ARTICOLO DEL BLOG:

BUON
BUSINESS

Il titolo completo del libro è “Buon Business – La leadership, il Flow e la creazione del significato” e l’unione di questi 3 elementi è la chiave per dare la possibilità al mondo aziendale di contribuire al miglioramento della società attraverso il raggiungimento della felicità personale

È davvero una bella notizia, una notizia che farà felici gli appassionati di leadership e chiunque voglia intraprendere un business etico e sostenibile. La versione in italiano del libro Buon Business del prof. Csikszentmihalyi è nelle librerie dal 27 Luglio scorso.

Per il sottoscritto e per il team di CapoLeader è il coronamento di un progetto che ci ha impegnati a fondo, che ci darà la possibilità di diffondere la filosofia nella quale crediamo ad una platea molto più importante. Con questo articolo vorrei condividere con te la storia di come Buon Business sia diventato realtà. Prima di farlo però ti voglio spiegare perché, per me e per gli altri membri di CapoLeader, il libro sia così importante.

Il titolo completo del libro è “Buon Business – La leadership, il Flow e la creazione del significato” e l’unione di questi 3 elementi è la chiave per dare la possibilità al mondo aziendale di contribuire al miglioramento della società attraverso il raggiungimento della felicità personale. Comprendere il concetto di Flow ci permette di raggiungere la piena realizzazione del nostro potenziale e di dare significato alla nostra vita.

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Buon Business

LA SCOPERTA DEL FLOW

Personalmente ho scoperto e formalizzato il concetto di Flow all’interno del mio percorso di formazione nel coaching, anche se dal lato pratico la mia vita ne era già molto ricca. Sport, hobby e gioco mi avevano esercitato a sperimentarlo. Era però una conoscenza non consapevole, sapevo viverlo e raggiungerlo, ma mai mi ero fermato a formalizzarlo a livello teorico/scientifico. Per approfondire mi sono soffermato sulla lettura di “Flow. Psicologia dell’esperienza ottimale” e ho colto qualcosa di geniale e arricchente, ma che ancora non sapevo declinare in ambito Business. In questo mi ha aiutato il secondo contatto con il Flow qualche anno più tardi. Nel corso della mia certificazione in qualità di Facilitatore Lego Serious Play mi è stato presentato come teoria scientifica alla base del metodo. “Quando le persone costruiscono con i mattoncini, entrano facilmente nello stato di Flow e questo le porta ad essere più coinvolte, presenti, creative e produttive”. In questa spiegazione avevo catturato il collegamento tra Flow e Business. Vuoi liberare il potenziale di un gruppo di lavoro? Metti le persone in Flow e lasciale agire. Il terzo e definitivo contatto, quello che ha completato la mia visione è avvenuto proprio leggendo Buon Business. Era appena iniziata l’emergenza sanitaria e tutti i miei progetti in presenza erano stati bloccati o posticipati, ero alla ricerca di uno strumento da poter utilizzare durante la pandemia e ho preso contatti con Zad Vecsey uno dei fondatori di Aleas Simulation per valutare Fligby. Zad mi ha suggerito di leggere Buon Business per comprendere la filosofia che stava alla base del gioco. Ovviamente ho provveduto con la versione in inglese e sono rimasto completamente sedotto dalla potenza del contenuto del libro. Si univano i puntini: leadership, flow e creazione del significato; si delineava un modello di leadership completamente innovativo basato su pieno coinvolgimento, sviluppo del potenziale umano, etica e sostenibilità aziendale. La leadership che promuove il Flow è un modello che fornisce un’alternativa al modo tradizionale di gestire gli affari e sposta il focus sulla qualità dell’esperienza lavorativa. Un buon leader deve principalmente preoccuparsi di rimuovere gli ostacoli al Flow e permettere alle proprie persone di esprimersi al meglio e trovare godimento interiore in quello che fanno.

LA STORIA DI UN BUON BUSINESS

Quando ci si innamora di un approccio filosofico e lo si trova vincente si vorrebbe urlarlo al mondo intero per permettere a chiunque abbia l’ambizione di essere leader di poterne trarre giovamento. Immediatamente ho deciso di cercare di mettere a disposizione dei miei clienti una versione in italiano. La cosa, tra l’altro, era possibile già nel 2008 quando il Sole 24 Ore aveva pubblicato la traduzione italiana. Mi sono messo in moto per recuperare quante più copie possibili da condividere con gli altri futuri membri di CapoLeader e con i clienti che apprezzavano l’approccio di Fligby. Le mie speranze sono state gelate velocemente, ho reperito 3 sole copie del formato cartaceo (non era prevista una copia formato Kindle). Ho preso il telefono in mano e ho cercato di sollecitare l’editore a fare qualcosa, ma tutto fu vano, “il libro non risulta di interesse per il pubblico italiano, non prevediamo di fare ristampe….”

Le mie speranze di condividere la leadership che promuove il Flow attraverso il libro sono state facilmente infrante. Dovevo trovare il modo per poterlo ripubblicare. Circa un anno fa è arrivata l’opportunità che stavo cercando. Insieme a Marco Diodato, un altro fervente entusiasta del Flow nel team di CapoLeader, abbiamo organizzato un evento sul Flow e, fornendo la bibliografia ai partecipanti, abbiamo citato Buon Business preavvisandoli che fosse disponibile solo in inglese. È stato così che Teresa Tardia, una coach che partecipava all’evento mi ha preannunciato: “Conosco la persona che fa al caso vostro…. so chi può far uscire il libro nella versione italiana è Michele Riva! Ti do il suo numero vedrai che è interessato”. Ecco ora posso dire; Grazie Teresa!

Michele Riva è il CEO di ROI Edizioni, e allora aveva da qualche mese pubblicato la versione italiana di “Flow psicologia della prestazione ottimale”, il libro che ha portato il Flow alla conoscenza delle masse. Ci ho messo veramente poco ad alzare il telefono e chiamarlo, con la chiara sensazione che ero vicino al tanto ambito risultato. Michele è stato veramente gentilissimo e ha dovuto contenere il mio entusiasmo, “sai Stefano, io nel 2008 lavoravo per il precedente editore e ho curato la precedente edizione, però devo verificare lo stato dei diritti del libro, non so se qualcuno detiene ancora l’esclusiva per l’Italia. Ti faccio sapere.”

Sono rimasto in sospeso una settimana prima di sentirmi dire “ok Stefano, possiamo pubblicarlo! Visto che ci tieni così tanto e che sei così coinvolto con il contenuto del libro potrebbe anche valer la pena che ne scrivessi la prefazione,,,, che ne dici?” Ero completamente in estasi, non stavo nella pelle per l’entusiasmo, non solo ero riuscito a riportarlo in Italia, ma ne avrei scritto la prefazione…. WOW! Ora posso dire grazie Michele! Quando ho comunicato la notizia agli altri membri di CapoLeader il mio entusiasmo è stato veramente contagioso e il morale è andato alle stelle.

Mi sono preso un mese per scrivere la prefazione, in attesa della conferma ufficiale dell’acquisto dei diritti da parte di Roi Edizioni. Questa effettivamente tardava ad arrivare, ma si trattava solo di una formalità, perché avrebbero dovuto rifiutare?  È stato così che, dopo aver ricevuto l’ok da numerosi amici al quale avevo chiesto una mano per scriverla, ho inviato a Michele la prefazione in attesa di conferma. Era il 18 di ottobre, esattamente tre giorni prima che il Prof. Csikszentmihalyi mancasse. La notizia mi ha colpito profondamente. Ora era ancora più importante diffondere in Italia il suo approccio e dare rilevanza al suo ultimo libro, il suo testamento: definire come il mondo degli affari possa contribuire al miglioramento del genere umano e alla felicità individuale.

Ci siamo confrontati subito con Michele ed abbiamo capito perché la conferma alla vendita dei diritti tardava ad arrivare. Ora dovrà darci l’ok uno degli eredi, i tempi potrebbero dilatare. Ed in effetti c’è stato silenzio per diversi mesi….

Mi ero quasi rassegnato a dover aspettare a lungo ed invece nei primi giorni di giugno è arrivata la chiamata di Michele, “ci hanno dato i diritti! Noi ci siamo anche portati avanti, partiamo con la stampa a brevissimo, saremo nelle librerie a Luglio”

Il 27 luglio è uscito in Italia Buon Business e credo che il professore da lassù sia orgoglioso di noi!

Se ti è piaciuta la storia di come siamo riusciti a far uscire Buon Business? ora non ti resta che leggerlo!

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Attraverso esempi concreti e consigli pratici, imparerai a raggiungere il massimo rendimento in ogni ambito della tua vita.

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QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA INCONTRA IL FLOW

Ci sono leader che sanno tutto: strategie, numeri, strumenti. Ma quando si tratta di guidare le persone, spesso inciampano su qualcosa di molto più semplice — e molto più profondo: la consapevolezza di sé.

Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

Negli scorsi articoli ci siamo immersi nel mondo della collaborazione: abbiamo visto com’è fatta, cosa la nutre, come si distingue da quella versione “tutti amici in pausa caffè” che spesso viene confusa con il vero lavoro di squadra.

Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
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I 5 NEMICI INVISIBILI DELLA COLLABORAZIONE

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.

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COLLABORAZIONE ASSENTE? ECCO IL SUO COSTO

Parlare di collaborazione può sembrare una questione “soft”. Una di quelle cose belle da avere, ma non proprio vitali, come la ciliegina sulla torta.
Eppure… quando manca, non è solo la ciliegina a saltare, ma tutta la torta rischia di sbriciolarsi.

Perché quando un team non collabora, l’azienda comincia a perdere. Soldi veri.
E la cosa peggiore è che non si vede subito. Non c’è una fattura con scritto:

“Mese di maggio: -3.000€ per conflitti e silenzi in riunione”
ma il costo c’è. Eccome se c’è.

Vediamo i principali danni che si innescano quando la collaborazione va in crisi, con qualche dato preso da ricerche e fonti autorevoli.

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CAPOLEADER SOSTIENE MAKE-A-WISH

CapoLeader crede che il benessere, la motivazione e il senso profondo di realizzazione – ciò che chiamiamo Flow – non debbano essere un privilegio per pochi.

Per questo abbiamo deciso di donare l’1% del nostro fatturato a Make-A-Wish Italia, l’organizzazione che ogni giorno realizza i desideri di bambini affetti da gravi malattie, restituendo loro speranza, forza e gioia.

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TEAM FLOW: L’ARMONIA CHE FA LA DIFFERENZA

Hai mai vissuto un momento sul lavoro in cui nessuno controlla l’orologio, la chat aziendale è stranamente silenziosa (ma non perché siete tutti su LinkedIn), e le idee viaggiano come palline di ping pong tra colleghi sorridenti?

Ecco: benvenuto nel Team Flow, quel raro ma potentissimo stato in cui il tuo gruppo lavora così bene che potrebbe tranquillamente scrivere un album da Grammy… anche se state facendo una relazione su Excel.

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ESTERNARE
LE PROPRIE EMOZIONI

Questa settimana ci concentriamo sull’importanza di esternare le proprie emozioni dopo un evento negativo e su come questo possa migliorare il nostro benessere generale, sia nella vita personale che professionale.

Eccoci ad un nuovo appuntamento con “La Palestra del Flow“, la nostra rubrica settimanale dedicata a rendere concreti i concetti legati all’essere nello stato di Flow. L’obiettivo è allenarci insieme per imparare a raggiungere il flow nella nostra vita quotidiana, trovando equilibrio e benessere. Questa settimana ci concentriamo sull’importanza di esternare le proprie emozioni dopo un evento negativo e su come questo possa migliorare il nostro benessere generale, sia nella vita personale che professionale.

Tutti noi, prima o poi, ci troviamo ad affrontare momenti difficili nella vita. Che si tratti della perdita di una persona cara, di un fallimento lavorativo o di una delusione amorosa, è normale provare emozioni negative. Spesso, però, tendiamo a trattenere queste emozioni, a nasconderle e a far finta che vada tutto bene, soprattutto in ambito lavorativo. Ma, reprimere ciò che proviamo può fare più male che bene. Esternare le proprie emozioni, invece, può portare molti benefici e aiutare a superare meglio le difficoltà, sia nella vita personale che professionale.

Imparare a gestire e esternare le nostre emozioni in modo efficace è un passo fondamentale per entrare nello stato di flow poichè ci permetterà di affrontare le sfide con una maggiore serenità e forza interiore.

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esternare emozioni

IL RICHIO DI REPRIMERE LE EMOZIONI

Trattenere le emozioni non significa eliminarle. Quando non esprimiamo quello che sentiamo, le emozioni tendono a rimanere dentro di noi, accumulandosi e diventando sempre più forti. Questo può portare a vari problemi, come stress cronico, ansia, depressione, difficoltà a dormire e perfino problemi fisici come mal di testa, pressione alta e disturbi allo stomaco. Inoltre, reprimere le emozioni può causare improvvisi scoppi di rabbia o pianto, difficili da controllare, creando tensioni anche in ambito lavorativo.

PERCHE’ E’ IMPORTANTE ESTERNARE LE EMOZIONI

  1. 1. Riconoscere e Accettare: parlare delle nostre emozioni ci aiuta a riconoscerle e ad accettarle. Accettare che stiamo provando dolore, rabbia o tristezza è il primo passo per poterle affrontare.
    2. Ridurre lo Stress: esprimere ciò che proviamo può ridurre lo stress accumulato. Parlare con un amico, un familiare, un collega di fiducia o un terapeuta può dare un grande sollievo.
    3. Elaborare e Risolvere: condividere i nostri sentimenti ci permette di elaborare l’evento negativo e di trovare soluzioni o nuovi punti di vista. Questo ci aiuta a capire meglio noi stessi e le nostre reazioni.
    4. Ricevere Supporto: esternare le emozioni ci dà la possibilità di ricevere supporto dagli altri. Avere qualcuno che ci ascolta e ci sostiene è fondamentale nei momenti difficili.
    5. Migliorare le Relazioni: essere aperti riguardo ai nostri sentimenti può migliorare la comunicazione e rafforzare le relazioni con gli altri. La sincerità crea fiducia e comprensione reciproca.
    6. Produttività e Ambiente di Lavoro: in un contesto lavorativo, esternare le emozioni in modo appropriato può migliorare la produttività e contribuire a creare un ambiente di lavoro più sereno e collaborativo. I colleghi che comunicano apertamente sono più propensi a risolvere i conflitti e a lavorare meglio insieme.

    Quando reprimiamo le nostre emozioni, spesso non ci rendiamo conto che dietro di esse si nasconde un bisogno non soddisfatto. Prendere del tempo per riflettere su questo aspetto può aiutarci a capire meglio noi stessi e le nostre reazioni. Per esempio, se proviamo rabbia dopo un conflitto con un collega, potrebbe essere che il nostro bisogno di riconoscimento non sia stato soddisfatto. Analizzare questi bisogni nascosti ci permette di affrontarli direttamente. Invece di lasciare che le emozioni represse influenzino negativamente la nostra vita e il nostro lavoro, possiamo cercare di soddisfare questi bisogni in modi costruttivi.

COME ESTERNARE LE EMOZIONI

Esternare le emozioni non significa sfogarsi in modo incontrollato. Ci sono molti modi sani e costruttivi per farlo. Ecco alcune idee:
• Scrivere un diario: mettere per iscritto i nostri pensieri e sentimenti può aiutare a riflettere e a liberarci dal peso emotivo.
• Attività creative: dipingere, disegnare, suonare uno strumento o qualsiasi altra forma di espressione artistica può essere un buon modo per canalizzare le emozioni.
• Fare esercizio fisico: l’attività fisica riduce lo stress e può aiutarci a sfogare la tensione emotiva.
 Rivolgersi a un professionista: parlare con un terapeuta può offrire uno spazio sicuro per esplorare e capire meglio le nostre emozioni.
• Comunicazione sul lavoro: stabilire momenti di confronto con i colleghi o con il proprio supervisore può essere utile per affrontare le tensioni e migliorare la collaborazione.

Esternare le proprie emozioni dopo un evento negativo è un gesto di cura verso noi stessi. Non si tratta di essere deboli, ma di riconoscere il nostro valore e prenderci il tempo necessario per guarire. Le emozioni fanno parte di noi e dare loro spazio e voce può portare a una vita più equilibrata e soddisfacente, migliorando anche il nostro rendimento e le relazioni sul lavoro. Invece di nascondere il dolore, affrontiamolo con coraggio e trasparenza, permettendo a noi stessi di crescere e trovare nuova forza nelle avversità.

Vediamo un esempio reale

Immaginiamo che Luca abbia avuto un forte litigio con un collega durante una riunione. Entrambi hanno punti di vista diversi su un progetto importante e la discussione è degenerata, lasciando Luca arrabbiato e frustrato. Invece di affrontare subito le sue emozioni, Luca decide di reprimerle, continuando a lavorare come se nulla fosse accaduto. Nei giorni successivi, però, Luca nota che la sua produttività è diminuita e che il suo rapporto con il collega è diventato teso e freddo.

Ora, consideriamo un approccio diverso. Dopo la riunione, Luca decide di prendersi del tempo per riflettere su quanto accaduto. Prima di tutto, Luca si concede una pausa per fare una passeggiata e calmarsi. Poi, al ritorno in ufficio, prende un momento per scrivere un’email al suo collega, chiedendo scusa per il tono usato e proponendo un incontro per chiarire le cose.

Durante questo tempo di riflessione, Luca realizza che dietro la sua rabbia si nascondeva un bisogno non soddisfatto di rispetto e riconoscimento per il suo lavoro. Riflettere su questo aspetto gli permette di comprendere meglio le sue emozioni e di affrontare la situazione in modo più costruttivo. Durante l’incontro con il collega, Luca esprime apertamente non solo le sue emozioni, ma anche i suoi bisogni, spiegando come si è sentito durante la discussione e ascoltando attentamente il punto di vista del collega. Insieme, trovano un terreno comune e stabiliscono una strategia per lavorare meglio insieme. Questo confronto sincero permette a entrambi di liberarsi del risentimento e di ripristinare un rapporto di collaborazione e rispetto reciproco.

METTITI ALL’OPERA: ESTERNA LE TUE EMOZIONI

Per questa settimana, vi proponiamo un esercizio concreto per allenarvi a esternare le emozioni e raggiungere un migliore equilibrio emotivo. Questo esercizio vi aiuterà a riconoscere e esprimere le vostre emozioni in modo costruttivo, favorendo il benessere personale e professionale.

Istruzioni:

  1. Trova un Momento di Calma: Scegli un momento della giornata in cui puoi stare da solo in un luogo tranquillo, senza distrazioni.
  2. Scrivi nel Diario:
    • Riflessione Quotidiana: Ogni sera, prima di andare a dormire, prenditi 15-30 minuti per riflettere sulla tua giornata. Scrivi nel diario tutte le emozioni che hai provato durante il giorno. Non limitarti solo agli eventi negativi, ma annota anche quelli positivi.
    • Descrizione delle Emozioni: Descrivi in dettaglio ogni emozione che hai provato. Cerca di essere il più specifico possibile. Ad esempio, invece di scrivere “ero arrabbiato”, prova a descrivere cosa ha scatenato quella rabbia e come ti sei sentito fisicamente ed emotivamente.
    • Identificazione dei Bisogni: Dopo aver descritto le emozioni, rifletti sui bisogni non soddisfatti che potrebbero esserci dietro. Ad esempio, se hai provato rabbia durante una riunione, potrebbe essere che il tuo bisogno di essere ascoltato e rispettato non sia stato soddisfatto. Scrivi questi bisogni nel diario.
  3. Esternazione Costruttiva:
    • Condivisione: Se ti senti a tuo agio, condividi alcune delle tue riflessioni con una persona di fiducia, come un amico, un familiare o un collega. Parla delle emozioni che hai provato e dei bisogni che hai identificato.
    • Azione: Pensa a modi costruttivi per soddisfare i tuoi bisogni. Ad esempio, se hai capito che hai bisogno di essere più ascoltato al lavoro, potresti programmare una riunione con il tuo supervisore per discutere dei tuoi sentimenti e proporre soluzioni.
  4. Utilizzo di app per la misurazione della soddisfazione: noi di CapoLeader abbiamo provato ed utilizziamo Qomprendo, un’app molto valida a questo fine che permette all’utente di dare un feedback a fine giornata sulle emozioni provate e sul livello di soddisfazione sperimentato nel corso della giornata.

Siamo curiosi di scoprire da voi come va il monitoraggio delle vostre emozioni. Attendiamo vostri commenti!

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ARTICOLO DEL BLOG:

ANSIA E NOIA
IN INSIDE OUT 2

Nel tanto atteso sequel di Inside Out,le emozioni nella mente di Riley sono aumentate,
introducendo tra i vari personaggi: Ansia e Noia

Nel tanto atteso sequel di Inside Out, le emozioni nella mente di Riley sono aumentate, introducendo tra i vari personaggi: Ansia e Noia

Queste emozioni, spesso viste come negative, assumono un ruolo cruciale sia nella trama del film che nella vita reale.

L’ansia e la noia assumono un’importanza fondamentale nello sviluppo dello Stato di Flow, poiché ci aiutano a bilanciare sfide e abilità, facilitando una crescita graduale e continua.

Vediamo in questo articolo della Palestra del Flow come lavorare con queste due emozioni per ritrovare lo stato di Flow.

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ansia e noia insideout

LA FUNZIONE DI ANSIA E NOIA NEL FILM E NELLA VITA REALE.

Ansia

Ansia è rappresentata come un personaggio nervoso e sempre in allerta, il cui compito principale è preparare Riley alle possibili minacce e sfide future. Sebbene spesso percepita come negativa, l’ansia ha una funzione protettiva e motivante, spingendoci a migliorare le nostre competenze e a prepararci adeguatamente.

Ansia aiuta Riley a essere consapevole delle difficoltà che potrebbe incontrare, preparandola mentalmente e fisicamente. 

Questo è particolarmente importante per affrontare situazioni nuove e impegnative, dove la preparazione può fare la differenza tra successo e fallimento. 

Tuttavia, quando l’ansia diventa eccessiva, può portare a situazioni problematiche. Nel corso del film, Riley sperimenta un attacco di panico durante una giornata particolarmente stressante. 

L’ansia, raffigurata come un personaggio costantemente in allerta, sovraccarica Riley con pensieri negativi e preoccupazioni incessanti. 

La combinazione di nuove sfide, pressioni accademiche e il timore di fallire crea un ambiente mentale insostenibile. 

Questo eccesso di ansia provoca in Riley un senso di schiacciante paura e perdita di controllo, culminando in un attacco di panico. 

La scena illustra quanto sia importante riconoscere e gestire l’ansia, evidenziando come l’equilibrio tra le emozioni sia fondamentale per il benessere mentale.

Noia

Noia, al contrario, è raffigurata come un personaggio apatico e indifferente, che si manifesta quando le attività di Riley non sono più sufficientemente stimolanti.

Noia segnala a Riley che è tempo di cambiare, di trovare nuove attività e interessi che possano stimolarla e renderla felice. 

La noia diventa quindi un motore di cambiamento, spingendo Riley a cercare ciò che veramente le interessa e la appassiona.

Questo processo di ricerca e scoperta è essenziale per la crescita personale e per mantenere un equilibrio emotivo sano.

METTITI ALL’OPERA

  1. Pensa a cinque attività che tendono a generarti ansia (come presentazioni pubbliche o compiti difficili) e cinque attività che ti portano noia (come riunioni lunghe o compiti ripetitivi).
  2.  Valuta su una scala da 1 a 5 quanto queste emozioni influenzano il tuo rendimento.
  3. Ora, per ciascuna attività, pensa a una strategia che potresti utilizzare per entrare in uno stato di Flow. Potrebbe essere la suddivisione dei compiti in piccoli passi, l’uso di timer per mantenere il focus o l’approccio creativo per rendere l’attività più interessante.
  4. Scegli almeno una delle strategie proposte e applicala la prossima volta che affronti una delle attività identificate. Prendi nota di come ti senti durante e dopo l’attività. Questo ti aiuterà a capire quali strategie funzionano meglio per te e come puoi migliorare la tua produttività e il benessere emotivo attraverso il raggiungimento dello stato di flow.

Inside Out 2 non è solo un bel film d’animazione, ma una riflessione profonda sulle emozioni e sulle loro interazioni nel contesto della crescita personale e del benessere emotivo. 

Attraverso l’ansia e la noia, il film ci invita a considerare come queste emozioni, se ben gestite, possano diventare risorse preziose nel nostro viaggio verso lo stato di Flow, un momento di massimo coinvolgimento e soddisfazione nelle nostre attività quotidiane. 

In questo percorso, impariamo che ogni emozione ha il suo posto e la sua importanza nel plasmare la nostra esperienza di vita, spingendoci a crescere e a scoprire il nostro potenziale emotivo e creativo.

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Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

Leggi l'articolo »

ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

Negli scorsi articoli ci siamo immersi nel mondo della collaborazione: abbiamo visto com’è fatta, cosa la nutre, come si distingue da quella versione “tutti amici in pausa caffè” che spesso viene confusa con il vero lavoro di squadra.

Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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I 5 NEMICI INVISIBILI DELLA COLLABORAZIONE

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.

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COLLABORAZIONE ASSENTE? ECCO IL SUO COSTO

Parlare di collaborazione può sembrare una questione “soft”. Una di quelle cose belle da avere, ma non proprio vitali, come la ciliegina sulla torta.
Eppure… quando manca, non è solo la ciliegina a saltare, ma tutta la torta rischia di sbriciolarsi.

Perché quando un team non collabora, l’azienda comincia a perdere. Soldi veri.
E la cosa peggiore è che non si vede subito. Non c’è una fattura con scritto:

“Mese di maggio: -3.000€ per conflitti e silenzi in riunione”
ma il costo c’è. Eccome se c’è.

Vediamo i principali danni che si innescano quando la collaborazione va in crisi, con qualche dato preso da ricerche e fonti autorevoli.

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CAPOLEADER SOSTIENE MAKE-A-WISH

CapoLeader crede che il benessere, la motivazione e il senso profondo di realizzazione – ciò che chiamiamo Flow – non debbano essere un privilegio per pochi.

Per questo abbiamo deciso di donare l’1% del nostro fatturato a Make-A-Wish Italia, l’organizzazione che ogni giorno realizza i desideri di bambini affetti da gravi malattie, restituendo loro speranza, forza e gioia.

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TEAM FLOW: L’ARMONIA CHE FA LA DIFFERENZA

Hai mai vissuto un momento sul lavoro in cui nessuno controlla l’orologio, la chat aziendale è stranamente silenziosa (ma non perché siete tutti su LinkedIn), e le idee viaggiano come palline di ping pong tra colleghi sorridenti?

Ecco: benvenuto nel Team Flow, quel raro ma potentissimo stato in cui il tuo gruppo lavora così bene che potrebbe tranquillamente scrivere un album da Grammy… anche se state facendo una relazione su Excel.

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ARTICOLO DEL BLOG:

LA LEADERSHIP CHE
PROMUOVE IL FLOW

La leadership che promuove il Flow e l’idea di Csikszentmihalyi di “Good Business

Sebbene la maggior parte delle persone si diverta a lavorare quando entra in Flow, sono troppo pochi i lavori progettati per rendere possibile Flow. È qui che la gestione può fare davvero la differenza. Per un manager o un leader che si preoccupa veramente dei profitti nel senso più ampio del termine, la prima priorità è eliminare gli ostacoli al flow a tutti i livelli dell’organizzazione e sostituire pratiche e politiche progettate per rendere piacevole il lavoro. Nasce così un modello di leadership che promuove il Flow.

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COSA È LA LEADERSHIP CHE PROMUOVE IL FLOW?

I nostri lavori determinano in misura maggiore come sono le nostre vite. Un’organizzazione aziendale i cui dipendenti sono felici è più produttiva e ha una morale più alto. Qualsiasi manager che vuole che la sua organizzazione prosperi dovrebbe capire cosa rende felici le persone e implementare tale conoscenza nel modo più efficace possibile. Il modo migliore in cui il management può aiutare a motivare i lavoratori a perseguire obiettivi comuni e a crescere nel processo di attuazione è fornire opportunità per entrare in Flow sul posto di lavoro. Le condizioni essenziali per il flow sono:

– Obiettivi chiari che possono essere adattati per soddisfare le mutevoli condizioni
– Feedback immediato alle proprie azioni
– Una corrispondenza delle sfide del lavoro con le competenze del lavoratore.

Csikszentmihalyi, Good Business, 2003

Le numerose pubblicazioni di Csikszentmihalyi relative a Flow includono sempre dichiarazioni e discussioni sul suo insieme di valori. I valori che promuove riflettono la sua filosofia fondamentale di vita e il suo significato e scopo. Allo stesso tempo, i valori da lui sostenuti sono anche del tipo che, se ben attuati, aumenterebbero la soddisfazione degli individui (nella loro vita privata e come dipendenti), migliorerebbero le prestazioni organizzative (in senso lato) e commuoverebbero anche le persone verso una maggiore armonia sociale all’interno dell’organizzazione, della nazione e forse oltre.

Le prove mostrano che l’adozione di valori e pratiche di leadership che promuovono il flow producono due tipi di vantaggi sostanziali e collegati, indipendentemente dal fatto che il contesto sia la gestione di se stessi, l’interazione con gli altri o la guida di un team o di un’organizzazione.

  1. Il primo beneficio deriva dal miglioramento della soddisfazione di vita di sé, così come di quegli individui che sono esposti, direttamente o indirettamente, ad altri che si comportano in sintonia con i semplici precetti della teoria del Flusso.


  2. Il secondo vantaggio complementare di un ambiente di lavoro che promuove il flow è che migliora le prestazioni multidimensionali della squadra, dell’unità o dell’organizzazione, rispetto a una situazione ipotetica in cui non viene prestata attenzione al flow -promuovere pratiche o (e soprattutto) se il gruppo viene gestito in modo disfunzionale dal punto di vista del flusso. Performance multidimensionale significa misurare i risultati non solo attraverso i profitti (nel caso di enti senza scopo di lucro, “surplus”), ma anche tenendo conto di altri aspetti della performance come la soddisfazione e l’impegno dei dipendenti, la sostenibilità delle operazioni e la protezione l’ambiente.

“Good Busines” indica un ambiente di lavoro piacevole e favorevole al flow per i lavoratori di un’organizzazione, attraverso il quale la “scheda di valutazione del bilancio” di un’azienda (o di qualsiasi organizzazione) migliora, contribuendo così a società più sane e più sostenibili in generale.

La simulazione FLIGBY è la “gamification” del processo di crescita della leadership che promuove il flow. Durante il gioco, i giocatori ricevono feedback continui e personalizzati, progettati per guidarli verso pratiche manageriali basate sul flow.

FLIGBY COME PROGRAMMA PER LA LEADERSHIP BASATO SUL VALORE

Oggi, FLIGBY e i suoi big data in rapida crescita ispirano progressi nella ricerca accademica in modi mai pensati all’inizio. Con la partecipazione attiva del Prof. Csikszentmihalyi al lavoro di ricerca, il progetto FLIGBY ha identificato e classificato le competenze di leadership che sono le più utili nella pratica della leadership che promuove il flow. Oggi FLIGBY sta generando un’enorme banca dati disponibile per supportare quasi ogni tipo di ricerca sulle competenze manageriali.

Un contributo concettuale chiave del design di FLIGBY allo sviluppo della leadership è l’identificazione di quelle competenze che sono particolarmente importanti per aiutare a generare e mantenere Flow sul posto di lavoro.

La leadership inizia da te: chi sei, cosa ti interessa e cosa vuoi che accada. FLIGBY è stato creato sulla base dei seguenti valori:

  1. Crediamo nel potere del flow– il flow è lo stato mentale di funzionamento in cui una persona in un’attività è completamente immersa in una sensazione di concentrazione energica, pieno coinvolgimento e successo nel processo dell’attività. L’organizzazione basata sul flow promuove il coinvolgimento dei dipendenti e atteggiamenti positivi sul posto di lavoro. Fatto bene, aiuta a ridurre i costi, i reclami dei dipendenti e rende l’azienda un luogo di cui le persone amano far parte. Il flusso ha la capacità di migliorare la qualità della vita.


  2. Visionare oltre il Sé – Non vale la pena fare affari che non contribuiscono alla crescita e al benessere umano, non importa quanto profitto generi nel breve periodo. Il tratto distintivo più importante dei leader visionari è che credono in un obiettivo che avvantaggia non solo se stessi ma anche gli altri. La gente vuole lavorare per una causa, non solo per vivere. Dobbiamo avere la convinzione che la nostra esistenza serva a uno scopo utile e abbia valore.


  3. Tu sei la chiave del successo – Contrariamente a ciò che la maggior parte di noi crede, la felicità non accade semplicemente a noi. È qualcosa che facciamo accadere e deriva dal nostro fare del nostro meglio. Più opportunità sei disposto a esplorare, maggiori sono le possibilità che hai di scoprire i tuoi punti di forza. Per sperimentare il Flow devi continuare a coltivare interesse e curiosità, rispondere a una vasta gamma di opportunità e sviluppare quante più abilità possibili.


  4. La leadership è una funzione delle domande – La gestione ha molto a che fare con le risposte. Ma la leadership è una funzione delle domande. E la prima domanda per un leader è sempre: “Chi intendiamo essere?” e non “Cosa faremo?” La tua creatività dipende in gran parte dalla capacità di porre le domande giuste. La ricerca dei problemi è piuttosto cruciale per la creatività rispetto alla risoluzione dei problemi.


  5. Far crescere le persone – il compito principale di un manager è far sì che le persone lavorino insieme in modo efficiente per una causa comune. Il modo migliore per raggiungere questo obiettivo è creare un ambiente in cui i dipendenti si divertano davvero con il loro lavoro e crescano nel corso del loro svolgimento. Far sì che i dipendenti diano il meglio di sé è un modo per consentire loro di crescere come individui. Un’organizzazione ideale è quella in cui le potenzialità di ciascun lavoratore trovano spazio di espressione.

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L’ebook “Scopri il Flow” di CapoLeader offre un’introduzione dettagliata a questo stato di immersione totale, con strategie pratiche per coltivarlo nelle attività quotidiane.
Attraverso esempi concreti e consigli pratici, imparerai a raggiungere il massimo rendimento in ogni ambito della tua vita.

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QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA INCONTRA IL FLOW

Ci sono leader che sanno tutto: strategie, numeri, strumenti. Ma quando si tratta di guidare le persone, spesso inciampano su qualcosa di molto più semplice — e molto più profondo: la consapevolezza di sé.

Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
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Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
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Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.

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Parlare di collaborazione può sembrare una questione “soft”. Una di quelle cose belle da avere, ma non proprio vitali, come la ciliegina sulla torta.
Eppure… quando manca, non è solo la ciliegina a saltare, ma tutta la torta rischia di sbriciolarsi.

Perché quando un team non collabora, l’azienda comincia a perdere. Soldi veri.
E la cosa peggiore è che non si vede subito. Non c’è una fattura con scritto:

“Mese di maggio: -3.000€ per conflitti e silenzi in riunione”
ma il costo c’è. Eccome se c’è.

Vediamo i principali danni che si innescano quando la collaborazione va in crisi, con qualche dato preso da ricerche e fonti autorevoli.

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CapoLeader crede che il benessere, la motivazione e il senso profondo di realizzazione – ciò che chiamiamo Flow – non debbano essere un privilegio per pochi.

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TEAM FLOW: L’ARMONIA CHE FA LA DIFFERENZA

Hai mai vissuto un momento sul lavoro in cui nessuno controlla l’orologio, la chat aziendale è stranamente silenziosa (ma non perché siete tutti su LinkedIn), e le idee viaggiano come palline di ping pong tra colleghi sorridenti?

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DARE SIGNIFICATO
AL LAVORO

L’obiettivo di un’azienda dovrebbe essere quello di far lavorare insieme un gruppo di persone per realizzare un obiettivo comune.

L’obiettivo di un’azienda dovrebbe essere quello di far lavorare insieme un gruppo di persone per realizzare un obiettivo comune.

Realizzare questo intento è possibile anche attraverso lo schiavismo e la corruzione ma trovare delle modalità più etiche e che permettano ai collaboratori di dare significato al lavoro permette di creare ambienti lavorativi dove le persone possano realizzarsi pienamente.

Non dovrebbe essere difficile spingere le persone a lavorare, il corpo umano è costruito proprio per questo scopo.

Un individuo funziona al meglio quando è profondamente coinvolto in un compito e realizzare un lavoro ben fatto ci lascia una sensazione piacevole di benessere e soddisfazione.

Dato questo assunto risulta interessante riflettere sul fatto che molti lavoratori considerano il proprio lavoro un sacrificio, un prezzo da pagare per vivere e aspettano ansiosamente i momenti in cui, terminato l’orario lavorativo possono dedicarsi a ciò che veramente amano.

La risposta che viene spontanea è che seppure l’uomo sia progettato per lavorare, la maggior parte dei posti di lavoro non sono progettati per mettere i dipendenti nelle condizioni per esprimersi al meglio ma semplicemente per ottenere da loro il massimo risultato.
Difficilmente un lavoratore riuscirà a dare significato al proprio lavoro se percepisce di essere considerato al pari di un macchinario o di uno strumento di produzione.

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CHE COSA È IL SENSO DI SIGNIFICATO

Normalmente si intende con questa locuzione la sensazione del lavoratore che quello che sta accadendo e quello che sta contribuendo a far accadere conti davvero, insomma l’idea che il proprio comportamento sia in grado di fare la differenza per sé stesso e per gli altri.

Il senso di significato così descritto è presupposto per provare grande coinvolgimento, sensazione di benessere e alta produttività nella propria attività. Caratteristiche queste che si identificano nello stato di Flow come descritto dal prof. Csikszentmihalyi. Proprio partendo dagli elementi che caratterizzano il Flow si possono individuare 3 macro aree di attivatori della prestazione ottimale:

  • Chiarezza degli obiettivi. In questa area si riconoscono elementi come la chiarezza del ruolo, la comprensione e l’allineamento con gli obiettivi aziendali, l’accesso alle conoscenze e alle risorse necessarie per portare a termine il lavoro. Questi sono definibili come elementi razionali dell’esperienza di Flow e per semplificare l’analisi possiamo definirli legati al QI (quoziente intellettivo). Quando il QI di un ambiente lavorativo è basso l’energia dei lavoratori è indirizzata in modo errato e spesso va in conflitto con quella dei colleghi.


  • Feedback, comunicazione e relazioni sociali. Questa area fa riferimento alla qualità delle interazioni tra le persone coinvolte e troviamo elementi come la fiducia, il rispetto, il conflitto costruttivo, l’umorismo e la capacità di collaborare in modo efficace. Questi aspetti caratterizzano la sicurezza emozionale e sono riconducibili al famoso QE (quoziente emotivo come descritto da Goleman). Quando l’QE di un posto di lavoro è scarso, l’energia dei lavoratori si disperde sotto forma di approcci “ politici” al proprio ruolo o alla gestione del proprio Ego o all’evitamento passivo-aggressivo di tematiche “difficili”.


  • La sfida, il senso di controllo e l’automotivazione. Questa area si riferisce molto al livello di coinvolgimento e di autorealizzazione del personale. In pratica la sensazione di essere parte di qualcosa di importante e ricco di significato che va al di là del semplice ruolo. Questa terza categoria è descritta dal QM (quoziente di significato – in inglese meaning). Quando il QM dei un ambiente lavorativo è basso, i dipendenti mettono meno energia nel loro lavoro e lo vedono come “solo un lavoro” che dà loro poco più di uno stipendio.


Ci sono studi che evidenziano che ambienti con QI, QE e QM alti siano cinque volte più produttivi rispetto alla media. Proprio interventi sull’ultimo di questi indicatori sembrerebbero più sensibile a livello di prestazioni. Secondo lo stesso studio, i manager intervistati riconoscono il vero collo di bottiglia all’aumento della produttività: l’incapacità di migliorare il QM del loro ambiente lavorativo.

L’interrogativo viene spontaneo, com’è possibile aumentare il senso di significato percepito dai lavoratori?


In prima battuta la risposta a questa domanda sta nel saper innovare lo storytelling della propria azienda. Normalmente questo si occupa di raccontare quello che l’organizzazione può fare e migliorare al proprio interno (più produttività, più risultati, più efficienza). E’ necessaria un evoluzione netta e rivolgersi verso elementi esterni:

  • La società, ad esempio, creare una società migliore, costruire la comunità o gestire le risorse
  • Il cliente, ad esempio semplificando la vita e fornendo un servizio o un prodotto di qualità superiore
  • il team di lavoro, ad esempio un senso di appartenenza, un ambiente premuroso o lavorare insieme in modo efficace
  • il singolo lavoratore: esempi includono lo sviluppo personale, uno stipendio o un bonus più alto e un senso di responsabilizzazione

Per rendere più elevato il QM è necessario raccontare una storia che include questi 5 elementi perché proprio da un giusto mix di questi si riescono a toccare tutte le corde motivazionali delle persone.

Immaginiamo si voglia far partire un percorso di cambiamento culturale.

La resistenza al cambiamento potrebbe proprio provenire da un basso QM, i dipendenti non riescono a percepire il significato del cambiamento. Le strategie più comuni per vincere questa resistenza fanno spesso riferimento a i vantaggi che trarrebbe l’azienda nel suo complesso (più utili, più volumi, immagine migliore).

Per innalzare il QM sarebbe più utile prospettare uno scenario che tocchi anche l’impatto sociale  (si veda per esempio il caso Patagonia trattato qualche settimana fa), sui clienti (maggiore semplicità, meno errori più efficienza, prezzi più competitivi), sul team di lavoro (meno lavoro ridondante, più responsabilizzazione, più snellezza organizzativa), sugli individui (lavori più attraenti e sfidanti, possibilità di carriera, compensi più elevati) che questo cambiamento potrebbe generare.

I leader che vogliono migliorare il QM del proprio ambiente dovranno pertanto dimostrare alte capacità di storytelling e di creazione di una visione estesa dello scenario nel quale l’azienda stessa opera. In questo modo per i lavoratori sarà molto più semplice dare significato al lavoro.

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