ARTICOLO DEL BLOG:

I 5 NEMICI INVISIBILI
DELLA COLLABORAZIONE

Come riconoscere (e non sottovalutare) gli ostacoli nascosti che sabotano il lavoro di squadra

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.

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1. L’EGO INDIVIDUALE

È lui il primo, silenzioso nemico della collaborazione: l’ego.
Non serve essere egocentrici dichiarati per sabotare il lavoro di squadra. Basta anche solo voler avere l’ultima parola. O credere di sapere sempre cosa è meglio per tutti.
L’ego si insinua in modo subdolo: con un commento passivo-aggressivo, con una mail in cui ci si prende il merito del lavoro condiviso, con la tendenza a “correggere” sempre gli altri anche quando non serve.

🎯 Esempio:
Durante una riunione di team, Giulia presenta una proposta su cui ha lavorato con Marco per due settimane. Marco ascolta in silenzio. Poi prende la parola e dice: “In effetti, quando ci ho pensato, ho trovato questa soluzione…”, e snocciola esattamente le idee condivise da Giulia, ma riscritte come se fossero sue.
Nessuno lo ferma. Giulia abbozza un sorriso tirato, annuisce.
Da quel giorno, smette di proporre. Non per dispetto. Ma perché capisce che nel “gioco” interno, chi collabora perde visibilità, mentre chi primeggia viene premiato.

Il danno? Non è solo personale. È sistemico.
L’ego non spezza solo una relazione, ma rallenta la fiducia. E senza fiducia, la collaborazione si riduce a una parola da slide.

2. I SILOS ORGANIZZATIVI

Sembrano un problema architettonico, invece sono una questione culturale.
I silos sono quei muri invisibili che separano reparti e persone, anche quando sono seduti a dieci metri l’uno dall’altro.
Ognuno parla la propria lingua, usa i propri strumenti, si fida solo dei “suoi”. Il resto? Rumore di fondo.

🎯 Esempio:
Un’azienda lancia una campagna pubblicitaria importante. Il marketing la pubblica ovunque: social, spot, sito.
Peccato che il team customer care scopra tutto leggendo… LinkedIn.
Nel giro di due giorni arrivano richieste a raffica da clienti incuriositi. Gli operatori, ignari, rispondono con un onesto “non ne sappiamo nulla”.


L’effetto? Un boomerang di figuracce, escalation interne e il classico “ci sarà stato un problema di comunicazione”.
Ma la verità è che non si è parlato. E nei silos, il silenzio è sempre costoso.

3. LA LEADERSHIP DEBOLE

Quando chi guida non guida, il gruppo si disorienta. Non ci sono direzioni chiare, i conflitti vengono evitati, le responsabilità si disperdono.
Sembra democrazia, ma è confusione.

🎯 Esempio:
In un team cross-funzionale, il referente progetto dice: “Sentitevi liberi di organizzarvi come meglio credete, io ci sono se serve.”
Apparentemente un atto di fiducia. Nei fatti, un’assenza.
Dopo due settimane, i task sono raddoppiati, i file si accavallano, le riunioni si moltiplicano. Ognuno ha capito una cosa diversa. E quando le scadenze saltano, iniziano i mormorii: “Io pensavo che toccasse a te…”.
Il progetto si trascina. Il clima si irrigidisce. E nessuno si prende la responsabilità di dire che manca una guida.

4. LA PAURA DEL GIUDIZIO

Collaborare significa esporsi. Mettere sul tavolo un’idea, fare una domanda, dire “non ho capito”.
Ma in molte aziende si respira una sottile ansia da prestazione. Dove ogni frase deve essere perfetta, ogni proposta già validata, ogni dubbio… meglio non dirlo.

🎯 Esempio:
Laura ha un’idea interessante per snellire un processo. Ma teme che i colleghi la considerino “ingenua”. Non la propone. Due mesi dopo, un consulente esterno propone esattamente la stessa cosa. E viene applaudito.

5. LA MANCANZA DI UN OBIETTIVO CONDIVISO

Sembra banale, ma è devastante: se non sappiamo dove stiamo andando, ognuno prende una strada diversa. Anche i team più brillanti si perdono… se manca una mappa.

🎯 Esempio:
Durante un kickoff di progetto, il coordinatore dice con entusiasmo: “Quest’anno dobbiamo innovare!”.
Silenzio in sala. Tutti annuiscono.
Ma “innovare” significa tutto e niente.
Il team tecnico pensa a introdurre un nuovo software. Il marketing si lancia in una campagna audace con meme e GIF animate. Il commerciale inizia a proporre ai clienti pacchetti personalizzati.
Tre mesi dopo, arriva il momento del check-point.
Il CEO guarda i risultati e dice: “Ma questa non è innovazione! Io intendevo rinnovare il nostro modello di business, non fare grafiche simpatiche!”
E lì cala il gelo.
Perché sì, tutti stavano lavorando con impegno. Ma su obiettivi diversi.
Manca un “perché” comune. E senza quello, non c’è collaborazione che tenga. Solo confusione ben organizzata.

METTITI ALL’OPERA

Il Radar della collaborazione

Ora è il tuo turno.

 Valuta su una scala da 1 a 5 quanto ciascun “nemico” è presente nella tua organizzazione:

  • Istinto di autoconservazione

  • Silos organizzativi

  • Leadership debole

  • Paura del giudizio

  • Obiettivi disallineati

📊 Confronta il tuo radar con quello di altri colleghi.
Ci sono percezioni diverse? Dove siete più fragili?

🤝 Scegli uno o due nemici e, insieme, pensate a 3 azioni concrete per iniziare a disinnescarli.

✍️ Fissa un impegno personale – anche piccolo – che puoi mettere in pratica già da domani per creare un terreno più collaborativo.

Perché la collaborazione non si dichiara. Si costruisce. E a volte, serve solo un primo passo onesto per cambiare il gioco.

Collaborare significa mettersi in gioco, fidarsi, trovare un ritmo comune, anche quando la pressione sale e le opinioni divergono.

Eppure, troppo spesso ci muoviamo con il freno a mano tirato, rallentati da piccoli sabotatori quotidiani: l’ego che s’impunta, i silos che isolano, la leadership che non guida, la paura che zittisce, gli obiettivi che nessuno ha davvero chiarito.

La buona notizia?
Possiamo allenare la collaborazione. Ma non con un’altra teoria o l’ennesima slide. Serve esperienza, serve azione, serve un contesto che faccia emergere il meglio (e il peggio) delle dinamiche di gruppo.

Ecco perchè non puoi perderti il nostro evento Pillole di Gamification.

📅 Mercoledì 18 giugno, dalle 12:30 alle 13:15 ti presentiamo Friday Night at the ER, un serious game che simula decisioni in tempo reale, pressioni impreviste e… il vero volto della collaborazione.

Se vuoi scoprire un modo nuovo e potente per lavorare meglio insieme, ti aspettiamo.
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Ci sarai? 😉

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L’argomento è Flow e creatività

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IL FLOW PER LA FELICITA' E IL SUCCESSO

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IL LIBRO DI STEFANO SELVINI

“Si legge in un soffio: è un romanzo, ma è anche una guida assistita al lavoro per arrivare a padroneggiarlo.”

“Questo romanzo unisce la teoria alla pratica, invitandoci a rispondere a una questione di fondo: quando il lavoro vale la pena di essere vissuto?”

“Pagina dopo pagina familiarizzerete – passo al voi, avendole già lette in anteprima – con Marco Riva, il protagonista, rispecchiandovi nella sua costante ricerca di felicità. Perché tutti, nessuno escluso, cerchiamo la piena realizzazione.”

FILIPPO POLETTITop Voice Linkedin e influencer del benessere al lavoro

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GUIDA- Progettare la Formazione Manageriale che Fa la Differenza

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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TRATTATO SEMISERIO SULLA CONSAPEVOLEZZA

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
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Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

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Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
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QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA INCONTRA IL FLOW

Ci sono leader che sanno tutto: strategie, numeri, strumenti. Ma quando si tratta di guidare le persone, spesso inciampano su qualcosa di molto più semplice — e molto più profondo: la consapevolezza di sé.

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Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
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ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

Negli scorsi articoli ci siamo immersi nel mondo della collaborazione: abbiamo visto com’è fatta, cosa la nutre, come si distingue da quella versione “tutti amici in pausa caffè” che spesso viene confusa con il vero lavoro di squadra.

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COLLABORAZIONE ASSENTE? ECCO IL SUO COSTO

Parlare di collaborazione può sembrare una questione “soft”. Una di quelle cose belle da avere, ma non proprio vitali, come la ciliegina sulla torta.
Eppure… quando manca, non è solo la ciliegina a saltare, ma tutta la torta rischia di sbriciolarsi.

Perché quando un team non collabora, l’azienda comincia a perdere. Soldi veri.
E la cosa peggiore è che non si vede subito. Non c’è una fattura con scritto:

“Mese di maggio: -3.000€ per conflitti e silenzi in riunione”
ma il costo c’è. Eccome se c’è.

Vediamo i principali danni che si innescano quando la collaborazione va in crisi, con qualche dato preso da ricerche e fonti autorevoli.

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