade Certified™ garantisce che parte dei soldi spesi per un prodotto vengono destinati direttamente ai produttori, restando quindi nella loro comunità. Fair Trade è il primo passo per pagare salari dignitosi a tutti coloro che fanno parte della rete di approvvigionamento.
  • Patagonia Action Works si occupa di connettere i clienti con le organizzazioni ambientale supportate.
  • Patagonia Provisions – l’azienda alimentare alle prime armi – ha fatto il primo passo verso la riduzione dell’impatto della CO2 quando ha lanciato la Long Root Ale, una birra prodotta con grano Kernza® che vanta un enorme potenziale per il sequestro del carbonio.
  • Alla fine del 2018 Yvon Chouinard e il CEO Rose Marcario hanno cambiato la dichiarazione della missione dell’azienda per riflettere questo cambiamento:

“Patagonia è in business per salvare il nostro pianeta“.

Chouinard

Lo stesso Yvon Chouinard spiega l’essenza del suo approccio: “Nessuno costruisce qualcosa del genere se ha intenzione di quotarsi in Borsa entro 3 anni, incassare e sparire. Perciò cerchiamo di agire come se questa impresa dovesse stare qui altri cento anni!”

 

Abbiamo molto da imparare da un approccio di questo tipo e anche noi nel nostro piccolo possiamo ambire a contribuire a qualcosa di più grande. Il Prof. Csikszentmihalyi, grande amico di Chouinard, definisce questo nostro importantissimo bisogno:

 

“Noi tutti abbiamo bisogno di sapere che le nostre vite non sono sprecate e che lasceremo qualche orma nella sabbia del tempo. Dobbiamo essere convinti che la nostra esistenza serve a uno scopo utile e che ha valore.” (Csikszentmihalyi, Buon Business)

È davvero una bella notizia, una notizia che farà felici gli appassionati di leadership e chiunque voglia intraprendere un business etico e sostenibile. La versione in italiano del libro Buon Business del prof. Csikszentmihalyi è nelle librerie dal 27 Luglio scorso.

Per il sottoscritto e per il team di CapoLeader è il coronamento di un progetto che ci ha impegnati a fondo, che ci darà la possibilità di diffondere la filosofia nella quale crediamo ad una platea molto più importante. Con questo articolo vorrei condividere con te la storia di come Buon Business sia diventato realtà. Prima di farlo però ti voglio spiegare perché, per me e per gli altri membri di CapoLeader, il libro sia così importante.

Il titolo completo del libro è “Buon Business – La leadership, il Flow e la creazione del significato” e l’unione di questi 3 elementi è la chiave per dare la possibilità al mondo aziendale di contribuire al miglioramento della società attraverso il raggiungimento della felicità personale. Comprendere il concetto di Flow ci permette di raggiungere la piena realizzazione del nostro potenziale e di dare significato alla nostra vita.

La scoperta del Flow

Personalmente ho scoperto e formalizzato il concetto di Flow all’interno del mio percorso di formazione nel coaching, anche se dal lato pratico la mia vita ne era già molto ricca. Sport, hobby e gioco mi avevano esercitato a sperimentarlo. Era però una conoscenza non consapevole, sapevo viverlo e raggiungerlo, ma mai mi ero fermato a formalizzarlo a livello teorico/scientifico. Per approfondire mi sono soffermato sulla lettura di “Flow. Psicologia dell’esperienza ottimale” e ho colto qualcosa di geniale e arricchente, ma che ancora non sapevo declinare in ambito Business. In questo mi ha aiutato il secondo contatto con il Flow qualche anno più tardi. Nel corso della mia certificazione in qualità di Facilitatore Lego Serious Play mi è stato presentato come teoria scientifica alla base del metodo. “Quando le persone costruiscono con i mattoncini, entrano facilmente nello stato di Flow e questo le porta ad essere più coinvolte, presenti, creative e produttive”. In questa spiegazione avevo catturato il collegamento tra Flow e Business. Vuoi liberare il potenziale di un gruppo di lavoro? Metti le persone in Flow e lasciale agire. Il terzo e definitivo contatto, quello che ha completato la mia visione è avvenuto proprio leggendo Buon Business. Era appena iniziata l’emergenza sanitaria e tutti i miei progetti in presenza erano stati bloccati o posticipati, ero alla ricerca di uno strumento da poter utilizzare durante la pandemia e ho preso contatti con Zad Vecsey uno dei fondatori di Aleas Simulation per valutare Fligby. Zad mi ha suggerito di leggere Buon Business per comprendere la filosofia che stava alla base del gioco. Ovviamente ho provveduto con la versione in inglese e sono rimasto completamente sedotto dalla potenza del contenuto del libro. Si univano i puntini: leadership, flow e creazione del significato; si delineava un modello di leadership completamente innovativo basato su pieno coinvolgimento, sviluppo del potenziale umano, etica e sostenibilità aziendale. La leadership che promuove il Flow è un modello che fornisce un’alternativa al modo tradizionale di gestire gli affari e sposta il focus sulla qualità dell’esperienza lavorativa. Un buon leader deve principalmente preoccuparsi di rimuovere gli ostacoli al Flow e permettere alle proprie persone di esprimersi al meglio e trovare godimento interiore in quello che fanno.

La storia di Buon Business

Quando ci si innamora di un approccio filosofico e lo si trova vincente si vorrebbe urlarlo al mondo intero per permettere a chiunque abbia l’ambizione di essere leader di poterne trarre giovamento. Immediatamente ho deciso di cercare di mettere a disposizione dei miei clienti una versione in italiano. La cosa, tra l’altro, era possibile già nel 2008 quando il Sole 24 Ore aveva pubblicato la traduzione italiana. Mi sono messo in moto per recuperare quante più copie possibili da condividere con gli altri futuri membri di CapoLeader e con i clienti che apprezzavano l’approccio di Fligby. Le mie speranze sono state gelate velocemente, ho reperito 3 sole copie del formato cartaceo (non era prevista una copia formato Kindle). Ho preso il telefono in mano e ho cercato di sollecitare l’editore a fare qualcosa, ma tutto fu vano, “il libro non risulta di interesse per il pubblico italiano, non prevediamo di fare ristampe….”

Le mie speranze di condividere la leadership che promuove il Flow attraverso il libro sono state facilmente infrante. Dovevo trovare il modo per poterlo ripubblicare. Circa un anno fa è arrivata l’opportunità che stavo cercando. Insieme a Marco Diodato, un altro fervente entusiasta del Flow nel team di CapoLeader, abbiamo organizzato un evento sul Flow e, fornendo la bibliografia ai partecipanti, abbiamo citato Buon Business preavvisandoli che fosse disponibile solo in inglese. È stato così che Teresa Tardia, una coach che partecipava all’evento mi ha preannunciato: “Conosco la persona che fa al caso vostro…. so chi può far uscire il libro nella versione italiana è Michele Riva! Ti do il suo numero vedrai che è interessato”. Ecco ora posso dire; Grazie Teresa!

Michele Riva è il CEO di ROI Edizioni, e allora aveva da qualche mese pubblicato la versione italiana di “Flow psicologia della prestazione ottimale”, il libro che ha portato il Flow alla conoscenza delle masse. Ci ho messo veramente poco ad alzare il telefono e chiamarlo, con la chiara sensazione che ero vicino al tanto ambito risultato. Michele è stato veramente gentilissimo e ha dovuto contenere il mio entusiasmo, “sai Stefano, io nel 2008 lavoravo per il precedente editore e ho curato la precedente edizione, però devo verificare lo stato dei diritti del libro, non so se qualcuno detiene ancora l’esclusiva per l’Italia. Ti faccio sapere.”

Sono rimasto in sospeso una settimana prima di sentirmi dire “ok Stefano, possiamo pubblicarlo! Visto che ci tieni così tanto e che sei così coinvolto con il contenuto del libro potrebbe anche valer la pena che ne scrivessi la prefazione,,,, che ne dici?” Ero completamente in estasi, non stavo nella pelle per l’entusiasmo, non solo ero riuscito a riportarlo in Italia, ma ne avrei scritto la prefazione…. WOW! Ora posso dire grazie Michele! Quando ho comunicato la notizia agli altri membri di CapoLeader il mio entusiasmo è stato veramente contagioso e il morale è andato alle stelle.

Mi sono preso un mese per scrivere la prefazione, in attesa della conferma ufficiale dell’acquisto dei diritti da parte di Roi Edizioni. Questa effettivamente tardava ad arrivare, ma si trattava solo di una formalità, perché avrebbero dovuto rifiutare?  È stato così che, dopo aver ricevuto l’ok da numerosi amici al quale avevo chiesto una mano per scriverla, ho inviato a Michele la prefazione in attesa di conferma. Era il 18 di ottobre, esattamente tre giorni prima che il Prof. Csikszentmihalyi mancasse. La notizia mi ha colpito profondamente. Ora era ancora più importante diffondere in Italia il suo approccio e dare rilevanza al suo ultimo libro, il suo testamento: definire come il mondo degli affari possa contribuire al miglioramento del genere umano e alla felicità individuale.

Ci siamo confrontati subito con Michele ed abbiamo capito perché la conferma alla vendita dei diritti tardava ad arrivare. Ora dovrà darci l’ok uno degli eredi, i tempi potrebbero dilatare. Ed in effetti c’è stato silenzio per diversi mesi….

Mi ero quasi rassegnato a dover aspettare a lungo ed invece nei primi giorni di giugno è arrivata la chiamata di Michele, “ci hanno dato i diritti! Noi ci siamo anche portati avanti, partiamo con la stampa a brevissimo, saremo nelle librerie a Luglio”

Il 27 luglio è uscito in Italia Buon Business e credo che il professore da lassù sia orgoglioso di noi!

Se ti è piaciuta la storia di come siamo riusciti a far uscire Buon Business? ora non ti resta che leggerlo!

La filosofia della Pura Vida e il Flow sono poi così tanto diversi? In questo articolo andremo ad approfondire cos’hanno in comune questi due approcci alla vita.

Ho da poco finito di leggere Pura Vida, un libro molto interessante di Gianluca Gotto, in cui viene presentata in modo semplice e chiara la filosofia di vita degli abitanti della Costa Rica.
L’espressione “Pura Vida” non viene solo usata come augurio, ringraziamento o saluto, rappresenta un vero e proprio stile di vita che può essere riassunta in sei pilastri.

I sei pilastri della Pura Vida

  • Primo Pilastro: Fiducia: verso se stessi e verso gli altri. Fiducia non vuol dire credere che tutto andrà sempre bene, ma non partire dal presupposto che tutto andrà male. Il modo migliore per raggiungere questa consapevolezza è non isolarsi. Appartenere ad una comunità ci permette di ricevere un supporto e un aiuto nei momenti di bisogno, ci aiuta ad abbassare le nostre difese ed aprirci agli altri. Noi possiamo contare sugli altri membri della comunità, ma allo stesso modo gli altri conteranno su di noi. Questo ci farà sentire sempre utili e importanti.
  • Secondo Pilastro: Passione: vuol dire vivere la vita con il cuore, godersi ogni istante, essere pienamente presente in quello che si fa. Bisogna godersi il processo senza aver paura dell’obiettivo finale. Per raggiungere questo stato è necessario pensare meno e vivere di più, abbandonando ansia, fretta e superficialità.
  • Terzo Pilastro: Lentezza: bisogna imparare a rallentare nella vita. La vita vissuta lentamente permette di godersi ogni sfumatura di colore. Vivere sempre di corsa ci proietta nel futuro, invece noi dobbiamo imparare a rimanere nel presente. La Pura Vida insegna a godersi il viaggio senza essere ossessionati dall’arrivare a destinazione.
  • Quarto Pilastro: Natura: coltivare un rapporto profondo con la natura ci aiuta a superare il senso di solitudine e paura che a volte proviamo. Riconnetterci con la Pachamama, ovvero la Madre Terra, con una passeggiata in un bosco, osservando il cielo stellato o fermandoci ad assaporare la sensazione del sole sulla nostra pelle, ci permette di sentirci tutti parte di qualcosa di più grande. Noi siamo parte del tutto, non siamo soli.
  • Quinto Pilastro: Semplicità: quando abbiamo dei problemi tendenzialmente iniziamo a pensare troppo, ci facciamo sopraffare dalle paranoie, dai rancori e dall’orgoglio dimenticandoci che spesso la soluzione si trova nella semplicità. Analizzando i nostri problemi ci renderemmo conto che la soluzione più semplice spesso è quella giusta. Inoltre, la Pura Vida ci insegna che ciò che ci rende più felice non è la ricchezza o gli oggetti materiali, ma la compagnia delle persone care e fare ciò che ci fa stare bene.
  • Sesto Pilastro: Spontaneità: così come la vegetazione continua a crescere ed espandersi ininterrottamente seguendo il flusso della vita, anche noi dovremmo imparare a seguire il moto della spontaneità e continuare a crescere. Per farlo dobbiamo superare le nostre resistenze al cambiamento che tendono a farci rimanere nella nostra comfort zone. Vivere con spontaneità vuol dire seguire il nostro cuore, fare quel viaggio che abbiamo sempre voluto fare e realizzare il nostro sogno nel cassetto. Potrà capitare di andare incontro a qualche fallimento e delusione, ma almeno il nostro cuore sarà libero dai rimpianti.

La semplicità, la spensieratezza e la passione che caratterizza i ticos, ovvero gli abitanti della Costa Rica, mi ha molto incuriosito. Ho scoperto che sono tra i popoli più felici al mondo, allora mi sono chiesta: è possibile vivere la Pura Vida anche qui da noi?

Lo stato di Flow

Secondo me è possibile vivere in modo felice seguendo i pilastri della Pura Vida anche senza mare caraibico, foreste tropicali e animali di ogni tipo (ovviamente questi aspetti aiutano molto!). Come?

Vivendo il più possibile nello stato di Flow.

Il Flow è uno stato mentale, ideato dal Prof. Csíkszentmihályi, in cui una persona si trova completamente immersa, concentrata e coinvolta in un’attività. Le sensazioni tipiche di questo stato sono piena felicità, benessere e godimento. Vediamo come possiamo associare alcuni degli elementi del Flow ai pilastri della Pura Vida:

  • Primo pilastro (Fiducia) – Bilanciamento sfide-abilità: se le difficoltà del compito che stiamo svolgendo sono in equilibrio con le nostre capacità, riusciremo ad entrare in Flow. Il Flow permette di migliorare le nostre performance in maniera significativa, raggiungendo delle prestazioni ottimali e donandoci un senso di appagamento e di fiducia in noi stessi. Se le sfide sono troppo elevate proveremo un senso di ansia e la fiducia nelle mie capacità sarà inferiore. Per tornare in equilibrio basterà abbassare il livello di sfida o aumentare le mie capacità.
  • Secondo pilastro (Passione) – Motivazione intrinseca: l’attività che svolgiamo è autotelica, cioè mi piace farla a prescindere delle ricompense che ne otterrò. Quando svolgiamo un compito con passione riusciamo ad apprezzarne ogni momento. Ciò che ci fa stare bene è svolgere l’attività stessa e non il suo completamento o il raggiungimento dell’obiettivo. Apprezziamo di più il viaggio rispetto ad arrivare a destinazione.
  • Terzo pilastro (Lentezza) – Distorsione del tempo: siamo abituati a riempire il nostro tempo di attività spesso inutili o poco soddisfacenti, controlliamo costantemente l’ora e programmiamo tutto nei minimi dettagli. Se non abbiamo niente da fare spesso accendiamo la televisione e trascorriamo il nostro tempo passivamente. Quando invece facciamo qualcosa in cui mettiamo la nostra attenzione e le nostre energie, proviamo un senso di felicità. Quello che proviamo in quel momento ci assorbe così tanto da non accorgerci del tempo che passa, non abbiamo bisogno di guardare continuamente l’orologio perché siamo in perfetta armonia, abbiamo trovato il nostro ritmo interiore. Questo ci consente di goderci ogni istante vivendo nel qui e ora.
  • Quarto pilastro (Natura) – Perdita della coscienza del sé: quando siamo in Flow abbassiamo tutte le protezioni che solitamente servono a proteggerci dal giudizio e dai pensieri degli altri nei nostri confronti. Ciò che è importante è la connessione profonda con ciò che stiamo facendo e ciò che ci circonda. Raggiungendo questo stato ci sentiamo parte del tutto, siamo in profonda armonia con noi stessi e con l’ambiente che ci circonda.
  • Quinto Pilastro (Semplicità) – Unione tra azione e pensiero/Attenzione focalizzata: quando siamo in Flow la nostra mente e il nostro corpo sono in perfetta armonia, ciò che con la mente immagino di fare, riesco a metterlo in pratica con il corpo. Questo è possibile mantenendo una piena concentrazione sull’azione che stiamo svolgendo. Quando si raggiunge questo stato tutto sembra semplice, i pensieri che ci distraggono spariscono ed esiste solo quello che stiamo facendo.
  • Sesto Pilastro (Spontaneità) – Senso di controllo: riusciamo ad avere il pieno controllo delle nostre azioni, sappiamo esattamente quello che serve fare e le nostre azioni fluiranno spontaneamente, passo dopo passo. Se non abbiamo la piena libertà di agire secondo la nostra volontà perché siamo controllati in modo rigido, difficilmente riusciremo ad entrare in Flow.

Come abbiamo visto ci sono molti aspetti in comune tra la filosofia della Pura Vida e il Flow. La chiave per raggiungere la felicità sembra essere quella di fare ciò che amiamo, mantenendo la nostra presenza nel qui ed ora e svolgendo con passione e in modo semplice un compito alla volta, e ricordandoci che la vita va presa con leggerezza. Vivere queste sensazioni anche sul luogo di lavoro è possibile ed è ciò che permette alle aziende di avere alti risultati e allo stesso tempo le proprie persone soddisfatte e felici.

Ridere, giocare, divertirsi sono gli ingredienti essenziali per raggiungere la felicità nella nostra vita privata e lavorativa.

 

Pura Vida a tutti!

 

Sara Cascio

Come ogni anno arriva quel momento di fine luglio in cui con la testa si è proiettati verso le vacanze, ma è necessario ancora far fronte alle ultime incombenze lavorative, alle chiusure, alle ultime riunioni in cui tutti sono agitati e ansiosi di riuscire a terminare in tempo i loro compiti. Questo periodo stressante e caotico porta le persone a perdere le ultime energie ritrovandosi spesso ad avere “le batterie quasi al minimo”. In questo articolo vedremo come ricaricare le batterie con il Flow.

ricaricare batterie con flow

Come possiamo ricaricare le nostre batterie?

Un modo per recuperare energia e sentirci felici e appagati arriva dal Prof. Mihaly Csikszentmihalyi, ovvero la Teoria del Flow.

Quando siamo in Flow riusciamo ad ottenere uno stato di completo benessere mentale raggiungendo una sensazione di concentrazione energica, pieno coinvolgimento e godimento.
Quindi, il modo migliore per ricaricare le nostre batterie durante le vacanze è quello di trovare delle attività che ci consentano di raggiungere questo stato mentale, vediamo come:

  • Obiettivi chiari:  bisogna innanzitutto trovare qualche cosa da fare, scegliendo l’attività più adatta per noi, come visitare qualche posto, fare una partita a racchettoni o leggere un buon libro.
  • Bilanciamento sfide e abilità: dobbiamo scegliere un’attività che non ci faccia annoiare, ma allo stesso tempo che non sia troppo difficile per noi. Bisogna trovare il giusto livello di sfida. Per esempio se decidiamo di fare una partita a tennis, assicuriamoci che il nostro avversario non sia Djokovic!
  • Feedback non ambiguo: è importante tenere sotto controllo tutti i segnali in modo da capire se stiamo continuando nella direzione desiderata.
  • Attenzione focalizzata: dedichiamo tutta la nostra attenzione all’attività che abbiamo scelto, lasciamo da parte il cellulare e cerchiamo di vivere nel momento presente. Occupiamoci di un’attività alla volta.
  • Unione tra azione e consapevolezza: la mia mente e il mio corpo dovranno essere in perfetta armonia. Nel momento in cui penso di fare una cosa, il mio corpo la metterà in pratica.
  • Senso di controllo: cerchiamo di svolgere un’attività in cui ci sentiamo padroni delle nostre azioni, qualcosa che ci dia la libertà di poter scegliere come agire.
  • Perdita della coscienza del sé: sentiamoci liberi di agire. Quando siamo in flow, tutte le protezioni che ergiamo per proteggere il nostro ego crollano. Se abbiamo voglia di fare un castello di sabbia in spiaggia, lo faremo senza pensare a cosa potrebbero pensare di noi, divertiamoci!
  • Distorsione del tempo: se troviamo l’attività giusta il tempo passerà in fretta e noi ci renderemo conto di non aver guardato neanche una volta l’orologio.
  • Motivazione intrinseca: scegliamo un’attività autotelica, ovvero che ci faccia stare bene durante tutto il tempo in cui la svolgiamo. Innamoriamoci del processo, non solo del risultato. Se la nostra attività è fare una camminata in montagna, godiamoci la salita, ogni sensazione positiva che proviamo, concentriamoci sulle piccole cose che vediamo, come i fiori, le farfalle, il ruscello che scorre lungo il sentiero, solo così potremmo poi goderci la vista dalla cima.

Siamo ossessionati dal dover ricaricare il nostro cellulare appena vediamo che la batteria è bassa, senza pensare che anche noi, come persone, consumiamo la nostra energia e abbiamo, quindi, bisogno di ricaricarci. Spesso tendiamo a sottovalutare questo bisogno, fino ad arrivare al limite. Avere una carica completa di energia ci permette di vivere meglio e di essere più efficaci in quello che facciamo. La qualità delle nostre azioni sarà elevata e noi potremmo goderci ogni momento e ogni sensazione positiva. Ricaricare le batterie con il flow è un modo per riprendersi dallo stress quotidiano, mantenendo la mente attiva.

Vi auguriamo, in queste vacanze, di poter trovare delle attività stimolanti che vi facciano entrare in flow e che vi ricarichino completamente!

Il team di CapoLeader