Pubblicati da Giuseppe Montanari

Esternare le proprie emozioni

ARTICOLO DEL BLOG:

ESTERNARE

LE PROPRIE EMOZIONI

Questa settimana ci concentriamo sull’importanza di esternare le proprie emozioni dopo un evento negativo e su come questo possa migliorare il nostro benessere generale, sia nella vita personale che professionale.

Eccoci ad un nuovo appuntamento con “La Palestra del Flow“, la nostra rubrica settimanale dedicata a rendere concreti i concetti legati all’essere nello stato di Flow. L’obiettivo è allenarci insieme per imparare a raggiungere il flow nella nostra vita quotidiana, trovando equilibrio e benessere. Questa settimana ci concentriamo sull’importanza di esternare le proprie emozioni dopo un evento negativo e su come questo possa migliorare il nostro benessere generale, sia nella vita personale che professionale.

Tutti noi, prima o poi, ci troviamo ad affrontare momenti difficili nella vita. Che si tratti della perdita di una persona cara, di un fallimento lavorativo o di una delusione amorosa, è normale provare emozioni negative. Spesso, però, tendiamo a trattenere queste emozioni, a nasconderle e a far finta che vada tutto bene, soprattutto in ambito lavorativo. Ma, reprimere ciò che proviamo può fare più male che bene. Esternare le proprie emozioni, invece, può portare molti benefici e aiutare a superare meglio le difficoltà, sia nella vita personale che professionale.

Imparare a gestire e esternare le nostre emozioni in modo efficace è un passo fondamentale per entrare nello stato di flow poichè ci permetterà di affrontare le sfide con una maggiore serenità e forza interiore.

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esternare emozioni

IL RICHIO DI REPRIMERE LE EMOZIONI

Trattenere le emozioni non significa eliminarle. Quando non esprimiamo quello che sentiamo, le emozioni tendono a rimanere dentro di noi, accumulandosi e diventando sempre più forti. Questo può portare a vari problemi, come stress cronico, ansia, depressione, difficoltà a dormire e perfino problemi fisici come mal di testa, pressione alta e disturbi allo stomaco. Inoltre, reprimere le emozioni può causare improvvisi scoppi di rabbia o pianto, difficili da controllare, creando tensioni anche in ambito lavorativo.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE ESTERNARE LE EMOZIONI

  1. 1. Riconoscere e Accettare: parlare delle nostre emozioni ci aiuta a riconoscerle e ad accettarle. Accettare che stiamo provando dolore, rabbia o tristezza è il primo passo per poterle affrontare.
    2. Ridurre lo Stress: esprimere ciò che proviamo può ridurre lo stress accumulato. Parlare con un amico, un familiare, un collega di fiducia o un terapeuta può dare un grande sollievo.
    3. Elaborare e Risolvere: condividere i nostri sentimenti ci permette di elaborare l’evento negativo e di trovare soluzioni o nuovi punti di vista. Questo ci aiuta a capire meglio noi stessi e le nostre reazioni.
    4. Ricevere Supporto: esternare le emozioni ci dà la possibilità di ricevere supporto dagli altri. Avere qualcuno che ci ascolta e ci sostiene è fondamentale nei momenti difficili.
    5. Migliorare le Relazioni: essere aperti riguardo ai nostri sentimenti può migliorare la comunicazione e rafforzare le relazioni con gli altri. La sincerità crea fiducia e comprensione reciproca.
    6. Produttività e Ambiente di Lavoro: in un contesto lavorativo, esternare le emozioni in modo appropriato può migliorare la produttività e contribuire a creare un ambiente di lavoro più sereno e collaborativo. I colleghi che comunicano apertamente sono più propensi a risolvere i conflitti e a lavorare meglio insieme.

    Quando reprimiamo le nostre emozioni, spesso non ci rendiamo conto che dietro di esse si nasconde un bisogno non soddisfatto. Prendere del tempo per riflettere su questo aspetto può aiutarci a capire meglio noi stessi e le nostre reazioni. Per esempio, se proviamo rabbia dopo un conflitto con un collega, potrebbe essere che il nostro bisogno di riconoscimento non sia stato soddisfatto. Analizzare questi bisogni nascosti ci permette di affrontarli direttamente. Invece di lasciare che le emozioni represse influenzino negativamente la nostra vita e il nostro lavoro, possiamo cercare di soddisfare questi bisogni in modi costruttivi.

COME ESTERNARE LE EMOZIONI

Esternare le emozioni non significa sfogarsi in modo incontrollato. Ci sono molti modi sani e costruttivi per farlo. Ecco alcune idee:
• Scrivere un diario: mettere per iscritto i nostri pensieri e sentimenti può aiutare a riflettere e a liberarci dal peso emotivo.
• Attività creative: dipingere, disegnare, suonare uno strumento o qualsiasi altra forma di espressione artistica può essere un buon modo per canalizzare le emozioni.
• Fare esercizio fisico: l’attività fisica riduce lo stress e può aiutarci a sfogare la tensione emotiva.
 Rivolgersi a un professionista: parlare con un terapeuta può offrire uno spazio sicuro per esplorare e capire meglio le nostre emozioni.
• Comunicazione sul lavoro: stabilire momenti di confronto con i colleghi o con il proprio supervisore può essere utile per affrontare le tensioni e migliorare la collaborazione.

Esternare le proprie emozioni dopo un evento negativo è un gesto di cura verso noi stessi. Non si tratta di essere deboli, ma di riconoscere il nostro valore e prenderci il tempo necessario per guarire. Le emozioni fanno parte di noi e dare loro spazio e voce può portare a una vita più equilibrata e soddisfacente, migliorando anche il nostro rendimento e le relazioni sul lavoro. Invece di nascondere il dolore, affrontiamolo con coraggio e trasparenza, permettendo a noi stessi di crescere e trovare nuova forza nelle avversità.

Vediamo un esempio reale

Immaginiamo che Luca abbia avuto un forte litigio con un collega durante una riunione. Entrambi hanno punti di vista diversi su un progetto importante e la discussione è degenerata, lasciando Luca arrabbiato e frustrato. Invece di affrontare subito le sue emozioni, Luca decide di reprimerle, continuando a lavorare come se nulla fosse accaduto. Nei giorni successivi, però, Luca nota che la sua produttività è diminuita e che il suo rapporto con il collega è diventato teso e freddo.

Ora, consideriamo un approccio diverso. Dopo la riunione, Luca decide di prendersi del tempo per riflettere su quanto accaduto. Prima di tutto, Luca si concede una pausa per fare una passeggiata e calmarsi. Poi, al ritorno in ufficio, prende un momento per scrivere un’email al suo collega, chiedendo scusa per il tono usato e proponendo un incontro per chiarire le cose.

Durante questo tempo di riflessione, Luca realizza che dietro la sua rabbia si nascondeva un bisogno non soddisfatto di rispetto e riconoscimento per il suo lavoro. Riflettere su questo aspetto gli permette di comprendere meglio le sue emozioni e di affrontare la situazione in modo più costruttivo. Durante l’incontro con il collega, Luca esprime apertamente non solo le sue emozioni, ma anche i suoi bisogni, spiegando come si è sentito durante la discussione e ascoltando attentamente il punto di vista del collega. Insieme, trovano un terreno comune e stabiliscono una strategia per lavorare meglio insieme. Questo confronto sincero permette a entrambi di liberarsi del risentimento e di ripristinare un rapporto di collaborazione e rispetto reciproco.

METTITI ALL’OPERA: ESTERNA LE TUE EMOZIONI

Per questa settimana, vi proponiamo un esercizio concreto per allenarvi a esternare le emozioni e raggiungere un migliore equilibrio emotivo. Questo esercizio vi aiuterà a riconoscere e esprimere le vostre emozioni in modo costruttivo, favorendo il benessere personale e professionale.

Istruzioni:

  1. Trova un Momento di Calma: Scegli un momento della giornata in cui puoi stare da solo in un luogo tranquillo, senza distrazioni.
  2. Scrivi nel Diario:
    • Riflessione Quotidiana: Ogni sera, prima di andare a dormire, prenditi 15-30 minuti per riflettere sulla tua giornata. Scrivi nel diario tutte le emozioni che hai provato durante il giorno. Non limitarti solo agli eventi negativi, ma annota anche quelli positivi.
    • Descrizione delle Emozioni: Descrivi in dettaglio ogni emozione che hai provato. Cerca di essere il più specifico possibile. Ad esempio, invece di scrivere “ero arrabbiato”, prova a descrivere cosa ha scatenato quella rabbia e come ti sei sentito fisicamente ed emotivamente.
    • Identificazione dei Bisogni: Dopo aver descritto le emozioni, rifletti sui bisogni non soddisfatti che potrebbero esserci dietro. Ad esempio, se hai provato rabbia durante una riunione, potrebbe essere che il tuo bisogno di essere ascoltato e rispettato non sia stato soddisfatto. Scrivi questi bisogni nel diario.
  3. Esternazione Costruttiva:
    • Condivisione: Se ti senti a tuo agio, condividi alcune delle tue riflessioni con una persona di fiducia, come un amico, un familiare o un collega. Parla delle emozioni che hai provato e dei bisogni che hai identificato.
    • Azione: Pensa a modi costruttivi per soddisfare i tuoi bisogni. Ad esempio, se hai capito che hai bisogno di essere più ascoltato al lavoro, potresti programmare una riunione con il tuo supervisore per discutere dei tuoi sentimenti e proporre soluzioni.
  4. Utilizzo di app per la misurazione della soddisfazione: noi di CapoLeader abbiamo provato ed utilizziamo Qomprendo, un’app molto valida a questo fine che permette all’utente di dare un feedback a fine giornata sulle emozioni provate e sul livello di soddisfazione sperimentato nel corso della giornata.

Siamo curiosi di scoprire da voi come va il monitoraggio delle vostre emozioni. Attendiamo vostri commenti!

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👉 Provi a comunicare bene, ma ti capiscono peggio del correttore automatico.
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GUIDA- Progettare la Formazione Manageriale che Fa la Differenza

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Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
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Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

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Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
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La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
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Ansia e Noia in Inside Out 2

ARTICOLO DEL BLOG:

ANSIA E NOIA

IN INSIDE OUT 2

Nel tanto atteso sequel di Inside Out,le emozioni nella mente di Riley sono aumentate,
introducendo tra i vari personaggi: Ansia e Noia

Nel tanto atteso sequel di Inside Out, le emozioni nella mente di Riley sono aumentate, introducendo tra i vari personaggi: Ansia e Noia

Queste emozioni, spesso viste come negative, assumono un ruolo cruciale sia nella trama del film che nella vita reale.

L’ansia e la noia assumono un’importanza fondamentale nello sviluppo dello Stato di Flow, poiché ci aiutano a bilanciare sfide e abilità, facilitando una crescita graduale e continua.

Vediamo in questo articolo della Palestra del Flow come lavorare con queste due emozioni per ritrovare lo stato di Flow.

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ansia e noia insideout

LA FUNZIONE DI ANSIA E NOIA NEL FILM E NELLA VITA REALE.

Ansia

Ansia è rappresentata come un personaggio nervoso e sempre in allerta, il cui compito principale è preparare Riley alle possibili minacce e sfide future. Sebbene spesso percepita come negativa, l’ansia ha una funzione protettiva e motivante, spingendoci a migliorare le nostre competenze e a prepararci adeguatamente.

Ansia aiuta Riley a essere consapevole delle difficoltà che potrebbe incontrare, preparandola mentalmente e fisicamente. 

Questo è particolarmente importante per affrontare situazioni nuove e impegnative, dove la preparazione può fare la differenza tra successo e fallimento. 

Tuttavia, quando l’ansia diventa eccessiva, può portare a situazioni problematiche. Nel corso del film, Riley sperimenta un attacco di panico durante una giornata particolarmente stressante. 

L’ansia, raffigurata come un personaggio costantemente in allerta, sovraccarica Riley con pensieri negativi e preoccupazioni incessanti. 

La combinazione di nuove sfide, pressioni accademiche e il timore di fallire crea un ambiente mentale insostenibile. 

Questo eccesso di ansia provoca in Riley un senso di schiacciante paura e perdita di controllo, culminando in un attacco di panico. 

La scena illustra quanto sia importante riconoscere e gestire l’ansia, evidenziando come l’equilibrio tra le emozioni sia fondamentale per il benessere mentale.

Noia

Noia, al contrario, è raffigurata come un personaggio apatico e indifferente, che si manifesta quando le attività di Riley non sono più sufficientemente stimolanti.

Noia segnala a Riley che è tempo di cambiare, di trovare nuove attività e interessi che possano stimolarla e renderla felice. 

La noia diventa quindi un motore di cambiamento, spingendo Riley a cercare ciò che veramente le interessa e la appassiona.

Questo processo di ricerca e scoperta è essenziale per la crescita personale e per mantenere un equilibrio emotivo sano.

METTITI ALL’OPERA

  1. Pensa a cinque attività che tendono a generarti ansia (come presentazioni pubbliche o compiti difficili) e cinque attività che ti portano noia (come riunioni lunghe o compiti ripetitivi).
  2.  Valuta su una scala da 1 a 5 quanto queste emozioni influenzano il tuo rendimento.
  3. Ora, per ciascuna attività, pensa a una strategia che potresti utilizzare per entrare in uno stato di Flow. Potrebbe essere la suddivisione dei compiti in piccoli passi, l’uso di timer per mantenere il focus o l’approccio creativo per rendere l’attività più interessante.
  4. Scegli almeno una delle strategie proposte e applicala la prossima volta che affronti una delle attività identificate. Prendi nota di come ti senti durante e dopo l’attività. Questo ti aiuterà a capire quali strategie funzionano meglio per te e come puoi migliorare la tua produttività e il benessere emotivo attraverso il raggiungimento dello stato di flow.

Inside Out 2 non è solo un bel film d’animazione, ma una riflessione profonda sulle emozioni e sulle loro interazioni nel contesto della crescita personale e del benessere emotivo. 

Attraverso l’ansia e la noia, il film ci invita a considerare come queste emozioni, se ben gestite, possano diventare risorse preziose nel nostro viaggio verso lo stato di Flow, un momento di massimo coinvolgimento e soddisfazione nelle nostre attività quotidiane. 

In questo percorso, impariamo che ogni emozione ha il suo posto e la sua importanza nel plasmare la nostra esperienza di vita, spingendoci a crescere e a scoprire il nostro potenziale emotivo e creativo.

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MIGLIORARE LA COLLABORAZIONE GIOCANDO

ARTICOLO DEL BLOG:

MIGLIORARE LA COLLABORAZIONE
GIOCANDO

In questo articolo scopriremo perchè scegliere Friday Night at the ER come strategia formativa vincente.

Sempre più aziende sono alla ricerca di soluzioni innovative ed efficaci per superare la mentalità a silos della propria azienda, migliorare la collaborazione tra i reparti e allenare il pensiero sistemico.

 In questo articolo scopriremo perchè scegliere Friday Night at the ER come strategia formativa vincente.

Il pensiero sistemico è un modo di pensare che considera le relazioni e le interconnessioni tra le parti di un sistema nel loro insieme. In un’azienda, la mancanza di pensiero sistemico può causare una serie di problemi che possono compromettere la salute e la longevità dell’azienda stessa, come ad esempio:

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migliorare la collaborazione

ECCO I PROBLEMI

  1. Effetti a catena non previsti: quando un’azienda prende una decisione senza considerare il sistema nel suo insieme, possono verificarsi una serie di effetti a catena che causano problemi inaspettati in altre parti dell’azienda.

  2. Mancanza di coordinamento: senza pensiero sistemico, le diverse parti dell’azienda possono agire indipendentemente l’una dall’altra, senza coordinarsi tra di loro. Questo può portare a inefficienze, duplicazioni di sforzi e colli di bottiglia.

  3. Soluzioni parziali: senza considerare il sistema nel suo insieme, le soluzioni proposte per risolvere un problema possono essere limitate e non tener conto di altri fattori che potrebbero essere importanti.

  4. Mancanza di visione a lungo termine: il pensiero sistemico aiuta a considerare gli effetti a lungo termine delle decisioni dell’azienda. Senza di esso, l’azienda può concentrarsi solo sui risultati a breve termine e non prevedere gli effetti a lungo termine delle sue azioni.

Il pensiero sistemico è una competenza essenziale per affrontare le sfide e gli ostacoli del periodo attuale. Sempre più aziende sono alla ricerca di strumenti utili per efficientare i propri processi e rompere la mentalità a silos, in cui ogni reparto si interessa solo “al proprio orticello”, passando ad un approccio sistemico, in cui ogni funzione è strettamente interconnessa con le altre.

Noi abbiamo la soluzione adatta per aiutare i leader a guardare l’azienda nel suo insieme, prevedere gli effetti a lungo termine delle decisioni aziendali, coordinare i dipartimenti, prevenire problemi inaspettati, stimolare l’innovazione e gestire l’azienda in modo efficace: Friday Night at the ER.

Friday Night at the ER è una simulazione aziendale che sfida i team a gestire un ospedale durante un periodo simulato di 24. Poiché l’ambiente ospedaliero è familiare alle persone di tutti i settori, funziona bene come strumento di apprendimento universale.

Guidati da un facilitatore qualificato, i partecipanti in squadre di quattro ciascuno svolgono il ruolo di un responsabile del reparto ospedaliero. Devono supervisionare il flusso di pazienti e il personale, carichi di lavoro irregolari, eventi imprevisti e risorse limitate, il tutto cercando di fornire cure di qualità a un costo ragionevole.

I giocatori svolgono funzioni distinte, ma si rendono conto che dipendono l’uno dall’altro. Scoprono che i problemi di qualità e di costo possono essere risolti solo quando collaborano e condividono la responsabilità delle prestazioni al di fuori dei propri dipartimenti, quando sono aperti a nuove idee e utilizzano i dati per il processo decisionale.

I VANTAGGI DI FRIDAY NIGHT AT THE ER

  1. Una simulazione aziendale è un modello semplificato della realtà in grado di replicare le comuni sfide sul posto di lavoro. Questo permette di sperimentare idee, testare soluzioni e ricevere feedback immediati, accelerando la capacità dei partecipanti di identificare i comportamenti di leadership più efficaci, per metterli più prontamente in pratica.

  2. Stimola la riflessione sulla differenze tra convinzioni limitanti e regole effettive, superando la mentalità del “si è sempre fatto così”.

  3. Favorisce la collaborazione. L’esperienza di gioco insegna che raggiungere individualmente gli obiettivi di ciascun reparto non è efficace quanto gli sforzi collaborativi che coinvolgono l’intero sistema. Il gioco è la soluzione più adatta per migliorare la collaborazione.

  4. Dopo l’esperienza di gioco è previsto un debriefing. Attraverso le riflessioni, le condivisioni e le strategie scoperte nel gioco i partecipanti potranno passare con più facilità dalla realtà simulata al loro contesto lavorativo.

  5. Migliora lo spirito di squadra e il clima lavorativo.

QUANDO UTILIZZARE FRIDAY NIGHT AT THE ER

Il gioco è utile a persone di tutti i settori e con vari livelli di conoscenza ed esperienza. Può essere utilizzato per soddisfare una varietà di obiettivi specifici ed è adatto a gruppi piccoli o grandi.

In particolare può essere la soluzione adatta per:

  • Lavorare sullo sviluppo della leadership
  • Pianificazione strategica
  • Team building
  • Migliorare la collaborazione tra i reparti
  • Una prima riunione di un nuovo team di progetto interfunzionale.

Vuoi organizzare un laboratorio Friday Night at the ER nella tua azienda? Pianifica un incontro per trovare la soluzione adatta a te. Manda una mail a contatta@capoleader.com

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Attraverso esempi concreti e consigli pratici, imparerai a raggiungere il massimo rendimento in ogni ambito della tua vita.

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LA CONSAPEVOLEZZA NON RISOLVE TUTTO, MA QUASI

Hai presente quei momenti in cui ti sembra di sbattere sempre contro lo stesso muro?

Cambiano i contesti, cambiano le persone, ma certi problemi tornano puntuali come le pubblicità su YouTube.

👉 Sei sempre di corsa e finisci stremato.
👉 Provi a comunicare bene, ma ti capiscono peggio del correttore automatico.
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Quando succede, spesso scatta la missione: “devo trovare una soluzione”.
Spoiler: a volte non ti serve una soluzione, ma una lente di ingrandimento.
E quella lente si chiama consapevolezza.


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GUIDA- Progettare la Formazione Manageriale che Fa la Differenza

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.


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TRATTATO SEMISERIO SULLA CONSAPEVOLEZZA

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Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.


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QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA INCONTRA IL FLOW

Ci sono leader che sanno tutto: strategie, numeri, strumenti. Ma quando si tratta di guidare le persone, spesso inciampano su qualcosa di molto più semplice — e molto più profondo: la consapevolezza di sé.

Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

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In una parola: creatività.


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ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

Negli scorsi articoli ci siamo immersi nel mondo della collaborazione: abbiamo visto com’è fatta, cosa la nutre, come si distingue da quella versione “tutti amici in pausa caffè” che spesso viene confusa con il vero lavoro di squadra.

Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
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I 5 NEMICI INVISIBILI DELLA COLLABORAZIONE

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.


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NETWORK DI LEADER

ARTICOLO DEL BLOG:

NETWORK

DI LEADER

Analizziamo il motivo per cui sia fondamentale lavorare sulla creazione di un network di leader.

Nello scorso articolo abbiamo introdotto il concetto della consapevolezza relazionale e di quanto sia importante per poter creare un clima di lavoro sano e basato sulla collaborazione.

Oggi facciamo un passo in più e andiamo ad analizzare il motivo per cui sia fondamentale lavorare sulla creazione di un network di leader.

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network di leader

NETWORK DI LEADER

La capacità di fare networking sta diventando una delle competenze essenziali per affrontare la realtà attuale. Nel suo Tedx, Alberto Bezzi, ci racconta quali devono essere i 5 presupposti per far funzionare il networking:

  1. Volontà: la forza del network sta nel desiderio di voler aiutare gli altri
  2. Confronto: per ampliare gli orizzonti e vedere punti di vista diversi
  3. Autorevolezza: accresce il nostro know how e quindi la nostra autostima
  4. Feedback: il network per essere efficace ha bisogno di attenzioni e deve essere nutrito
  5. Relazioni: conoscere meglio le persone con cui lavoriamo

I VANTAGGI DI NETWORK LEADER

Creare un network di leader in azienda può portare moltissimi vantaggi:

  • Scambio di conoscenze: un network di leader permette lo scambio di conoscenze e competenze tra individui con lo stesso ruolo ma in reparti diversi. Questo scambio può portare a un arricchimento reciproco e favorire l’apprendimento continuo. I leader possono condividere strategie di successo, affrontare sfide comuni e discutere soluzioni efficaci, contribuendo così alla crescita collettiva dell’azienda.

  • Supporto: se un leader sta affrontando una situazione problematica o non riesce a superare un ostacolo, può chiedere aiuto agli altri leader. Molto probabilmente alcuni di loro avranno già affrontato una situazione simile e saranno in grado di raccontare quali strategie hanno funzionato e quali meno per gestire la situazione. L’ascolto delle esperienze degli altri può accelerare il percorso di apprendimento, fornendo una prospettiva più ampia e nuove idee per affrontare situazioni simili.

  • Opportunità di collaborazione: attraverso il network, i leader possono identificare sinergie, condividere risorse e lavorare insieme per affrontare sfide comuni o perseguire obiettivi condivisi. Questa collaborazione può portare a risultati più significativi e ad un impatto più ampio rispetto a quanto sarebbe possibile raggiungere individualmente.

  • Ampliamento delle prospettive: interagire con leader provenienti da contesti diversi può aprire la mente e fornire nuove prospettive. Lavorare con persone che hanno background e esperienze diverse può aiutare a superare i limiti delle proprie conoscenze e i preconcetti. Ciò può portare a soluzioni innovative e creative per le sfide attuali e future.

  • Crescita personale e professionale: Essere parte di un network di leader offre opportunità di crescita personale e professionale. Attraverso le interazioni con altri leader, si può sviluppare la propria leadership, migliorare le abilità di comunicazione, acquisire fiducia e costruire una rete di contatti preziosa. Questo può aprire porte per nuove opportunità di carriera e sviluppo personale.

La potenza di creare un network di leader si vede bene nel video qui sotto:

Il gruppo è più della somma delle singole parti. Questo vuol dire che collaborando si genererà qualche cosa che vada oltre il contributo dei singoli. Proprio come fanno i pinguini per cacciare l’orca, le formiche con il formichiere o i granchi con il gabbiano. Ogni membro del gruppo è essenziale ed importante, ma per funzionare è necessario che tutti condividano lo stesso obiettivo e che sappiano qual è il loro ruolo.

Uno degli obiettivi dei nostri percorsi è quello di aiutare i leader a potenziare il network con i propri peer. Grazie alle condivisioni di esperienze e strategie, si mettono le basi per creare un team di colleghi pronti a supportarsi, in caso di bisogno. Queste relazioni possono essere preziose per il futuro, sia a livello professionale che personale.

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La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

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Come sto?

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Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

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Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
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QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA INCONTRA IL FLOW

Ci sono leader che sanno tutto: strategie, numeri, strumenti. Ma quando si tratta di guidare le persone, spesso inciampano su qualcosa di molto più semplice — e molto più profondo: la consapevolezza di sé.

Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
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Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
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Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
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ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

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Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.


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I 5 NEMICI INVISIBILI DELLA COLLABORAZIONE

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
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10 STRATEGIE PER FERMARE IL MICROMANAGEMENT

ARTICOLO DEL BLOG:

10 STRATEGIE PER FERMARE IL

MICROMANAGEMENT

Cosa è,quali siano i suoi effetti, come riconoscerlo nei nostri comportamenti di gestione e come smettere di praticarlo

Nelle scorse settimane, ci siamo dedicati a esaminare attentamente il concetto di micromanagement: cosa sia, quali siano i suoi effetti, come riconoscerlo nei nostri comportamenti di gestione e come smettere di praticarlo. Abbiamo esplorato come questa pratica, caratterizzata da un controllo eccessivo e dettagliato, possa compromettere le dinamiche lavorative, minando la fiducia e la motivazione dei collaboratori.
Oggi,  spostiamo il nostro focus su un’altra prospettiva altrettanto importante: cosa fare se siamo noi stessi oggetto di micromanagement da parte di un nostro superiore o responsabile. Affrontare il micromanagement può essere estremamente frustrante e, talvolta, avvilente. Tuttavia, è essenziale capire che esistono strategie e azioni che possiamo intraprendere per gestire efficacemente questa situazione e mantenere la nostra produttività e soddisfazione lavorativa. Scopriremo insieme dieci strategie per fermare il micromanagement in modo efficace e costruttivo:

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micromanaging

ECCO LE STRATEGIE

1. Comunica al tuo responsabile il modo migliore in cui lavori: Ogni individuo ha un proprio stile lavorativo. Se ritieni che il micromanagement stia influenzando negativamente il tuo rendimento, è importante comunicare apertamente al tuo responsabile il modo in cui lavori meglio. Spiega le tue preferenze e i tuoi metodi di lavoro in modo che possa comprendere come supportarti al meglio.

2. Mostra iniziativa proponendo soluzioni: Piuttosto che limitarti a lamentarti del micromanagement, prendi l’iniziativa e proponi soluzioni per migliorare la situazione. Potresti suggerire nuovi processi o procedure che consentano di aumentare l’efficienza senza compromettere la qualità del lavoro.

3. Richiedi feedback sul tuo rendimento: Chiedi regolarmente al tuo superiore un feedback sul tuo lavoro. In questo modo, dimostrerai di essere interessato a migliorare e sarai in grado di adattare il tuo approccio in base ai commenti ricevuti.

4. Costruisci fiducia fornendo lavoro di alta qualità: Una delle migliori difese contro il micromanagement è fornire costantemente lavoro di alta qualità. Dimostra al tuo responsabile che sei affidabile e competente nel tuo ruolo, in modo che possa sentirsi più sicuro nel darti maggiore autonomia.

5. Stabilisci confini in modo rispettoso e professionale: Se il micromanagement diventa opprimente, è importante stabilire confini chiari e rispettosi con il tuo responsabile. Spiega cortesemente che apprezzi il suo coinvolgimento, ma che hai bisogno di spazio per lavorare in modo indipendente e efficace.

6. Chiedi più responsabilità per dimostrare le tue capacità: Se ritieni di essere sottovalutato a causa del micromanagement, chiedi al tuo capo più responsabilità. Dimostra la tua competenza e la tua capacità di gestire compiti più impegnativi per guadagnare la sua fiducia e il suo rispetto.

7. Cerca chiarezza sulle loro aspettative e sulla tua autorità: Chiedi al tuo superiore di chiarire le sue aspettative nei tuoi confronti e il tuo grado di autorità nel prendere decisioni. Con una comprensione chiara del tuo ruolo e delle tue responsabilità, potrai lavorare in modo più autonomo e ridurre la necessità di micromanagement.

8. Documenta il progresso del tuo lavoro e condividilo proattivamente: Mantieni una documentazione dettagliata del tuo lavoro e dei tuoi successi. Condividi regolarmente il tuo progresso con il tuo capo in modo proattivo, dimostrando trasparenza e impegno nel raggiungere gli obiettivi aziendali.

9. Rivolgiti a HR o parla con un leader di fiducia se la situazione non migliora: Se nonostante i tuoi sforzi il micromanagement persiste, è importante cercare supporto da risorse umane o parlare con un leader di fiducia all’interno dell’organizzazione. Queste persone possono fornire consigli e assistenza per affrontare la situazione in modo efficace.

10. Se diventa insopportabile, trova una nuova collocazione in azienda: Infine, se il micromanagement diventa insopportabile e influisce negativamente sulla tua salute mentale e sulla tua carriera, potresti valutare la possibilità di cercare un trasferimento in un altro reparto aziendale. Trova un ambiente di lavoro dove le tue competenze e contributi siano apprezzati e dove possa realizzare il tuo pieno potenziale senza ostacoli.

LAVORA SULLA TUA PROATTIVITÀ

Affrontare il micromanaging non è un compito facile, ma è essenziale per garantire un ambiente lavorativo sano e produttivo. Essere soggetti a questo tipo di gestione può essere estremamente frustrante e destabilizzante. Tuttavia, è importante riconoscere che abbiamo il potere di influenzare la situazione e apportare cambiamenti positivi. Come abbiamo visto, esistono delle strategie per fermare il micromanagement.

Essere proattivi è fondamentale: dobbiamo assumere il controllo di ciò che è sotto la nostra sfera di influenza e adottare un approccio assertivo nel comunicare le nostre esigenze e aspettative. Attraverso una comunicazione chiara e rispettosa con i nostri superiori, la ricerca attiva di soluzioni e l’impegno costante nel fornire un lavoro di alta qualità, possiamo contribuire a ridurre il micromanagement e a creare un ambiente di lavoro più collaborativo e gratificante.

Nonostante le sfide possano risultare impegnative, sono la costanza e la determinazione che condurranno alla creazione di un ambiente lavorativo più equilibrato e soddisfacente per tutti i membri del team. Concentrarsi sull’empowerment personale e sul continuo miglioramento delle dinamiche organizzative si rivela fondamentale per superare gli ostacoli del micromanagement e per costruire una cultura aziendale improntata sulla fiducia, la responsabilità e il successo collettivo.

Conosci altre strategie per fermare il micromanagement? Scrivile nei commenti.

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Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.


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ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

Negli scorsi articoli ci siamo immersi nel mondo della collaborazione: abbiamo visto com’è fatta, cosa la nutre, come si distingue da quella versione “tutti amici in pausa caffè” che spesso viene confusa con il vero lavoro di squadra.

Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.


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I 5 NEMICI INVISIBILI DELLA COLLABORAZIONE

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.


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