La simulazione è un importante strumento di apprendimento che sta diventando sempre più popolare nella formazione aziendale. L’uso della simulazione può fornire ai partecipanti un’esperienza realistica e controllata che consente loro di acquisire competenze specifiche e migliorare le loro abilità di leadership. In questo articolo, esploreremo i vantaggi della simulazione nella formazione aziendale, esaminando come possa essere utilizzata per migliorare l’apprendimento e la performance, aumentando la motivazione e l’engagement dei partecipanti.

La simulazione è una tipologia di formazione esperienziale in cui viene creato un contesto artificiale che riproduce in modo fedele un fenomeno reale. Un esempio sono i simulatori di volo utilizzati per la formazione dei piloti. Questi simulatori possono riprodurre un’ampia varietà di condizioni meteorologiche, ambientali e di volo, consentendo ai piloti in formazione di acquisire esperienza in situazioni difficili e di imparare a gestire gli imprevisti in modo efficace. Sono anche utilizzati per imparare a gestire le situazioni di pericolo, come l’atterraggio di emergenza, in modo da preparare i piloti a rispondere in modo sicuro e tempestivo a tali situazioni. Il principale vantaggio dei simulatori di volo è proprio quella di non dover aspettare anni di esperienza e di pratica per diventare un buon pilota.

Quando impariamo qualcosa in modo esperienziale mettiamo in atto un processo: ognuno di noi ha dei modelli mentali, come idee e convinzioni, che influenzano il nostro comportamento e ci portano a prendere delle decisioni. In base alle decisioni andremo a compiere delle azioni e solo osservando i risultati, ovvero le conseguenza delle nostre azioni, arriveremo ad un apprendimento, il quale potrebbe portare alla modifica dei nostri modelli mentali, dando inizio ad un nuovo percorso. Questo processo, però, funziona bene quando avviene in poco tempo, permettendoci di capire in fretta quali sono le conseguenza delle nostre decisioni. Molto spesso nella realtà può passare molto tempo prima che una decisione diventi un’azione, oppure prima di vedere un risultato concreto di un’azione svolta. Con la simulazione possiamo risolvere il problema dei lunghi tempi d’attesa tra decisioni e risultati, accorciando la distanza tra questi due elementi.

 

simulazione

 

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Simulare la leadership

I vantaggi della simulazione si possono osservare anche nei contesti aziendali. Così come esistono i simulatori di volo, esistono anche i simulatori di leadership, per aiutare capi e manager a sviluppare, migliorare e raffinare le proprie capacità di leadership. I simulatori offrono un’esperienza di apprendimento coinvolgente e realistica che consente ai partecipanti di sviluppare le loro capacità di leadership in un ambiente virtuale controllato e sicuro.
Uno dei principali vantaggi della simulazione è quello di poter provare a prendere delle decisioni diverse da quelle che normalmente si prenderebbero nella realtà, per osservare le conseguenze senza avere paura di fare dei danni relazionali o economici. Inoltre, grazie alla simulazione è possibile lavorare sulle proprie emozioni, analizzando le nostre sensazioni dopo aver preso decisioni difficili, gestendo conflitti o situazioni complicate. Un altro vantaggio è la possibilità di ricevere un feedback immediato sulle scelte fatte, questo ci consente di poter correggere in corso d’opera le nostre decisioni.


Un esempio di simulatore di leadership è FLIGBY.
FLIGBY è un serious game in cui il giocatore assume il ruolo di Direttore Generale di un’azienda vinicola. Dovrà raggiungere determinati obiettivi strategici, gestire un team di sette persone con personalità molto diverse tra loro e affrontare situazioni complicate. FLIGBY, in circa cinque ore di gioco, permette di sperimentare situazioni complesse che magari nella realtà incontreremmo in anni di lavoro. Riuscire a vedere in modo immediato quali possano essere le conseguenza delle decisioni prese è un grande aiuto per un leader, soprattutto se è alle prime esperienze. Utilizzare un simulatore per imparare, oltre ad essere la strategia vincente per consolidare gli apprendimenti, porta le persone a divertirsi. Un lavoratore felice sarà più motivato, le sue prestazioni miglioreranno, così come la sua soddisfazione e l’engagement con l’azienda.

Vuoi avere maggiori informazioni su FLIGBY e sui nostri percorsi di sviluppo della leadership attraverso modalità simulate? Manda una mail a contatta@capoleader.com

Quali sono le tendenze HR per il 2023? Il 2022 è stato l’anno delle Grandi Dimissioni, dei leader con competenze emotive e della gestione dell’incertezza post pandemia. Questi temi rimangono di grande interesse e ancora attuali, ma in queste prime settimane del 2023 stiamo assistendo alla comparsa di nuovi trend significativi. Vediamo quali sono:

  1. Quiet recruiting: sta avvenendo un passaggio dal “licenziamento silenzioso” che ha caratterizzato la seconda metà del 2022 all’“assunzione silenziosa”. Il Quiet recruiting è un fenomeno di reclutamento di talenti che avviene in modo discreto e privato, senza pubblicizzare o divulgare le posizioni lavorative disponibili attraverso canali di comunicazione tradizionali come annunci di lavoro o siti di recruiting. Più che nuove assunzioni,  si punta maggiormente alla mobilità interna dei talenti, un potenziamento delle skills e approcci alternativi, fatti di networking e ricorso a gig workers. L’idea di base è acquisire nuove competenze e capacità senza aggiungere nuovi dipendenti a tempo pieno.
  2. Supporto ai manager: i manager rappresentano il collegamento diretto tra i lavoratori e la cultura aziendale. Ricoprono un ruolo importante e per questo hanno bisogno di supporto. Spesso si trovano a dover gestire la pressione dall’alto e dal basso: devono attuare la strategia aziendale, ma allo stesso tempo fornire un significato al lavoro svolto, flessibilità e opportunità di carriera.
  3. Ricerca di candidati non tradizionali: le organizzazioni dovranno cercare di valutare i candidati esclusivamente in base alla loro capacità di svolgere il ruolo, non alle loro credenziali ed esperienza precedente. Il ruolo della qualifica passerà in secondo piano, lasciando il posto alla diversificazione dei talenti. Sempre più persone, infatti, dichiarano di candidarsi per lavori al di fuori della loro attuale area di competenza e questo sarà sempre più frequente.
  4. Prestazioni sostenibili: la maggior parte dei lavoratori sta ancora affrontando problemi di salute mentale a causa delle turbolenze sociali, economiche e politiche degli ultimi tempi. Questo può ridurre la produttività e le prestazioni, nonché aumentare gli scoppi di rabbia, le dimissioni senza preavviso e i conflitti sul posto di lavoro. Molte organizzazioni stanno implementando delle strategie volte a sostenere i propri lavoratori, considerandoli non solo come dipendenti, ma come persone complete. Alcuni esempi sono: il riposo proattivo, prima di periodi di lavoro ad alta richiesta, come il venerdì senza riunioni o del tempo da dedicare al proprio benessere; opportunità di discussione per affrontare sfide e argomenti difficili senza giudizio o conseguenze; consulenti traumatologici per fornire consulenza in loco e formare i manager su come gestire i conflitti sul posto di lavoro e su come avere conversazioni difficili con i dipendenti.
  5. Diversità, equità e inclusione ( DEI ): le organizzazioni continueranno ad investire su diversità, equità e inclusione (DEI), nonostante qualche resistenze. Alcuni dipendenti ritiengono che gli sforzi della DEI della propria organizzazione creino divisioni. A pesare su questa percezione sono le tendenze politiche e ideologiche che valutano la diversity come una forma di discriminazione contro gruppi storicamente favoriti. Parliamo di reazioni e pregiudizi, anche non intenzionali o molto sottili, che spesso però, rendono difficile il percorso lavorativo.
  6. Colmare le lacune della Generazione Z: l’isolamento sociale provocato dalla pandemia ha colpito soprattutto i giovani, rendendo più difficile il perseguimento dei loro obiettivi educativi o di carriera. La Generazione Z ha perso lo sviluppo di competenze trasversali, come negoziare, fare rete, parlare con sicurezza di fronte alla folla e sviluppare la resistenza sociale e l’attenzione necessarie per lavorare per lunghe ore, in un ambiente in presenza. Questo disequilibrio tra sfide troppo elevate e scarse competenze tradizionali, porta a due condizioni: affidare ai giovani lavori troppo difficili, senza un supporto su cui poter contare per imparare, creando in loro uno stato di ansia e preoccupazione; oppure affidargli dei compiti troppo semplici e poco sfidanti che generando noia e poca motivazione.

Approccio Human Centred e Flow

Le tendenze hr del 2023 hanno come obiettivo quello di investire sul benessere delle persone, portando avanti tematiche importanti come la diversity e l’inclusività, supportando manager e figure chiave, investendo sulle competenze piuttosto che sull’esperienza e sui titoli delle persone, in particolare dei giovani. Queste tematiche sono sempre più dirette verso un approccio “human-centered”, in cui viene messa al centro la persona nella sua interezza. La priorità è diventata quella di adattare il lavoro alle necessità della persona e non viceversa, come qualche anno fa in cui doveva essere il lavoratore ad adattarsi all’ambiente.
L’approccio “human-centered” viene teorizzato molto bene nel libro Buon Business, del Prof. Csikszentmihalyi, in cui viene spiegato come riuscire a creare un ambiente lavorativo in cui le persone siano felici, stiano bene, siano concentrate solo su quello che conta e soprattutto che riescano a sperimentare lo stato di Flow al lavoro.
Il Flow è uno stato mentale che permette alle persone di  trasformare il proprio lavoro nella propria passione, ricercando un equilibrio tra le sfide del compito e le abilità della persona, migliorando la soddisfazione e la produttività.
L’approccio di CapoLeader, basato sulla Teoria del Flow, ha come obiettivo quello di creare percorsi per le figure apicali e manageriali, in modo da produrre un effetto a cascata che porti il cambiamento dall’alto verso il basso. La nostra idea è aiutare sempre più aziende a portare il Flow nelle loro attività lavorative, migliorando la produttività, la motivazione e soprattutto aiutando le persone ad essere felici durante le loro attività lavorative.

Vuoi introdurre un percorso per i tuoi manager? Manda una mail a contatt@capoleader.com

La parola networking può essere tradotta come “rete di lavoro”, deriva dal sostantivo “net”, che significa rete, e il verbo “to work”, cioè lavorare. Fare networking significa costruire e mantenere relazioni professionali e personali con altre persone allo scopo di scambiare informazioni, opportunità e supporto. In ambito lavorativo parliamo di network tra colleghi per indicare una rete di contatti e relazioni professionali che possono aiutare a identificare opportunità di lavoro, sviluppare le proprie competenze, ottenere supporto e consigli e costruire relazioni positive con altri professionisti.

Spesso nelle aziende, quando il clima lavorativo non è molto positivo, si creano situazioni di competizione e tensione tra persone appartenenti a parti, funzioni o gruppi diversi. La comunicazione non è trasparente, le informazioni non passano e si evita di chiedere supporto per non far vedere che si ha bisogno di aiuto.
Queste dinamiche rischiano di compromettere la qualità e la quantità del lavoro svolto. Inoltre, incidono sul benessere e sulla soddisfazione dei lavoratori, che a sua volta impatteranno sul turnover e sull’assenteismo aziendale.

Lavorare sul networking tra colleghi può essere il primo passo per trasformare la situazione. Ogni gruppo di lavoro ha degli obiettivi specifici, ma ci sono dei macro-obiettivi che accomunano tutti i reparti. Esiste una mission aziendale che permette a tutti di identificarsi come un’unica squadra che lavora per la stessa finalità. Riuscire a dare un senso e un significato a quello che l’organizzazione fa è essenziale per creare le condizioni giuste per una collaborazione tra le persone.

Il networking tra colleghi consente di creare delle relazioni di supporto tra persone appartenenti a gruppi diversi, ma che magari condividono la stessa posizione lavorativa o hanno affrontato situazioni simili. Creare uno spazio di fiducia con i propri colleghi per condividere esperienze, chiedere consigli su come affrontare delle situazioni difficili e ascoltare l’altro è alla base di una cultura aziendale centrata sulle proprie persone.

network colleghi

La ricchezza del network

Uno degli obiettivi fondamentali dei nostri percorsi formativi è quello di lavorare sul networking tra colleghi. Per noi è importante che all’interno delle aule si instauri un rapporto di fiducia tra le persone, che consenta di mettere le basi per trasformare il gruppo da semplici “colleghi che lavorano insieme” a “network di leader”. In questo modo, finita la formazione, ognuno di loro potrà contare sugli altri come risorsa per il proprio lavoro, per esempio programmando incontri sistematici una volta al mese, in coppia o in gruppo (buddy), o semplicemente chiamando un collega nel momento del bisogno.

Per molte persone, condividere la propria esperienza può sembrare poco importante al fine lavorativo, ma rimangono sorpresi nel vedere il valore che le altre persone danno a quello che viene detto. Alcuni, da quel racconto, possono imparare qualcosa di nuovo, altri scopriranno modalità alternative a cui non avevano pensato, altri ancora potranno dare il proprio supporto morale, facendo sentire meno sola quella persona. Dalle condivisioni possono nascere nuove soluzioni creative, si può lavorare insieme su cosa sia andato storto in passato e si può trovare un aiuto dal punto di vista emotivo. Grazie alle esperienze degli altri è più facile trovare strategie valide per problemi simili. Sentire che cosa ha funzionato e cosa no nel gruppo del proprio collega può aiutare a capire quali siano i punti importanti da tener presente per essere efficaci.  Avere una rete di leader su cui contare è una ricchezza per le persone, ma anche per l’azienda.

Diffondere il Flow attraverso il network

Uno degli scopi dei nostri percorsi è quello di supportare un cambiamento culturale portando il concetto di Flow all’interno dell’azienda. Promuovere il Flow nelle organizzazioni porta molti vantaggi, come la possibilità di raggiungere prestazioni ottimali, aumentare la creatività, diminuire il turnover e lo stress e creare un ambiente in cui le persone siano felici e motivate. L’obiettivo delle nostre aule è passare dalla teoria alla pratica, trovando le soluzioni migliori per portare i benefici del Flow nel contesto aziendale specifico.
Quello che abbiamo notato è che se, per esempio, poniamo una domanda simile a “Come ti accorgi se le persone del tuo team sono nello stato di Flow?”, individualmente i partecipanti fanno più difficoltà a trovare le risposte o non sanno come fare a trasformare i concetti teorici in soluzioni pratiche. La situazione cambia nel momento in cui viene chiesto di lavorare in gruppo. Dal confronto e dalla condivisione a coppie o in team nascono soluzioni innovative e applicabili nella realtà aziendale.
I feedback che riceviamo dai partecipanti dei nostri percorsi riguardano spesso la sensazione di stupore che nasce nello scoprire i grandi vantaggi ottenuti grazie al supporto dei peer. La collaborazione tra persone di pari livello è la chiave per il successo, ma purtroppo molti manager sottovalutano ancora l’idea di aprirsi agli altri per trovare le soluzioni ai propri problemi, cercando solamente al proprio interno.

Il gruppo è più della somma delle singole persone che ne fanno parte. Grazie alla sinergia che si viene a creare, il network di leader è in grado di offrire opportunità di sviluppo professionale, supporto, sostegno e benessere psicologico.

Nelle ultime due settimane abbiamo parlato dell’importanza delle emozioni positive in azienda, approfondendo il legame tra leadership e intelligenza emotiva.

L’intelligenza emotiva è una qualità fondamentale per una leadership efficace, poiché consente di creare relazioni positive con i propri collaboratori, gestire situazioni complesse e prendere decisioni sagge.

Questa settimana vi proponiamo un video in cui Daniel Goleman spiega come valutare il proprio livello di intelligenza emotiva.

Essere consapevoli del proprio livello di intelligenza emotiva è molto importante. Il passo successivo è quello di intraprendere un percorso di allenamento di questa competenza che consenta di migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e la capacità di gestire le situazioni difficili.

 

La settimana scorsa abbiamo parlato delle 10 emozioni positive che si possono sperimentare al lavoro per aumentare il benessere delle persone. In questo articolo faremo un passo avanti e andremo ad approfondire il concetto di intelligenza emotiva e flow.

L’intelligenza emotiva può essere definita come la capacità di un individuo di riconoscere, distinguere, etichettare e gestire le emozioni proprie e degli altri. E’ un costrutto relativamente recente poiché è stato introdotto nel 1990, dai professori Peter Salovey e John D. Mayer. Nel 1995 lo psicologo Daniel Goleman ha ripreso il costrutto di intelligenza emotiva rendendolo famoso grazie al suo libro “Intelligenza emotiva: che cos’è e perché può renderci felici.”

Secondo il modello introdotto da Goleman, l’intelligenza emotiva comprende una serie di capacità e competenze che guidano l’individuo, soprattutto nel campo della leadership, e che permettono di instaurare migliori rapporti sociali, prendere decisioni in linea con le proprie motivazioni e mantenere un livello di autostima elevato.

Secondo Goleman, i 5 pilastri che costituiscono l’intelligenza emotiva sono:

  1. Consapevolezza di sé: è intesa come la capacità di riconoscere le proprie emozioni, i propri punti di forza, i propri limiti e le proprie debolezze, e come queste caratteristiche personali siano in grado di influenzare gli altri.
  2. Gestire le proprie emozioni: è la capacità di gestire le proprie emozioni e sentimenti, adattandoli alle diverse situazioni che possono presentarsi, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati.
  3. Motivazione: è la capacità di riconoscere i pensieri negativi e di trasformarli in pensieri positivi che siano in grado di motivare sé stessi e gli altri, impegnandosi e restando costante nonostante le possibili avversità.
  4. Empatia: è la capacità di comprendere e percepire le emozioni delle altre persone, ascoltando in modo attivo, senza farsi condizionare dai pregiudizi.
  5. Abilità sociali: consiste nella capacità di gestire le relazioni con le persone allo scopo di indirizzarle verso il raggiungimento di un determinato obiettivo, comunicando in modo efficace, gestendo i conflitti e cooperando in team.

Riuscire a riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle delle altre persone non è semplice, serve un allenamento costante. Quindi, come possiamo fare pratica?

La mappa del Flow

Un modo per allenare la propria intelligenza emotiva è utilizzare un serious game come Fligby, in cui attraverso una simulazione, il partecipante assumerà il ruolo di Direttore Generale di un’azienda, gestendo un team di 7 persone, raggiungendo obiettivi e dando feedback.
Alla fine della partita, il gioco restituisce un report molto dettagliato su 29 abilità di leadership essenziali per diventare un buon leader, tra queste è presente l’intelligenza emotiva.
E’ possibile capire il proprio livello osservando il punteggio ottenuto su una scala da 1 a 100 e confrontandosi con il punteggio medio ottenuto dagli altri giocatori. Essere consapevoli del proprio livello di intelligenza emotiva è il primo step per potenziare questa competenza.

L’intelligenza emotiva è una skill importante per un leader, per questo motivo i giocatori di Fligby possono avvalersi di uno strumento molto utile per allenarsi: la mappa del Flow.

intelligenza emotiva e flow

 

Possiamo definire la mappa del Flow come un “radar delle emozioni”, in cui sono presenti otto stati emotivi che possono essere sperimentati dalle persone del proprio team:

  • Apatia: paragonabile a uno stato di indifferenza e mancanza di interesse
  • Preoccupazione: preoccupandosi, l’attenzione si sposta verso la negatività; i problemi diventano più grandi e le soluzioni sembrano non esistere
  • Ansia: è il timore per qualcosa che non è ancora successo e può causare il congelamento di qualcuno
  • Eccitazione: aumentando gli stimoli, le persone rispondono in modo più attento al loro ambiente
  • Flow: stato mentale in cui le persone sono completamente concentrate sull’attività o sul compito
  • Controllo: praticando, le abilità alla fine verranno applicate in modo routinario, con il rischio che il livello di abilità sia superiore alla sfida per eseguire un certo compito
  • Rilassamento: calma e assenza di eccitazione
  • Noia: nessun interesse per l’ambiente circostante, noioso, affaticato

Ogni volta che viene presa una decisione, il gioco mostra quale stato mentale sia stato assunto dai propri collaboratori. L’obiettivo principale è quello di capire come portare le persone nello stato di Flow. Più le persone sperimentano il Flow, più saranno coinvolte e soddisfatte delle proprie attività e di conseguenza raggiungeranno le loro migliori performance.

“Riuscire a entrare nel Flow è la massima espressione dell’intelligenza emotiva”, scrive Goleman, “nel flow le emozioni non sono solamente contenute e incanalate, ma positive, energizzate e in armonia con il compito cui ci si sta dedicando […] La caratteristica del Flow è una sensazione di gioia spontanea, perfino di rapimento. Poiché il flow ci fa sentire così bene, esso è di per se stesso gratificante.”
Uno strumento come la mappa del Flow è molto utile per capire l’impatto delle proprie decisioni sugli altri. Conoscere lo stato mentale attuale delle proprie persone permette di capire come aiutarle ad avvicinarsi allo stato di Flow. Per esempio se vediamo che un collaboratore sta sperimentando uno stato di ansia, possiamo decidere di diminuire la difficoltà del compito che sta svolgendo, oppure possiamo aiutarlo a sviluppare nuove competenze per far fronte alle sfide.

Ogni nostro comportamento, decisione o discorso avrà delle conseguenze emotive sulle altre persone. Nella realtà non è possibile avere un radar che ci indichi le emozioni che le altre persone stanno provando, però, molti leader, dopo aver concluso i percorsi con noi, decidono di inventare degli strumenti che li possano aiutare a migliorare la comunicazione con il proprio team. Riuscire a far sentire le persone accolte e comprese creerà un clima di fiducia, che a sua volta migliorerà la soddisfazione, l’engagement e la produttività.