Nelle scorse settimane abbiamo iniziato un viaggio che ci ha portato alla scoperta di molte lezioni presenti nei film. Oggi ci soffermeremo sugli insegnamenti di leadership nei film d’animazione e sulle importanti riflessioni che possiamo trarre da essi.

  1. KUNG FU PANDA:

    è la storia di Po, un panda pigro e pasticcione a cui piace molto mangiare, che lavora nel ristorante del padre, ma sogna di diventare un esperto di kung fu. Un giorno, in seguito a una predizione del saggio Oogway, viene indicato come l’eletto Guerriero Dragone, colui che salverà il villaggio dal nemico Tai Lung. Da quel momento Po viene affidato alla scuola di kung fu del Maestro Shifu. Dopo un percorso ricco di ostacoli e un duro lavoro su sé stesso, prenderà coscienza delle proprie capacità nascoste e grazie alla fiducia in se stesso riuscirà a salvare il suo villaggio.
    Quello che possiamo imparare da questo film d’animazione è:

  • Trasformare i propri punti deboli in punti di forza: il maestro Shifu, dopo numerosi fallimenti, riesce a trovare la chiave per allenare Po: il cibo. Po è corpulento e ama mangiare, usando il cibo come ricompensa per gli allenamenti, Shifu è riuscito a scoprire ciò che lo motiva e che quindi lo spinge a migliorarsi. Così come ha fatto Shifu, anche i leader in azienda dovrebbero cercare di capire cosa motiva i propri dipendenti, senza fermarsi alla prima difficoltà. Spesso ciò che consideriamo una nostra area di miglioramento può trasformarsi nel nostro più grande punto di forza.
  • L’ingrediente segreto non esiste: “L’ingrediente segreto è niente. Non esiste un ingrediente segreto. Non serve. Per rendere una cosa speciale devi solo credere che sia speciale” (vedi video sotto). Il padre di Po svela al figlio che la sua zuppa in realtà non contiene nessun ingrediente speciale come invece aveva sempre creduto Po. Questa riflessione lo porterà a prendere consapevolezza del fatto che per essere un vero guerriero non servono poteri speciali, bastava credere in se stesso. Ecco il motivo per cui nella pergamena, che doveva contenere il segreto per essere un vero guerriero, non c’è scritto niente, ma guardando dentro, Po vede solo il suo riflesso. L’ingrediente segreto siamo noi stessi, credere in noi è ciò che fa la differenza. Spesso ci dimentichiamo che il nostro potere è la nostra unicità.
  • Vivere nel presente: “Ti preoccupi troppo di ciò che era e di ciò che sarà; ieri è storia, domani è un mistero ma oggi è un dono. Per questo si chiama presente”. Preoccuparsi troppo di ciò che è stato e ciò che sarà ci distoglie dal vivere nel momento presente, ovvero la nostra unica certezza. Il passato può aiutarci ad imparare dagli errori, il futuro ci permette di fare progetti e migliorare la nostra vita, ma vivere nel qui ed ora ci permette di assaporare la vita in ogni suo aspetto.
  1. INSIDE OUT:

    Nella mente di Riley, una bambina di 11 anni, sono presenti 5 personaggi che rappresentano le emozioni di base della bambina e che l’aiuteranno ad affrontare le sfide e gli ostacoli della vita. Le lezioni che si possono apprendere dal film sono:

  • Tutte le emozioni sono necessarie: Gioia è il personaggio che ha assunto il ruolo di leader, coordina tutti gli altri e vuole avere il controllo su tutto e tutti. È così convinta di essere l’unica a poter mantenere uno stato di benessere in Riley da non accorgersi del valore che tutte le altre emozioni potevano portare per garantire la sopravvivenza e il benessere emotivo della bambina, in particolare della tristezza. Fin da piccoli siamo portati a ricercare la felicità evitando il più possibile la tristezza. Spesso durante il film, Gioia cerca di allontanare Tristezza dalla “postazione di comando” per evitare che Riley sperimenti quell’emozione. Solo alla fine del film capirà che Tristezza è necessaria nella vita della bambina e solo lei potrà salvare la situazione critica che si era creata. La tristezza infatti è stata una delle ragioni principali per cui Riley è stata felice per tutto quel tempo, assume quindi una funzione adattativa. Ogni emozione è fondamentale in un preciso momento della vita e ci aiuta a preparaci e proteggerci da una minaccia diversa.
  • Non puoi gestire tutto da solo: Gioia pensa di riuscire ad avere sempre tutto sotto controllo, ma nel momento in cui per uno sfortunato incidente viene trasportata fuori dal “centro di comando” le altre emozioni si trovano spiazzate e non sanno come gestire il lavoro. Senza di lei si sentono perse perché il messaggio che Gioia ha sempre trasmesso è che solo la sua presenza fosse fondamentale per la vita di Riley. Solamente quando Tristezza riuscirà a riportare a casa Riley e riunire la famiglia capirà che la persona migliore per gestire la situazione non è lei, ma Tristezza. La collaborazione tra i personaggi è la strategia vincente per aiutare Riley ad affrontare la vita. Le emozioni sono come un team di lavoro, ognuno ha il suo ruolo, ognuno ha i suoi strumenti e i suoi obiettivi, ma solo lavorando insieme e valorizzando le differenze di ciascuno si raggiungono i risultati migliori. Un buon leader sa di non essere sempre la persona adatta per risolvere ogni problema, per questo ha bisogno di un team di esperti che sappiano affrontare diverse tipologie di situazioni.
  • Le emozioni sono importanti per prendere le decisioni: siamo abituati a pensare che le migliori decisioni vengano prese razionalmente, lasciando fuori le emozioni. Invece, le emozioni sono essenziali nel processo decisionale. Non sono un ostacolo, ma rappresentano delle sentinelle che ci consentono di connetterci con noi stessi e fare scelte che ci facciano stare bene.
  1. COCO:

    racconta la storia di Miguel un bambino messicano che ama cantare e suonare la chitarra. Miguel vive in un paesino insieme alla sua famiglia di calzolai sulla quale aleggia una sorta di maledizione per la quale la musica è stata totalmente bandita. Per rincorrere il suo sogno si ritroverà a vivere numerose avventure nel regno dei morti, dove conoscerà i suoi vecchi parenti. Quello che possiamo imparare da questo film è:

  • Insegui il tuo sogno: Miguel ama fare musica, ma la sua famiglia vorrebbe che lui diventasse calzolaio come loro. Il bambino però sente di dover seguire il suo sogno e cercherà in ogni modo di realizzarlo senza aver paura di deludere le aspettative di chi ci vuole bene. A volte ci lasciamo condizionare da chi ci circonda su cosa sia meglio per noi, senza darci la possibilità di ascoltarci veramente per capire quale sia la nostra direzione. Questo può capitare ad esempio nella scelta del lavoro, amiamo fare qualcosa, ma scegliamo ciò che ci rende più sicuri e allo stesso tempo meno felici.
  • I grandi leader si assumono la responsabilità: Hector, il trisavolo di Miguel si è reso conto di aver commesso un grave errore durante la sua vita, ovvero aver scelto una vita da musicista lontano dalla sua famiglia. Dopo aver compreso di essere stato l’unico responsabile di questa scelta e aver capito quali fossero state le conseguenze delle sue azioni sulle persone che gli volevano bene, decide di chiedere scusa a chi aveva ferito. A volte ammettere i propri errori con umiltà può cambiare la situazione, come è successo tra Hector e la sua sposa Imelda. I grandi leader sanno che le proprie scelte hanno delle conseguenze e sono disposti a convivere con esse.
  • Lasciati ispirare: nonostante nella famiglia di Miguel non ci fosse nessuno capace di ispirarlo nelle sue attività musicali, il bambino non ha abbandonato il suo sogno e ha trovato una figura di riferimento dalla quale prendere spunto: Ernesto de la Cruz. Grazie ai suoi film e alla sua musica ha studiato ed è diventato esperto nel suo campo. Trovare una figura d’ispirazione può essere utile per iniziare il primo passo verso il proprio obiettivo. Dovremmo tutti cercare di essere di ispirazione per gli altri diventando la migliore versione di noi stessi.

imparare dai film d'animazione

  1. ONWARD:

    racconta l’avventura di due fratelli, Ian e suo fratello maggiore Barley, che vivono in un mondo magico e sono alla ricerca di una particolare gemma che gli consentirà di far tornare in vita il padre per un giorno. Il film è ricco di significati, vediamone alcuni:

  • La magia è fiducia: Ian scopre di essere uno stregone, ma è molto intimorito e ha poca fiducia in se stesso, quindi non riesce facilmente a far funzionare gli incantesimi che prova. Solo con la guida del fratello, che lo aiuterà a credere nelle proprie capacità, Ian riuscirà a sbloccarsi diventando bravo ad utilizzare la magia. La magia, come la fiducia è qualcosa che si apprende con il tempo ed è molto facile dissiparla, ma grazie al suo potere può essere un valido aiuto per risolvere ogni tipo di problema.
  • Ognuno ha i suoi poteri: Quando Barley ha provato a prendere in mano il bastone magico e formulare l’incantesimo non è successo niente. Quindi i due fratelli hanno pensato che fosse rotto. Dopo un po’ Ian ha fatto la stessa cosa, ma il bastone si è illuminato e lui è riuscito a fare la magia desiderata. Barley non aveva le giuste competenze, mentre Ian sì. Ognuno di noi ha dei punti di forza che gli consentono di svolgere efficacemente determinati compiti. Le competenze di Barley erano altre, il suo ruolo era quello di guidare il fratello grazie alla sua conoscenza della storia della magia. Ognuno di noi è diverso, ma allo stesso tempo essenziale. Spesso siamo convinti che tutti debbano sapere fare tutto, ma non è così. Abbiamo tutti abilità diverse e ognuno contribuisce al risultato con un ruolo diverso, è proprio questa la ricchezza del lavoro di squadra.
  • Ritrovare se stessi: per Ian il viaggio è stato utile per scoprire se stesso e le sue competenze e per superare le sue insicurezze. Per un altro personaggio, la Manticora, il viaggio è servito a ri-scoprire se stessa. Dopo molti anni in cui ha represso la sua natura, nascondendosi dietro un’immagine che non le apparteneva, con l’aiuto dei protagonisti riesce finalmente a ricordare chi era e ciò che la faceva stare bene, ritornando a vivere una vita che sente sua nonostante gli ostacoli che dovrà incontrare. A volte nella vita e nel lavoro può capitare di perdersi e allontanarsi da ciò che ci motiva e ci permette di vivere in modo soddisfacente. L’importante è rendersene conto e sapere che noi siamo gli attori della nostra vita, noi possiamo cambiare le cose e scrivere il nostro percorso.

 I film d’animazione possono rendere semplici dei concetti difficili, fanno ragionare e allo stesso tempo divertire. Quando ci si diverte si è aperti all’apprendimento e si è più propensi ad accogliere il cambiamento. Utilizzare questa tipologia di film nella formazione risulta molto efficace, proprio come succede nel caso di utilizzo di tecniche di gamification. Il film d’animazione e il gioco sono generatori di esperienze trasformative e il più delle volte generano l’esperienza di Flow, e come sappiamo, quando sperimentiamo il Flow siamo all’apice delle nostre prestazioni. In questo modo l’apprendimento risulta super efficace.

Ti vengono in mente altri insegnamenti di leadership nei film d’animazione che possano stimolare interessanti riflessioni? Scrivilo nei commenti.

 

Sara Cascio

Proseguiamo il nostro viaggio nel mondo cinematografico per scovare le lezioni di leadership (clicca qui per la prima parte) dai film con un altro film di successo, che ci aiuta a cogliere la differenza tra un leader evoluto e un pessimo leader:

 

Il Gladiatore

Numerose anche in questo caso le lezioni di leadership che possiamo apprendere:

  1. Usa l’autorevolezza non l’autorità. Nel film i due protagonisti principali sono Commodo che è l’imperatore e Massimo il generale romano diventato schiavo e gladiatore. Uno è il capo supremo di tutta Roma, con un potere immenso, che usa la sua posizione per comandare e guidare. Le persone lo seguono solo per la sua posizione, i benefici che può concedere o il timore di ritorsioni che potrebbe infliggere loro. La maggior parte delle persone lo segue per paura piuttosto che per lealtà. Senza la sua posizione non lo avrebbero mai seguito. Massimo, d’altra parte, non ha una posizione formale, è solo un gladiatore. Eppure, anche tra gli altri gladiatori è chiaramente il capo, gli altri lo seguono nel rispetto delle sue capacità, del suo onore, della sua autenticità. È fidato e rispettato.
  2. Guida con l’esempio. il film si apre con il personaggio di Russell Crowe, Maximus, sull’orlo di una battaglia mortale con i suoi soldati contro un nemico determinato. Fa un discorso commovente per motivare gli uomini, ma la visuale di Massimo che galoppa a cavallo ruggendo “Tieni la linea! Resta con me!” mentre guida le sue truppe in battaglia, chiarisce che Massimo non avrebbe mai chiesto ai suoi uomini di correre un rischio che non era disposto a correre lui stesso. Commodo, invece, si presenta intenzionalmente dopo che la battaglia è stata vinta e non c’è più alcun pericolo. Si finge sorpreso: “Mi sono perso? Ho perso la battaglia?“.
  3. Lavora per l’organizzazione non per te stesso. Dopo la sua vittoria finale, quando Marco Aurelio gli chiese: “Come posso premiare il più grande generale di Roma?” Massimo risponde semplicemente: “Lasciami andare a casa“. L’imperatore risponde: “C’è un altro dovere che ti chiedo prima di tornare a casa. Voglio che tu diventi il ​​protettore di Roma dopo la mia morte… accetterai questo grande onore che ti ho offerto?” Dopo una pausa pensierosa Massimo risponde: “Con tutto il cuore, no“. Marco Aurelio prende delicatamente il viso di Massimo tra le mani, lo guarda profondamente negli occhi come farebbe un padre amorevole con il suo figlio prediletto e dice: “Massimo, ecco perché devi essere tu“. I grandi leader assumono il ruolo di leader quando credono che sia ciò che è meglio per l’organizzazione. Non è ciò che è meglio per sé stessi. Paradossalmente non cercano di essere il capo, sono riluttanti al potere perché riconoscono che la posizione di leadership è al tempo stesso un privilegio e un peso. Commodo brama il potere, fa politica, trama, manovra le persone solo per raggiungere il vertice e solo per sé stesso.
  4. Il team è più forte dell’individuo. Massimo alla prima battaglia nel colosseo dice al suo gruppo di gladiatori: “Qualunque cosa venga fuori, abbiamo maggiori possibilità di sopravvivenza se lavoriamo insieme“. Le parole chiave qui sono “lavorare insieme”. In diverse scene organizza i suoi uomini sul campo di battaglia, dice loro quando attaccare e quando mettersi al riparo. A un certo punto, devono sconfiggere nemici più equipaggiati di loro. I nemici avversari viaggiano su carri, hanno molte più armi e un ingiusto vantaggio nei confronti di Massimo e della sua squadra. Ciò non ferma la sua capacità di leadership. Ecco la potente lezione: non abbiamo sempre bisogno di più risorse, ma dobbiamo imparare a diventare più intraprendenti. Non abbiamo bisogno di più strumenti, abbiamo semplicemente bisogno di sviluppare di più le nostre capacità interne. L’efficacia di un leader sta anche nella sua capacità di prendere le risorse, prendere tutto ciò che gli è stato dato e trasformarle in un capolavoro. Non concentrarti sulle risorse che non hai, ma concentrati sul diventare più intraprendente con ciò che hai. Non puoi farcela da solo. Ci vuole una squadra per superare gli ostacoli, battere la concorrenza e ottenere risultati sorprendenti. Puoi assicurarti successo e importanza solo quando hai sviluppato la tua squadra verso la grandezza.

Coach Carter

Anche questo film narra una storia collegata con lo sport, vengono narrate le vicende di Coach Carter, un allenatore di pallacanestro che deve guidare una squadra di ragazzi nello sport come nella vita.

  • La leadership non è una gara di popolarità. L’allenatore Carter vuole cambiare la vita delle persone nella squadra di basket e crede di conoscere l’approccio migliore per farlo. Inizialmente questo non lo rende popolare tra i giocatori poiché chiede loro di firmare contratti sul loro comportamento come giocatori, studenti e uomini. Ma sa che è nel loro interesse e alla fine lo avrebbero ringraziato. In quanto leader, uno dei nostri ruoli è quello di guidare il cambiamento e il miglioramento, spesso ciò comporta il cambiamento della cultura. Le persone sono spesso resistenti a questo tipo di cambiamento e, mentre cerchiamo di portare avanti le nostre idee, questo può renderci impopolari. Ma dobbiamo mantenere la rotta, non dovremmo mai cercare di sottrarci al compito o diluire ciò che stiamo cercando di ottenere solo per essere popolari.
  • Dobbiamo spingere le persone fuori dalla loro zona di comfort. la squadra ha il talento, ma non ha la capacità di utilizzarlo al meglio. Aumentando significativamente la propria forma fisica migliorano il record di 4 vittorie e 20 sconfitte, nella stagione precedente, fino a rimanere quasi imbattuti nella stagione successiva. Ciò ha richiesto loro di allenarsi più duramente di quanto non si fossero allenati prima, di lasciare le loro vecchie zone di comfort e crearne di nuove. Per portare le persone al livello successivo, abbiamo bisogno che escano dalle loro zone di comfort. Quando le persone rimangono nelle loro zone di comfort, manteniamo lo status quo.
  • Le persone possono ottenere molto di più se riusciamo a creare la giusta convinzione. L’allenatore Carter crede che con la giusta istruzione i suoi giocatori sarebbero stati in grado di sfruttare i loro talenti nel basket per ottenere borse di studio per andare al college. Questo può dare ai suoi giocatori la possibilità di una vita migliore. Il suo obiettivo è quello di creare questo desiderio, mostrare cosa possono diventare e poi come poterlo realizzare. Come leader dobbiamo aiutare le persone a raggiungere il loro pieno potenziale, anche quando questo non è pienamente visibile. Dobbiamo creare il desiderio, stabilire gli obiettivi, mostrare la strada e quindi aiutare a creare la convinzione nel team che sia possibile raggiungerli e quindi supportarli nel loro viaggio.
  • I leader devono prendere posizione. L’allenatore Carter crede che i suoi giocatori siano studenti e atleti, l’enfasi è però sullo studente prima di tutto. Quindi, quando i suoi studenti non riescono a raggiungere i livelli accademici che hanno concordato, annulla gli allenamenti e le partite di basket finché non raggiungono il livello richiesto. Questo crea un conflitto tra lui, i giocatori, i loro genitori e il consiglio scolastico, ma anche lui mantiene la sua posizione, impegnato in ciò in cui crede. La leadership può spesso richiederci di prendere una posizione, di sostenere le nostre convinzioni anche di fronte alle crescenti critiche, anche se potremmo essere una minoranza. Dobbiamo difendere le nostre convinzioni, essere fedeli ai nostri valori. La leadership non è mai stata pensata per essere facile e spesso richiede il coraggio delle nostre convinzioni per farcela.

Patch Adams

Quando si tratta di leader, è difficile trovarne uno paragonabile a Patch Adams. Aveva i suoi difetti come tutti i leader, ma le sue eccezionali qualità di leadership li oscurano nella maggior parte delle situazioni.  Ecco alcune delle lezioni di leadership che possiamo trarre dal film che narra la sua vita:

  1. Sii compassionevole. Le sue parole quando parla del suo approccio sono significative: “Quando curi una malattia, puoi vincere o puoi perdere. Quando curi le persone, ti garantisco, che tu vincerai, non importa quale sia il risultato.” La compassione alla fine conquista i cuori. La lezione per i leader viene proprio da questo aspetto, non occuparti di risultati e di numeri, occupati delle persone, prenditi cura di loro e falle star bene, in questo modo vincerai sempre. Le persone sono al centro di tutto dimostrare comprensione e compassione per loro le conquista.
  2. Scopri la tua vera missione. Patch Adams rielabora l’essenza del proprio lavoro e del proprio scopo e la presenta attraverso delle parole molto profonde: “Il lavoro del medico è aumentare la qualità della vita non semplicemente ritardare la morte”. Tutti noi possiamo riscoprire l’essenza profonda del nostro lavoro creando un senso di scopo e riuscendo a scoprire il nostro contributo verso un mondo migliore. Riuscire a trasmettere una mission profonda ai propri collaboratori è fondamentale per un leader che voglia ispirare e motivare.
  3. L’humor è l’antidoto per tutti i mali. L’allegria e il senso dello humor facilitano le nostre esperienze migliori: “L’humour è l’antidoto per tutti i mali. Credo che il divertimento sia importante quanto l’amore. Alla fin fine, quando si chiede alla gente che cosa piaccia loro della vita, quello che conta è il divertimento che provano, che si tratti di corse di automobili, di ballare, di giardinaggio, di golf, di scrivere libri. La vita è un tale miracolo ed è così bello essere vivi che mi chiedo perché qualcuno possa sprecare un solo minuto! Il riso è la medicina migliore.” Un buon leader apprezza la leggerezza in quello che fa, non è serioso e riesce a trasferire il buon umore in chi ha attorno. E’ consapevole che chi possiede la leggerezza di sorridere dei propri problemi, possiede anche la capacità di poterli risolvere.
  4. Guarda quello che gli altri ignorano. Patch è capace di guardare oltre le apparenze di comprendere il suo interlocutore oltre i pregiudizi e il conformismo. “Guarda quello che nessun altro vede. Guarda quello che ognuno sceglie di non vedere… al di fuori delle paure, del conformismo e della pigrizia. Elevati dalla mediocrità.” Un buon leader sa riconoscere i particolari importanti, sospende il giudizio, apre la mente alla comprensione del proprio interlocutore, accoglie le idee innovative anche se stravaganti.

L’attimo Fuggente

L’incomparabile Robin Williams impersona lo stravagante professor Keating in uno dei film di maggior ispirazione e motivazione. Cosa può apprendere un leader? Ecco le lezioni di leadership che abbiamo elaborato:

  1. Non è chi sei, ma cosa fai che ti definisce. Keating trasmette questo messaggio ai suoi studenti perché non vuole che siano trattenuti da idee preconcette. Non si tratta di razza, sesso, età o persino esperienza. Le persone sono misurate da ciò che realizzano. Keating incoraggia l’azione da parte dei suoi studenti. Vuole che perseguano incessantemente le loro passioni. E proprio questo è quello che ogni leader dovrebbe volere per il proprio team. Far diventare il lavoro quotidiano piacevole e divertente, qualcosa di molto simile ad una passione. L’agire fa la differenza, perché solo vivendo situazioni ed esperienze si procede nel percorso di crescita.
  2. Agisci come se non avessi nulla da perdere. Gli studenti di Keating sono giovani ragazzi con la vita di fronte a loro, ma li incoraggia all’assunzione di rischi. Spinge i suoi studenti a muoversi al di fuori dei loro livelli di comfort. Cerca costantemente di dimostrare che la cosa peggiore che può accadere in realtà non è poi così male. E attraverso il suo incoraggiamento, i ragazzi scoprono di essere capaci di molto più di quanto pensassero possibile. Il leader dovrebbe essere capace di pensare che le sue persone siano capaci di fare di più di quello che già fanno oggi. Agevola l’assunzione di rischi e concede la possibilità di sbagliare, ed è proprio in questo modo che libera il loro potenziale.
  3. Modifica la prospettiva. Keating dice ai suoi studenti che quando si pensa di aver capito qualcosa, è il momento di guardarlo da una nuova prospettiva. Incoraggia il pensiero indipendente: “Ci teniamo tutti ad essere accettati ma dovete credere che i vostri pensieri siano unici e vostri, anche se ad altri sembrano strani ed impopolari. Come ha detto Frost: Due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta, ed è per questo che sono diverso“. Vuole che i suoi studenti evitino il conformismo. Il leader lavora in organizzazioni che hanno la loro cultura e dove c’è un modo consolidato di fare le cose, e forse, un modo di pensare consolidato. Se vuole davvero sfondare lo status quo, deve far sì che la sua gente pensi in modi nuovi e innovativi. Deve farli guardare le cose da una nuova prospettiva.
  4. Carpe diem: cogli l’attimo.Cogli l’attimo, cogli la rosa quand’è il momento”… Perché il poeta usa questi versi? …perché siamo cibo per i vermi, ragazzi…” Va bene parlare e sognare, ma alla fine è l’azione che ci permetterà di afferrare il successo. È necessario incoraggiare l’azione nelle persone. Tutte le conversazioni, la pianificazione e le strategie non ci porteranno da nessuna parte a meno che non vengano generate azioni concrete. Un buon leader incoraggia le persone a orientarsi all’azione. Non è importante che questo le porterà a commettere più errori o a sostenere sforzi senza risultati immediati, perché agendo stanno facendo accadere qualcosa. Il tempo che sprechiamo oggi è sparito per sempre.

Invictus

Invictus ci racconta le gesta della squadra di rugby sudafricana per la Coppa del Mondo e la visione di un paese culturalmente unificato, vista da Nelson Mandela (Morgan Freeman) e Francois Pienaar (Matt Damon), che, come presidente e capitano della squadra di rugby, hanno lavorato insieme per la squadra e in definitiva per la nazione. Ecco le lezioni di leadership individuate all’interno del film:

  1. Guida con l’esempio. Una delle frasi più significative di Nelson Mandela è “Se io non so cambiare quando le circostanze lo impongono come posso chiedere agli altri di cambiare?”. Se all’odio e all’incomprensione si reagisce ricambiandoli come si può interrompere l’escalation? Mandela guida attraverso l’esempio e fa partire il cambiamento proprio da sé stesso. Un leader che vuole interrompere un circolo vizioso che porta all’inefficienza deve essere in grado di essere il primo a cambiare.
  2. Unisci le persone anziché dividerle. Mandela quando si fa riferimento alla sua famiglia dice “La mia famiglia è composta da 42 milioni di persone” e nessuno deve rimanere indietro, la sua visione è inclusiva, aggregante, non ammette distinzioni e discriminazioni. È volta a ispirare tutta la popolazione e la squadra di rugby ne diventa il simbolo. Quanto più un leader è capace di creare una visione ampia che unisce tutti i membri dell’organizzazione tanto più avrà persone capaci di impegnarsi e spendersi per arrivare al successo.
  3. Lascia andare il passato. Mandela capisce che se vuole avere successo nel suo piano di riunificazione del Sudafrica deve fare la pace con il passato, lasciar andare tutti i torti subiti e perdonare il proprio interlocutore, questa forza morale viene riconosciuta da Pienaar che durante la visita a State Island dice “Come si fa a passare 30 anni in una piccola cella e uscirne pronto a perdonare chi ti ci ha rinchiuso.”. Lasciar andare il passato è fondamentale se si vuole costruire un futuro nuovo. L’odio per i torti o le ingiustizie subite e l’utilizzo del proprio potere per vendicarsi non aiuterà un leader ad avere successo.
  4. Abbraccia il rischio. Mandela è consapevole che il suo ruolo comporta anche l’assunzione di rischi e responsabilità e riconosce il coraggio come una delle sue caratteristiche vincenti: “Il giorno in cui avrò paura di rischiare, non sarò più adatto a fare il leader.” Inevitabilmente quando parliamo di trasformazione si parla di rischio ed errore. Una cultura aziendale incentrata sul controllo e sulla sicurezza porta sicuramente a privilegiare concetti e comportamenti legati alla stabilità, alla pianificazione e all’organizzazione. In questo contesto si teme il rischio perché si finisce per confonderlo con il pericolo. Il ruolo del leader è quello di vigilare sul rischio e trasformarlo in opportunità. Bisogna ricordarsi che solo dove c’è rischio c’è rendimento.

Il nostro viaggio tra i film ispiratori di lezioni di leadership finisce qui, e proprio qui parte il vostro. La sfida è trovare altri esempi di film che guidino in una comprensione più approfondita del ruolo del leader.

Ti chiedo di aggiungere qui di seguito tra i commenti qualche altro film che reputi significativo in materia di leadership, magari citandone la lezione imparata.

Si può imparare poco sulla leadership da un manuale o da un istruttore che ti indichi cosa fare per essere un buon leader, la leadership si impara dall’esperienza, dal vivere situazioni particolari, entrare in contatto con persone speciali. Tutto questo succede anche quando ci guardiamo un film. Ci caliamo nel ruolo del personaggio, viviamo con lui esperienze entusiasmanti e condividiamo scelte e decisioni. I film, quindi, sono palestre di addestramento per la leadership e da buon cinefilo mi soffermo spesso a riflettere sulle lezioni di leadership dei film. In questo articolo passerò in rassegna i miei preferiti, ma sono già consapevole che non potrò prendere in considerazione tutte le innumerevoli lezioni di leadership dei film. Mi affido al lettore per integrare nei commenti ciò che non ho incluso nella seguente lista.

Partiamo subito con uno dei miei film preferiti in ambito di leadership, e il fatto che narri una storia realmente accaduta non fa altro che rinforzare le lezioni che possiamo cogliere:

Apollo 13

La figura molto interessante del film è il direttore della Nasa Gene Kranz, un leader che è capace di trasformare un fallimento in un successo. Le 4 lezioni che possiamo apprendere sono le seguenti:

  • Risolvi il problema. Kranz parte dal presupposto che ogni problema ha una soluzione, la metodocità nell’affrontarli fa la differenza. E’ necessario smettere di preoccuparsi di ciò che non funziona e focalizzarsi nel trovare soluzioni. Una volta compreso il problema, bisogna concentrarsi nel rispondere a queste domande: cosa è possibile fare? Quali sono le variabili fuori dal controllo? Dove è possibile ottenere aiuto.
  • Non arrenderti al fallimento. “Non abbiamo mai perso un americano nello spazio, siamo sicuri che (diamine) non ne perderemo uno sotto il mio controllo!” Kranz non considera Il fallimento come un’opzione. E’ importante mantenere tenacia e resilienza.
  • Usa la creatività.  “Non mi interessa per cosa sia stato progettato. Mi interessa cosa possiamo fare per farlo atterrare”. Kranz chiede agli scienziati della NASA di andare fuori dagli schemi, di utilizzare la loro intelligenza fluida e di essere creativi nella risoluzione dei problemi. Abbattere i pregiudizi e rimodellare la realtà è una caratteristica fondamentale per un leader.
  • Dietro ad ogni fallimento si nasconde un successo. Quando viene prospettato che la situazione potrebbe portare al peggior disastro nella storia della NASA, Kranz interrompe il suo superiore con queste parole: “Con tutto il rispetto, signore, penso che questa sarà la nostra ora migliore.”  Un messaggio di ottimismo e di consapevolezza che il leader è tale quando riesce a navigare con il mare in burrasca, e dà il meglio di sé tra le difficoltà. Il modo in cui affronti le avversità avrà un grande impatto sulle altre persone e sarà capace di generare fiducia e ottimismo.

Erin Brokovich – Forte come la verità.

Altro film ispirato da una storia vera, narra la storia di colei che è diventata un’eroina dei nostri giorni. Madre di tre bambini, con due divorzi alle spalle, Erin Brockovich (Julia Roberts) è alle strette: vittima di un incidente automobilistico, la situazione peggiora quando non riesce ad ottenere nessun risarcimento. Ormai disperata, chiede di essere assunta dal suo avvocato e ottiene il posto. Ecco le lezioni che possiamo ricavare:

  • La conoscenza non è tutto. Erin non è un avvocato, non ha studiato il diritto, non è esperta di cause legali ma il coraggio delle proprie convinzioni la portano a ribaltare i rapporti di forza tra una multinazionale e un piccolo studio di avvocati. Un leader può provenire da esperienze anche al di fuori di quelle tradizionali ed Erin ne è un preciso esempio, ha maturato la sua esperienza e rinforzato il suo carattere attraverso le numerose avversità affrontate nella vita.
  • Capacità di persuasione. La fermezza nelle proprie convinzioni e il costante impegno nell’argomentare la propria posizione, non accontentandosi di un no come risposta, portano Erina a risvegliare le coscienze sociali degli abitanti della cittadina di Hinkley. Un leader non si accontenta della prima risposta negativa, trova alternative, modifica il proprio approccio e fa della tenacia la sua arma principale nell’ispirare le persone.
  • La motivazione principale che muove Erin è l’empatia nei confronti dei propri clienti. Questi sono sempre visti come esseri umani, con emozioni ed esigenze concrete non come numeri. Comprendere e apprezzare le emozioni dei propri interlocutori sono le qualità di un leader compassionevole e fanno in modo che le persone si sentano al centro delle scelte e delle decisioni.
  • Leadership femminile. Erin è un esempio di come sia possibile rompere il muro di gomma che frena i percorsi di crescita delle donne e le allontana da incarichi di vertice. Il suo stile di leadership guida le decisioni del suo capo e rivela gli stereotipi e i pregiudizi presenti nel mondo lavorativo tradizionale.

42 – La vera storia di una leggenda americana

In 42 , il direttore generale dei Brooklyn Dodgers Branch Rickey (interpretato da Harrison Ford) infrange la “barriera del colore” non ufficiale della Major League Baseball ingaggiando Robinson (Chadwick Boseman). Scatena una valanga di resistenza all’interno della sua squadra e in tutto lo sport.  A parte gli ovvi temi della disuguaglianza razziale, 42 affronta principalmente la sfida di ispirare e guidare il cambiamento:

  • Il cambiamento richiede visione. Rickey è un visionario che sfrutta il mutato ambiente del dopoguerra per guidare il cambiamento sociale. Non c’è nulla di casuale nel suo approccio: non si imbatte semplicemente in un eccezionale giocatore di colore e decide spontaneamente di assumerlo. Al contrario, è una visione consapevole sfidare la regola non scritta della “barriera del colore” e infrangere le convenzioni. “Non so chi sia, o dove sia, ma sta arrivando”, dice ai suoi consiglieri.
  • Il cambiamento richiede sacrificio. Rickey sa che incontrerà un’ondata di resistenza. “Siamo una nave senza capitano, e sta arrivando un tifone“, dice al suo amico Bert quando lo convince a essere il loro nuovo manager. Per Robinson, il prezzo di un colpo al suo sogno è un assalto alla sua dignità personale. “Voglio un giocatore che ha il coraggio di non reagire“, gli dice Rickey durante il suo colloquio di reclutamento. “Vinceremo se convinciamo il mondo di due cose: che sei un bravo gentiluomo e un grande giocatore di baseball”. Robinson deve superare una serie di ostacoli, molti dei quali riguardano anche i suoi compagni di squadra: arbitri che barano, tifosi arrabbiati, abusi razzisti  da parte degli avversari, tattiche intimidatorie da parte dei lanciatori, squadre avversarie che minacciano di non scendere in campo, persino un direttore d’albergo che si rifiuta di lascia che la squadra rimanga. Ogni volta deve porgere l’altra guancia.
  • Il cambiamento riguarda spesso l’identità. Il sacrificio non è sempre tangibile, ma piuttosto un cambiamento nel modo in cui una persona vede il mondo o se stessa. In 42 , come per la maggior parte dei cambiamenti, gruppi diversi mostrano atteggiamenti diversi. Alcuni lo accolgono. Per coloro che lottano, è perché l’arrivo di Robinson sfida il loro senso di appartenenza e la loro identità personale. “Tu non appartieni a questo ambiente“, viene costantemente detto a Robinson. Un compagno di squadra si rifiuta di giocare con lui perché “i suoi amici a casa non lo perdonerebbero mai”. Il suo senso di appartenenza alla sua comunità di origine è un legame più forte di quello della sua squadra attuale.
  • Il cambiamento richiede coraggio personale. Di fronte all’opposizione, il cambiamento richiede coraggio personale e capacità di convivere con il disagio. In una scena memorabile (che puoi guardare qui sotto), il moderato compagno di squadra di Robinson, Pee Wee Reese, dice a Rickey che non può giocare la prossima partita a Cincinnati perché ha ricevuto una lettera minatoria. In risposta, Rickey va al suo schedario e tira fuori diverse enormi cartelle piene di minacce di morte contro Jackie Robinson. Fa una dichiarazione potente. “Voglio solo giocare a baseball“, dice Pee Wee. “Scommetto che anche Jackie vuole solo giocare a palla“, risponde Rickey. Quando Pee Wee si presenta alla partita, fa finta di mettere il braccio intorno alle spalle di Robinson per mostrare alla sua famiglia e ai suoi amici tra la folla cosa rappresenta.
  • Il cambiamento richiede perseveranza. Non sorprende che Rickey e la squadra affrontino pregiudizi ad ogni turno. Nelle parole dell’esperto di cambiamento John Kotter , devono assicurarsi di “non mollare” – spingendo attraverso ogni ostacolo piuttosto che essere deragliati. Tra gli ostacoli che incontrano c’è una ribellione di squadra, in cui un gruppo di giocatori avvia una petizione dicendo che non giocherà al fianco di Robinson. Il loro manager chiarisce che la questione non è in discussione. È anche chiaro che Robinson è solo il primo giocatore di colore di molti e suggerisce di concentrarsi sulla propria prestazione. “A meno che voi ragazzi non prestiate un po’ più di attenzione al vostro lavoro“, dice loro, “vi porteranno fuori dal campo da baseball!”

Moneyball -L’arte di vincere

Anche Moneyball narra una storia realmente accaduta in ambientazione sportiva. Viene rappresentato un profilo di leadership trasformativa. Billy Beane il general manager della squadra di baseball di Oakland affronta una sfida improba, far fronte ad una stagione sportiva con molte aspettative ma con un budget risicato all’osso.  Proprio da questo vincolo stringente parte il segreto del loro successo. Anche in questo caso le lezioni di leadership da apprendere sono diverse:

  • Riconosci il vero valore delle persone. Invece che affidarsi all’esperienza e all’intuizione degli osservatori, Beane seleziona giocatori basandosi quasi esclusivamente sulla OBP, ossia la percentuale che indica il numero delle volte in cui il giocatore conquista una base senza aiuto di penalità. Trovando giocatori con un’alta OBP, ma con caratteristiche che hanno portato gli osservatori a scartarli, Brand riesce a mettere insieme una squadra con molto più potenziale rispetto a quanto le casse in difficoltà degli Athletics avrebbero permesso. Un buon leader sa riconoscere il talento e ha il coraggio di fare scelte rischiose per valorizzarlo.
  • Fissa la tua strategia. Beane ridefinisce la propria strategia: “I Manager delle squadre di baseball, pensano all’acquisto di buoni giocatori. Il tuo obiettivo non dovrebbe essere quello di acquistare giocatori. Il tuo obiettivo dovrebbe essere quello di acquistare vittorie”. Ridefinire i problemi per trovare nuove soluzioni è una delle lezioni più preziose che chiunque può imparare, del resto se continui a fare le stesse cose, otterrai sempre gli stessi risultati. Beane ha selezionato una strategia che credeva avrebbe funzionato meglio per la sua squadra e ha messo insieme una squadra di giocatori sottovalutati per aiutarlo a vincere con la strategia. Quando un leader fissa la sua strategia non lo fa perché è popolare ma perché è convinto che lo aiuterà ad avere successo.
  • Trova pazienza e perseveranza. All’inizio della nuova stagione gli Athletics non convincono. La tensione tra Beane e l’allenatore Art Howe, già alta a causa di questioni contrattuali, cresce. Howe non rispetta la nuova strategia e non fa giocare i giocatori scelti da Beane e Brand. Beane decide di cedere l’unica stella della squadra per costringere Howe ad impiegare i nuovi acquisti. I risultati deludenti degli Athletics portano i critici, sia all’esterno che all’interno della squadra, a giudicare il nuovo sistema come un triste fallimento. Beane convince il proprietario della squadra a mantenere questo cammino, e alla fine la squadra comincia a dare migliori risultati, arrivando addirittura vincere 20 partite consecutive, record ineguagliato nella storia del baseball.
  • Per ogni problema c’è una soluzione. Nella fase iniziale della stagione Beane allarga la propria visuale: “Non stai risolvendo il problema. Non lo stai nemmeno guardando”. Un buon leader deve identificare il problema fondamentale e quindi concentrarsi sulla sua risoluzione. Semplice in teoria. Tuttavia, non bisogna lasciarsi distrarre dal pensiero a breve termine, pensare a come risolverlo a lungo termine e scomporlo per trovare la soluzione migliore. Beane riesce attraverso le domande giuste per identificarlo: “Qual è il problema? Come possiamo competere con altre squadre? Come vinciamo le partite?

Per questa settimana ci fermiamo qui ma nella seconda parte di questo articolo avremo ancora la possibilità di analizzare le lezioni di leadership dai film Il Gladiatore, Coach Carter, Patch Adams e L’attimo fuggente e Invictus. L’appuntamento è a settimana prossima….

Commenta pure se nei film che abbiamo analizzato trovi ulteriori lezioni che non abbiamo considerato.

Ricoprire un ruolo di leadership non è facile. Spesso si rischia di andare incontro ad almeno uno dei 10 sintomi di una leadership che non funziona. Rendersi conto che ci sono degli aspetti da migliorare è il primo passo verso una leadership efficace.
Vediamo i 10 errori più comuni che, spesso involontariamente, fanno del male al proprio team e alla propria azienda.

1. Difficoltà nella gestione del tempo e delega

I leader che non riescono a gestire il proprio tempo tendono ad accentrare tutto il lavoro su di loro. Percepiscono tutte le attività come urgenti, senza rendersi conto che in questo modo non stanno dando priorità a niente. La conseguenza principale è l’incapacità di delegare ai propri collaboratori alcune di queste attività o fare del micro-management senza lasciar loro lo spazio e la libertà di agire. Un leader di questo tipo tende a subire lo stress derivante dall’incapacità di far fronte alle scadenze e costantemente si lamenta del poco tempo che ha a disposizione

2. Mancanza di intelligenza emotiva

L’intelligenza emotiva è la capacità di un leader di riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle dei propri collaboratori. Quando non comprendiamo le nostre reazioni e non siamo in grado di controllarle, non le riconosciamo nemmeno negli altri. Questa mancanza può essere pericolosa per le dinamiche di un gruppo di lavoro e può generare livelli di coinvolgimento scarsi e turnover elevati, con i relativi costi legati alla ricerca e all’ingresso di nuovo personale. Questo spesso provoca sbalzi emotivi sensibili, con eccesso di rabbia, entusiasmo, pessimismo e incapacità di entrare in empatia con i collaboratori.

3. Mancanza di Feedback

Il feedback è uno strumento prezioso perché ci permette di migliorare continuamente le nostre performance, ma in molte aziende questo si riduce ad un incontro annuale tra capo e collaboratore, senza che questo venga accompagnato da una rilevazione regolare e quotidiana di eventuali problematiche. Oppure viene dato nel modo sbagliato, concentrandosi su un giudizio altamente soggettivo, rimanendo generici e senza entrare nello specifico di cosa effettivamente vada corretto, o ancora, viene dato nel setting e nel momento sbagliato.
Questo vale anche per il feedback di apprezzamento, infatti molti leader danno per scontato che, quando le cose vanno bene, le persone abbiano semplicemente fatto il loro dovere. Saper mettere in evidenza ciò che funziona, tanto quanto quello che va migliorato o modificato, è essenziale per una buona leadership. I leader che hanno difficoltà nel dare i feedback ai propri collaboratori spesso non lo richiedono loro stessi e si lamentano per la mancanza di feedback.

4. Stile autoritario

Un leader autoritario è focalizzato sulle mansioni da svolgere, è controllante, orientato verso il potere, coercitivo e punitivo, ha una mentalità chiusa ed è arbitrario nelle decisioni. È una persona che pretende obbedienza, lealtà e si aspetta che tutti rispettino le regole alla lettera.
Uno stile di leadership autoritaria può essere efficace sul breve periodo, per affrontare una crisi, per dare via ad una svolta, per smuovere collaboratori problematici e in tutte le situazioni di emergenza dove il leader deve dare direttive precise, ma sul lungo periodo questa tipologia di leadership può impattare in modo molto negativo sul clima organizzativo. Un leader autoritario è poco propenso all’ascolto e tende a lamentarsi del fatto che i collaboratori non lo seguono nelle modalità da lui richieste.

5. Ostacolare il cambiamento

I cambiamenti possono spaventare, ma sono essenziali per continuare ad esistere. Uscire dalla propria zona di comfort e aprirsi verso l’esterno è la strategia vincente per rimanere competitivi sul mercato. Molti leader nascondono le proprie insicurezze dietro alla frase tossica “Abbiamo sempre fatto così”. Agire secondo metodi che si sono automatizzati nel corso del tempo è un modo attraverso il quale le persone riconoscono sé stesse e il proprio operato, si identificano in un dato metodo di lavoro e la richiesta di cambiare appare come l’accusa di aver sempre lavorato nel modo sbagliato. Spesso i leader che ostacolano il cambiamento si sentono sotto accusa e considerano il cambiamento un attacco personale e tendono a non vedere le mutate esigenze e aspettative dell’ambiente circostante.

6. Comunicazione non efficace

Un buon leader deve comunicare efficacemente con i propri collaboratori al fine di creare un ambiente di lavoro coinvolgente, sano e basato sulla fiducia. La comunicazione diventa inefficace quando il leader non è assertivo, non espone in modo chiaro gli obiettivi del team o sceglie delle forme comunicative non adatte, che non tengano conto del destinatario, del tempo a disposizione, dell’emotività del messaggio, del grado di interazione necessario e della quantità di dettagli da trasmettere. I leader che non comunicano efficacemente tendono a dare la responsabilità del difetto di comunicazione all’interlocutore e si lamentano per la mancanza di ascolto e comprensione.

7. Mancanza di motivazione e coinvolgimento

I leader demotivati non sono consapevoli delle proprie leve motivazionali e non riescono a trasformare le sfide lavorative in qualcosa di stimolante, di conseguenza non riescono a creare il giusto coinvolgimento nei propri collaboratori. Questi leader trasmettono demotivazione ai propri collaboratori e dimostrano in ogni occasione alti livelli di pessimismo, tendono ad accusare gli altri per la mancanza di coinvolgimento e hanno difficoltà a cogliere opportunità e sfide.

8. La cultura del lamento

Molte volte quando c’è qualche problema, i leader danno la colpa a fattori esterni e pensano di non avere la responsabilità di ciò che accade. Questi pensieri sono tipici della cultura aziendale del lamento, quando capita qualche evento negativo tendono ad incolpare gli altri o trovare una causa che sia esterna. I leader di questo tipo non credono di avere il controllo di ciò che accade e pensano che gli eventi siano il risultato di fattori non gestibili, come il destino e la fortuna. Il lamento diventa una difesa contro le proprie responsabilità e sfocia spesso in attacchi nei confronti dei collaboratori.

9. Sostituirsi ai propri collaboratori

Molte volte i leader tendono a sostituirsi ai propri collaboratori alla prima difficoltà, per mancanza di tempo o perché pensano di aiutarli svolgendo il compito al posto loro. Non ne favoriscono il processo di crescita e non lasciano lo spazio necessario per provare, sbagliare e imparare dai propri errori. Difficilmente i collaboratori di questa tipologia di leader non riescono a diventare loro stessi leader in quanto non sono abituati a prendersi in carico le responsabilità del loro ruolo. Questo approccio può avere come conseguenza la mancanza di percorsi di crescita interna dei people leader, quando è necessario promuovere un leader si preferisce cercarlo all’esterno dell’azienda.

10. Non accettare errori

Creare un contesto in cui l’errore è visto come qualcosa di negativo, porta alla paralisi dell’azienda. I leader che non accettano gli errori creano un clima in cui le persone, per paura, non sperimentano, non sono creative, non provano cose nuove. Tutti cercheranno di rimanere nella loro zona di comfort, perché uscire da questa e portare innovazione è visto come rischioso. Riconosciamo questo approccio quando costantemente vengono ripresi i collaboratori che si assumono dei rischi e commettono degli errori. Si tende a colpevolizzare e non si evidenzia l’apprendimento generato dall’esperienza vissuta.

Hai riconosciuto alcuni di questi sintomi nei leader della tua azienda?
Per aiutarti ad avere una consapevolezza migliore di come viene esercitata la leadership nel tuo contesto lavorativo abbiamo creato un test di autovalutazione che ti permetta di avere una panoramica sul livello di maturità dei vostri people leader.

Clicca quì per compilarlo.

(Seconda parte) Nel precedente articolo abbiamo analizzato la cultura aziendale di Google e il Flow come descritto dal prof. Csikszentmihaly e in particolare ai suoi elementi.  I pilastri della cultura aziendale di Google già affrontati sono stati la cultura dell’innovazione, la strategia Hr dinamica e i Manager come Leader.  Qui di seguito affrontiamo gli altri 4. In corsivo, alla fine della descrizione di ogni pilastro trovi l’analisi relativa agli elementi del Flow connessi.

4) People Analytics

Laszlo Bock, Head of People Operations di Google una volta ha affermato che “People operation” è una combinazione di scienza e risorse umane. Google guarda tutto dal punto di vista dei dati e si approccia anche al funzionamento delle risorse umane in modo scientifico.

Vengono fatte sperimentazione e innovazione in modo costante per trovare il modo migliore per soddisfare i dipendenti e aiutarli a lavorare in modo efficace. Tutto questo viene sviluppato creando strategie per le HR in base ai risultati dell’analisi dei dati.

Gli Analytics di Google tengono conto delle precedenti esperienze e opinioni dei leader, del numero di persone promosse, delle statistiche degli attuali dipendenti, del loro turnover, del rapporto tra manager e dipendenti, ecc. Queste metriche vengono monitorate in periodi di tempo per creare dati trasversali e serie temporali. Attraverso l’analisi di queste basi dati si trovano le correlazioni e gli effetti reciproci in modo da costruire politiche, strategie e nuovi programmi HR che siano in linea con il raggiungimento degli obiettivi.

Laszlo Bock, mentre era Senior Vice President of People Operations (HR) di Google, ha condotto uno studio di ricerca a lungo termine incentrato sullo sviluppo di una comprensione scientifica dell’esperienza lavorativa ed ha definito il DNA dei googler (denominato gDNA).

Obiettivi chiari e misurabili. Monitorare una base dati HR così importante e solida rende molto chiari gli obiettivi in termini di sviluppo delle risorse umane e di rinforzo della cultura aziendale.

Feedback tempestivo. Rilevare costantemente gli indicatori di performance delle Hr e utilizzarli per iniziative concrete permette di ricevere un costante feedback sulla distanza dagli obiettivi.

Unione tra azioni e consapevolezza. Creare strategie e iniziative HR sulla base dei dati permette di aggiungere coerenza ed integrità ai principi e alla cultura di Google.

cultura google

5) Cultura della lode e del riconoscimento

In un’intervista con Tyler Cowen, Eric Schmidt, l’ex CEO di Google, parla dell’importanza dei premi, del riconoscimento e dell’apprezzamento nella produttività dei dipendenti: “Google dava ricompense in denaro esorbitanti, ma le ha gradualmente eliminate in base al feedback dei dipendenti e ha lanciato esperienze di regali. I dipendenti hanno riferito che le esperienze sono state più divertenti, memorabili e personalizzate dei premi in denaro e un’opportunità per vivere la vacanza dei loro sogni.”

Google utilizza anche due tipi specifici di programmi bonus:

  • Spot Bonus che vengono utilizzati per riconoscere comportamenti speciali dei dipendenti da parte dei dirigenti.
  • Peer Bonus che consentono ai dipendenti di riconoscersi a vicenda. Questo è idealmente per valorizzare i comportamenti virtuosi che potrebbero essere stati ignorati dai manager.
  • Bonus “senza nome” dedicati ai team che stanno ottenendo prestazioni esemplari. Il premio sarà spendibile a livello collettivo, ad esempio con una festa o un viaggio di squadra.

Questi premi sono destinati ai dipendenti che sono andati oltre le loro normali mansioni per completare un’attività, ad esempio lavorare ore extra per completare un progetto o risolvere un problema comune.

Motivazione intrinseca. I premi costruiti in questo modo sono un rinforzo al senso di scopo e a rendere piacevole l’esperienza lavorativa e la relazione con i colleghi.

Feedback tempestivo. Il peer bonus consente di valorizzare il feedback dei peers e il riconoscimento delle prestazioni eccellente ovunque siano generate.

Senso di controllo. Premiare chi si impegna a contribuire alla soluzione di problemi comuni sviluppa il senso di ownership dei processi e dei risultati e permette ai googlers di sentirsi protagonisti nel proprio ruolo.

cultura google

6) Elevato rapporto tra spese per il personale e ricavi

Eric Schimdt dice in un’intervista alla CNBC : “Ogni giorno che mi giro, c’è qualche nuovo vantaggio che abbiamo escogitato per i nostri dipendenti. Fa parte della nostra cultura; siamo felici di farlo. E, naturalmente, abbiamo margini lordi per permettercelo. Quindi margini lordi più elevati sono una delle spiegazioni”.

I costi del personale di Google rappresentano circa il 50% delle spese totali, un valore molto elevato rispetto ad altre aziende del settore industriale di Google. Il motivo dell’eccezionale contributo è l’obiettivo di Google di avere le persone migliori nei posti di lavoro giusti e di avere un basso turnover dei dipendenti. Hanno correlato il loro successo direttamente alla soddisfazione dei dipendenti e hanno considerato i loro dipendenti come la loro principale risorsa. Dire che Google ha prodotto risultati eccezionali grazie a questa strategia è un eufemismo: negli ultimi dieci anni Google è andata eccezionalmente bene come prodotto, marchio e luogo di lavoro.

Bilanciamento tra sfida e abilità. Google ha chiaro in mente che il segreto del successo è investire sulle proprie risorse e sulle loro abilità, questo permette di raggiungere sfide inimmaginabili in partenza.

Motivazione intrinseca.  Google è convinta che assumere persone motivate, ingaggiarle e coinvolgerle e farle lavorare in ambienti piacevoli sia la chiave per le prestazioni.

cultura google

7) Elaborazione delle politiche basata sul feedback

In Google i gruppi di risorse per i dipendenti (ERG) forniscono un prezioso feedback sui programmi e sulle politiche per le risorse umane di Google. Attualmente ci sono 13 Employee Resource Group (ERG) con più di 250 capitoli a livello globale.

Google ha anche un rigoroso meccanismo di feedback dei dipendenti chiamato meccanismo Manager Upwards Feedback in cui ai dipendenti viene chiesto di valutare il proprio manager in base alle seguenti domande:

  • Il mio manager mi fornisce un feedback attuabile che mi aiuta a migliorare le mie prestazioni.
  • Il mio manager non “microgestisce” (vale a dire, viene coinvolto in dettagli che dovrebbero essere gestiti ad altri livelli).
  • Il mio manager mostra considerazione per me come persona.
  • Le azioni del mio manager dimostrano che lui/lei apprezza la prospettiva che porto alla squadra, anche se è diversa dalla sua.
  • Il mio manager mantiene il team concentrato sui nostri risultati/consegnabili prioritari.
  • Il mio manager condivide regolarmente le informazioni rilevanti dal suo manager e dai dirigenti senior.
  • Il mio manager ha avuto una discussione significativa con me sullo sviluppo della carriera negli ultimi sei mesi.
  • Il mio manager comunica obiettivi chiari per il nostro team.
  • Il mio manager ha le competenze tecniche (ad es. codifica in Tech, vendita in Global Business, contabilità in Finance) necessarie per gestirmi in modo efficace.
  • Consiglierei il mio manager ad altri Googler.
  • Sono soddisfatto della prestazione complessiva del mio manager come manager.
  • Cosa consiglieresti al tuo manager di continuare a fare?
  • Cosa vorresti cambiare il tuo manager?

Feedback tempestivo. La cultura del feedback di Google fa la differenza e identifica le caratteristiche più importanti per un leader e permette ai collaboratori di poter valutare quanto il proprio responsabile sia in linea con esse.

Perdita della coscienza del sé. I manager di Google sono indirizzati più verso le prestazioni che verso la protezione del proprio status quo. Il feedback è lo strumento per contenere l’ego.

In tema di gDNA è stato organizzato un sondaggio con coinvolti migliaia di dipendenti Google selezionati casualmente. Questi completano il sondaggio gDNA ogni anno. In Google, gli ingegneri software si candidano per la promozione quando si sentono pronti ad assumersi maggiori responsabilità. I dipendenti utilizzano uno strumento chiamato Google Moderator per porre domande e proporre le domande alle quali vogliono avere una risposta. Ogni venerdì, l’azienda tiene una riunione a tutti gli effetti in cui i leader dell’azienda rispondono alle domande più popolari della settimana. I leader utilizzano uno strumento di creazione di grafici chiamato Google-O-Meter per misurare la popolarità dei diversi suggerimenti dei dipendenti. I leader programmano anche “riparazioni” per risolvere problemi grandi e urgenti. I fixit sono sprint di 24 ore in cui i team si concentrano al 100% sulla ricerca di soluzioni a problemi specifici. Hanno anche sondaggi sul coinvolgimento, sondaggi sul polso, moduli anonimi o anche solo una semplice cassetta dei suggerimenti con carta e penna.

Feedback tempestivo. Tutti questi strumenti dimostrano la volontà di far emergere l’opinione delle persone e instaurare un dialogo di feedback costruttivo.

Senso di controllo. Attraverso i meccanismi volti a dare voce a tutti i collaboratori si instaura una cultura proattiva che spinge verso la crescita continua e sviluppa il senso di controllo sul processo.

Conclusione

Larry Page nelle citazioni della home page di Alphabet dice :

“Come Sergey ed io abbiamo scritto nella lettera originale dei fondatori anni fa, “Google non è un’azienda convenzionale. Non intendiamo diventarlo”.

Questa frase sintetizza i 7 pilastri che abbiamo analizzato e ha permesso a Google di gettare basi così solide nell’innovazione dirompente che non hanno bisogno di benchmark esterni per le loro prestazioni. Hanno stabilito i propri standard, studiato i propri dati, letto la mente della propria gente e strutturato le proprie regole per il gioco, per diventare ciò che sono diventati. In sintesi, tutti i giorni i googler sperimentano il Flow e lo stato di massima prestazione proprio perché i 9 elementi del Flow si fondono nel loro approccio innovativo e non convenzionale.