I TREND DELLA LEADERSHIP PER IL 2022

In molti cercano di individuare quali potranno essere i trend della leadership per il 2022, ho provato a dare un’occhiata a qualche studio e ricerca e quello che emerge è molto interessante. Il mio intento in questo articolo è provare ad immaginare le implicazioni dei dati più significativi. Partiamo proprio dai dati:

– Il 55% dei CEO dicono che sviluppare la prossima generazione di leader è la loro principale priorità

– i dipendenti non coinvolti nel 2021 sono il 71% in più rispetto al 2020

– Il 55% dei lavoratori sta pianificando di lasciare il proprio lavoro nei prossimi 12 mesi

(Fonti- DDI’s Global Leadership Forecast- Achievers’ Employee Engagement and retention report 2021)

Questi dati testimoniano che c’è una crisi della leadership globale iniziata già prima della pandemia. Questa ha semplicemente accentuato un fenomeno che era già presente. Se le preoccupazioni dei Ceo sono rivolte allo sviluppo della prossima generazione sembrerebbe ci siano delle difficoltà nella scelta e nella preparazione dei leader di quella attuale.  Leader deboli e poco preparati generano un effetto a catena nei loro team riducendo i tassi di coinvolgimento e aumentando il turnover. Una leadership più coinvolgente è necessaria in un mondo in cui 8 lavoratori su 10 risultano non coinvolti.

Great Resignation

great resignation

Secondo il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, durante i mesi di aprile, maggio e giugno 2021, un totale di 11,5 milioni di lavoratori hanno lasciato il lavoro . Studi recenti indicano che probabilmente non è finita. Un sondaggio condotto da Microsoft su oltre 30.000 lavoratori ha rilevato che il 41% sta pensando di lasciare; quel numero sale al 54% quando viene considerata solo la Gen-Z. Un recente sondaggio Gallup ha evidenziato che il 48% dei dipendenti è attivamente alla ricerca di nuove opportunità.

Questi sono dati allarmanti. Il turnover è costoso e per qualsiasi organizzazione perdere anche solo un terzo della propria forza lavoro sarebbe davvero devastante. L’impatto sulle piccole e medie imprese, dove non è raro trovare reparti composti da un’unità, sarà particolarmente significativo. Come con qualsiasi potenziale crisi, è meglio affrontare la situazione una volta che si capisce cosa la sta causando.

I temi che guidano la Great Resignation sono molteplici. Secondo un sondaggio condotto da LinkedIn, il 74% degli intervistati ha indicato che il tempo trascorso a casa – durante il lockdown o lavorando da remoto – durante la pandemia li ha indotti a ripensare alla loro attuale situazione lavorativa. Moltissimi – più della metà in diversi sondaggi – citano lo stress e il burnout nella loro posizione attuale come motivo per guardare altrove. Altri indicano l’insoddisfazione, e persino la paura, causata da azioni istintive di riduzione dei costi da parte del loro attuale datore di lavoro in risposta ai rallentamenti dell’attività legati al Covid-19 come motivo di fuga. Molti dipendenti trovano fondamentale l’iniquità nelle sospensioni delle promozioni, nella cultura del merito congelata e negli aumenti e licenziamenti indiscriminati.

Altri ancora hanno fatto valutazioni, sia con il cuore che con la testa, intorno alla vera economia di una famiglia a due redditi, determinando che i benefici non superano più i costi. Alcuni alla fine hanno fatto il salto e hanno iniziato un’attività da sogno. Molti hanno semplicemente avuto la sensazione di essere sottovalutati e inascoltati da manager tossici e narcisisti. Infine, un terzo ha espresso preoccupazione per la propria sicurezza personale nel dover tornare a una posizione in loco mentre la pandemia infuria ancora. Quindi, con tutto questo in corso, cosa può fare una tipica piccola impresa per arginare la marea, in particolare quando i concorrenti aziendali più grandi e meglio finanziati competono per lo stesso pool di talenti più piccolo?

La Great Resignation ha colto alla sprovvista così tanti datori di lavoro perché è contraria a tutto ciò che il management tradizionale pensa di sapere sui mercati del lavoro.

Si rende necessaria una nuova concezione del posto di lavoro e della relazione capo/risorsa. I leader di oggi hanno pochi strumenti per mitigare la mancanza di motivazione e le aziende cominciano ad accorgersene-

Le priorità

business priorities

Per approfondire la tematica basta analizzare quali siano state le priorità delle aziende negli ultimi due anni.  Ecco le prime otto priorità emerse (Fonte – Siyli EI report):

  1. Affrontare l’incertezza.
  2. Produttività
  3. Sviluppo della leadership
  4. Stress e Burnout
  5. Collaboration
  6. Resilienza
  7. Well-being
  8. Diversity ed Inclusion

Fattore interessante l’assenza del miglioramento delle capacità tecniche ma una lista di priorità cosiddette soft facenti tutte capo all’aspetto emozionale. Sembrerebbe confermata la tendenza che vede l’intelligenza emotiva come chiaro fattore vincente per successo sia individuale che collettivo.

I leader ad alto Quoziente Emotivo creano un clima in cui prosperano la condivisione delle informazioni, il feedback, la fiducia, la sana assunzione di rischi e l’apprendimento.

Per dare risposta alle istanze lanciate dal mondo del lavoro va costruita un nuovo modello di leader emotivo.

Il leader ad alto QE (quoziente emotivo)

leader ad alto QE

Come opera un leader di questo tipo? Su diversi fronti:

  1. Si prende cura di sé. Priorità alle sane abitudini (meditazione, attività fisica, relazioni con amici e mentori, prendere ispirazione da libri, video e citazioni etc.)
  2. Pratica l’Auto-compassione. Trattarsi con benevolenza come si farebbe con un amico anche di fronte a errori o fallimenti.
  3. Si prende cura degli altri. Nutre ispira e si mette al servizio del team
  4. Sviluppa il senso di unità. Affronta le difficoltà con la consapevolezza che insieme si riuscirà a sorpassarle.
  5. Rinnova e aggiorna. Sfrutta le difficoltà per trovare nuove soluzioni, per scoprire strade non battute, per apprendere nuove conoscenze e consapevolezze.
  6. Cerca il senso di scopo. Lavora per un fine che va oltre il raggiungimento degli obiettivi operativi. Sente di avere una missione più elevata e riesce a trasmetterla a chi ha attorno.

Come arrivare a formare leader di questo tipo?

Le metodologie tradizionali non sono più sufficienti. Molti degli insuccessi dell’attuale generazione di leader derivano da scarsa preparazione, accresciuta complessità e mancanza di strumenti efficaci di sviluppo.

Un manuale di leadershjp o un istruttore ottengono ben poco. La pratica e l’apprendimento sul campo la fanno da padrone. Quali i campi d’azione? Eccone alcuni:

  • Coinvolgere un team demotivato e spaventato dall’incertezza
  • Rivedere la mission e vision e dare un senso di scopo
  • Allineamento ai nuovi obiettivi
  • Prendere decisioni in situazioni d’incertezza e ambiguità
  • Capire le conseguenze del proprio agire
  • Generare ambienti dove l’apprendimento e la voglia di crescere siano priorità

Il trend che affronteremo nel futuro prossimo sarà proprio questo programmi di LEARNING BY DOING che mettano in risalto l’intelligenza emotiva e la generazione di coinvolgimento. Per una nuova generazione di leader di alto livello serve una nuova generazione di strumenti formativi.

Sei pronto per metterti in gioco? Noi abbiamo un programma di sviluppo che lavora proprio in questo modo, vieni a scoprirlo

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