Ho partecipato a moltissimi corsi di formazione con modalità differenti come aule virtuali, lezioni frontali, lavori in piccoli gruppi e modalità blended. Più frequentavo questi corsi, più mi appassionavo al bellissimo mondo della formazione. Ogni corso mi ha permesso di crescere sempre di più personalmente e professionalmente. Fino ad arrivare al punto di trovarmi “dall’altro lato” di un progetto di gamification manageriale.
A luglio è arrivato il momento tanto desiderato di gestire, con due colleghi esperti, il mio primo percorso di sviluppo della Leadership Fligby, come trainer.

Il percorso Fligby, un simulatore di leadership ideato da Csikszentmihalyi, comprendeva un incontro di briefing, tre settimane di gioco individuale, un incontro di debriefing e un’ora di coaching con ciascun partecipante.
Ero molto emozionata e allo stesso tempo entusiasta di questa opportunità. Il percorso di gamification manageriale è interamente online, ma nonostante la distanza fisica delle persone si è creato da subito un bellissimo clima che ci ha fatto dimenticare di essere ognuno in una città differente.

Cosa ho imparato?

La cosa che mi ha colpito di più è stata la quantità di cose che ho potuto imparare, nonostante non fossi nel ruolo del partecipante.
Ogni condivisione, ogni racconto ed ogni esperienza che i partecipanti hanno portato è stata utile per scoprire la varietà di ciascun lavoro, per capire come problemi condivisi vengano affrontati in modo differente e come ognuno utilizzi strategie differenti per affrontare situazioni simili.

Inoltre, durante tutto il percorso ho avuto la possibilità di allenare alcune mie competenze. Per esempio l’ascolto attivo e l’empatia. Soprattutto durante gli incontri di coaching è importante creare un rapporto di fiducia, in modo tale che la persona possa parlare di sé in un ambiente non giudicante. L’empatia è fondamentale per rendere la relazione efficace. Consente di percepire le emozioni dell’altro e “collegarsi” a lui cogliendo ogni aspetto del messaggio che viene detto.

Un’altra importante skill che ho potuto potenziare è stata la gestione del tempoE’ facile perdere la cognizione del tempo lasciandosi trasportare delle condivisioni dei partecipanti, capita quando siamo in uno stato di Flow, ma è altrettanto importante rimanere nei tempi. Per questo abbiamo creato una dettagliata tabella che ci ha permesso di capire minuto per minuto se fossimo in orario o se fosse necessario proseguire. A volte abbiamo dovuto riequilibrare i tempi perché gli imprevisti sono all’ordine del giorno, soprattutto nelle formazioni digitali, ma questo ha sicuramente migliorato la mia competenza di problem solving. Tutto ciò è stato possibile grazie al lavoro di squadra con i miei colleghi. Ognuno aveva il suo ruolo e i suoi compiti e questo ha reso la formazione ancora più efficace.

Le difficoltà

Come in ogni cosa, ci sono state delle difficoltà. Prima fra tutti l’ansia di essere all’altezza della situazione, ma una volta che si inizia a parlare questa sensazione di paura svanisce, lasciando posto solo alla voglia di rifare questa esperienza.
Un aspetto complesso da affrontare riguarda la diffidenza iniziale che le persone hanno nei confronti di una formazione che prevede un gioco come strumento. Sono ancora in molti a pensare che apprendimento e divertimento non vadano d’accordo, ma questo è un errore! Giocando abbassiamo le difese, assumiamo un ruolo diverso dal solito, interagiamo con altre persone, seguiamo delle regole e ci divertiamo. Tutto questo mentre apprendiamo nuove conoscenze e abilità in modo semplice. La gamification manageriale funziona e accelera l’apprendimento.

Un altro punto complicato è relazionarsi con persone con caratteristiche molto diverse. Ci sono partecipanti pronti ad aprirsi con noi, mettersi in gioco e lavorare sulle proprie aree di miglioramento, altri, invece, sono più diffidenti e magari non hanno voglia di lavorare su di sé. Bisogna, quindi, trovare la chiave giusta per creare un luogo sicuro e non giudicante in cui poter affrontare argomenti delicati senza timore.
Ogni difficoltà rappresenta una sfida che ci permette di crescere e aumentare le nostre conoscenze e abilità.

Tornando indietro, rifarei lo stesso percorso che mi ha portato ad essere una Facilitatrice di Fligby?

Assolutamente sì!
Ho capito che questa è la strada che voglio seguire. Aiutare le persone a far emergere le loro risorse, potenziando i propri punti di forza e le proprie aree di miglioramento, sul lavoro e nella vita, è sempre stato il mio sogno fin da quando ho scelto Psicologia del Lavoro come corso Magistrale all’Università.
Il fatto di poterlo fare con una modalità innovativa e coinvolgente, ovvero con Fligby, un simulatore di leadership, unico in Italia, rende il tutto un’esperienza meravigliosa.

 

Sara Cascio

“Non penso voi abbiate realizzato quanto sia pericoloso ciò che mi è successo, e neppure devo spiegarvi perché la mia salute sia al primo posto. La salute fisica è anche salute mentale. È onestamente pietrificante provare a utilizzare il proprio talento quando la tua mente e il tuo corpo non sono sincronizzati.” Questo è quello che Simone Biles, la ginnasta superstar statunitense, ha detto mentre spiegava la propria decisione di abbandonare le finali di Tokyo 2020. La sua frase e il suo abbandono hanno sconvolto gli spettatori delle Olimpiadi e ha lanciato una discussione circa la salute mentale degli atleti.

Le Olimpiadi di Tokyo con il motto “Più veloce, più alto, più forte – insieme” è stato il terreno di cambiamenti profondi in molti aspetti della società, salute mentale inclusa. La fotografia è stata ancora più nitida quando la tennista giapponese Naomi Osaka, che è scesa in campo nella lotta per sensibilizzare il tema della salute mentale, ha acceso la fiamma olimpica. Un disagio mentale nasce dal seme delle alte aspettative e lo scenario peggiora quando le stesse si innalzano a causa del numero elevato di risultati conseguiti nel passato.

La psicologia umana di base spinge ad aumentare la pressione sulle persone quando raggiungono dei alti risultati e successo al contrario di dimostrare compassione nel momento in cui si fallisce. Comunque, le olimpiadi ci hanno insegnato il corretto significato dello spirito sportivo e la compassione, ripetutamente attraverso diversi incidenti. Gli atleti hanno preso il più grande evento sportivo del mondo oltre la pura competizione.

Nella semifinale degli 800 metri maschili, gli atleti Nijel Amos del Botswana e Isaiah Jewett degli Usa sono caduti a terra aggrovigliandosi, con la contemporanea eliminazione di entrambi. Ciononostante, invece di esprimere frustrazione, hanno lasciato la pista insieme sorridenti, dopo essersi aiutati a vicenda a rimettersi in piedi.

Gli atleti olimpici ci hanno insegnato a trattarci come compagni di squadra piuttosto che rivali. Hanno creduto in una sana competizione piuttosto che nell’inimicizia. Forse è proprio questo che non hanno mai mancato di conquistare milioni di cuori con i loro atti di compassione. La finale del salto in alto è finita con un incredibile immagine di condivisione della medaglia d’oro, con Mutaz Barshim del Qatar che è andato dai commissari a chiedere se potessero esserci due medaglie d’oro ed ha deciso di condividere la vittoria con il suo amico Giammarco Tamberi.

Nella lotta per una medaglia d’oro, gli atleti ci hanno impartito delle lezioni di vita. Oltra a mostrarci il percorso verso l’illuminazione ci hanno insegnato anche la dedizione. L’approccio della fondista olandese Sifan Hassan ci ha fatto imparare che non ci sono ostacoli tra una persona dedita al suo scopo e i suoi obiettivi. Nel corso dell’infuocata gara dei 1500 metri la campionessa del mondo è caduta e ruzzolata sulla pista ma si è rialzata ed ha terminato con una vittoria. La sua attitudine a non darsi per vinta si riflette nel suo duro lavoro. Un coach può guidarci ai nostri obiettivi illuminandoci con le sue tecniche, ma la dedizione e la compassione devono essere presenti. Gli atleti olimpici testimoniano che non c’è nulla oltre l’umanità, non importa cosa, e che dobbiamo imparare ad accettare i nostri difetti e lavorare su questi invece di creare inimicizia con i nostri colleghi.

Dedizione e compassione che permettono di entrare nel Flow, dare senso a quello che facciamo e di allontanare i disagi e le paure.

In qualità di leader riconosci queste due qualità nel tuo operato?

I tuoi interlocutori e collaboratori entrano in Flow?

Ricordati che il coinvolgimento e il benessere lavorativo sono le fondamenta per costruire prestazioni e risultati eccezionali!

E’ sempre più importante utilizzare nuovi strumenti per ottimizzare le prestazioni sia nella vita professionale che nello sport. Mettiamo a confronto due approcci alla prestazione che sono complementari e arricchiscono le nostre possibilità di sviluppo: FLIGBY e SFERA.

Fligby è un simulatore di leadership, uno strumento che aiuta le persone, in poche ore di gioco, a sperimentare situazioni reali che in azienda capiterebbero in molti anni di esperienza.

Con Fligby si ha la possibilità di diventare Direttore Generale di una Azienda Vinicola e di raggiungere gli obiettivi desiderati gestendo il proprio team, formato da sette persone con caratteristiche molto diverse tra loro, e affrontando situazioni complesse e a volte complicate che metteranno alla prova le proprie capacità di leadership.

Possiamo descrivere Fligby come un acceleratore di esperienza, grazie al quale ciascun giocatore può scoprire i propri punti di forza e le proprie aree di miglioramento per cercare di diventare un leader migliore. Fligby rappresenta un potente strumento di formazione manageriale ed è basato sulla Teoria del Flow del Prof. Mihaly Csikszentmihalyi.

Cos’è il Flow?

Il Flow è lo stato mentale che si raggiunge durante un’attività, quando si è completamente immersi in una sensazione di concentrazione energica, pieno coinvolgimento e godimento.

Facilitare il Flow è una condizione essenziale per una buona leadership perché chi si diverte lavorando raggiunge anche performance più alte durante le proprie attività.

Quali sono i benefici del Flow in azienda?

  • Il lavoro diventa una fonte di divertimento e di crescita personale
  • Ogni lavoratore raggiungerà prestazioni ottimali
  • L’engagement sarà elevato e il turnover diminuirà

Il Flow si sperimenta quando le nostre capacità sono perfettamente in linea con le difficoltà del compito che stiamo svolgendo. Quando il compito è troppo difficile proviamo uno stato di ansia, quando invece è troppo semplice, proviamo uno stato di noia.

Un buon Leader è colui che riesce a portare i propri collaboratori all’interno del canale del Flow cercando di aiutarli a raggiungere la loro massima prestazione.

Come si raggiunge una prestazione ottimale?

Per aiutare le persone ad ottenere ottime performance, raggiungendo uno stato di Flow, possiamo avvalerci di uno strumento di analisi e di ottimizzazione della prestazione: il Modello S.F.E.R.A.

È stato ideato dal Prof. Giuseppe Vercelli ed è riconosciuto nel panorama nazionale ed internazionale per lo sviluppo della prestazione.

S.F.E.R.A. è l’acronimo di Sincronia, Punti di Forza, Energia, Ritmo e Attivazione, questi rappresentano i cinque fattori che compongono il modello.

Vediamoli nel dettaglio:

  • Sincronia: è la capacità di essere presenti e concentrati su ciò che si sta facendo nel momento della prestazione.
  • Punti di Forza: sono le capacità e abilità fisiche, tecniche e mentali, che l’atleta riconosce di possedere ai fini di una prestazione d’eccellenza.
  • Energia: è l’uso attivo della forza e della potenza. Se utilizzata nella giusta quantità ci permette di utilizzare al meglio le risorse disponibili.
  • Ritmo: è l’ordinata successione degli intervalli di tempo, ciò che genera il giusto flusso nella sequenza dei movimenti.
  • Attivazione: è il valore aggiunto, il motore motivazionale, la massima espressione della passione, che permette all’atleta di superare i limiti.

Quando i cinque fattori sono ben bilanciati, la persona riuscirà ad entrare nella SFERA della massima prestazione.

Entrare nella SFERA permette di raggiungere lo stato di Flow e di sentirsi in perfetta armonia con se stessi, con gli altri e con il mondo circostante. Tutto sembra naturale, piacevole e divertente.

Le persone che raggiungono questo stato vivono una sensazione di grande fiducia e consapevolezza. Hanno la percezione di muoversi in maniera quasi automatica e la loro mente e il loro corpo sono in perfetto accordo.

Cosa accomuna Fligby e S.F.E.R.A?

Entrambi gli strumenti permettono di raggiungere lo stato di Flow, uno stato di massima concentrazione in cui non si è in balia di forze esterne, si sa perfettamente cosa fare e come farlo, si è in un completo stato di benessere, e soprattutto, ci si diverte.

Entrambi permettono di allenare le competenze delle persone in ottica di un continuo miglioramento, lavorando sui propri punti di forza e potenziando le proprie aree di miglioramento.

Questi due strumenti permettono di raggiungere le condizioni ottimali per ottenere prestazioni elevate sul lavoro, nello sport o nella propria vita privata.

Riferimenti bibliografici

Vercelli G., Vincere con la mente, Ponte alle Grazie, Milano, 2006

Csikszentmihalyi M, Flow, Roi Edizioni, Milano, 2021

Ti piace la scuola? Facciamo questa domanda a degli studenti e quasi unanimemente riceveremo la risposta che non amano il lavoro a scuola. Data questo presupposto cosa c’è che li motiva a dedicare così tanto tempo ai loro studi? Se facciamo una riflessione sul metodo di apprendimento, e questo è valido in qualsiasi ambito anche extrascolastico, possiamo riconoscere due modelli: quello dell’apprendere annegando e quello dell’apprendere divertendosi.

Il primo modello è basato su due aspetti:

  • Il desiderio di liberarci dal dolore può essere un forte agente motivante
  • una volta liberi, possiamo facilmente scambiare il nostro sollievo con la felicità.

Una persona la cui testa viene spinta sott’acqua soffrirà enormemente e cercherà di liberarsi. Quando finalmente viene liberata, cercherà l’aria e proverà una sensazione di immenso sollievo. Gli studenti che non amano la scuola vivono un’esperienza meno drammatica, ma la natura della loro motivazione – il bisogno di evitare conseguenze negative – è simile. Per tutta la durata del periodo scolastico, annegando in compiti che non amano, sono motivati dalla paura del fallimento. Alla fine del periodo scolastico, liberati da libri, compiti ed esami sentono un travolgente senso di sollievo che, al momento, può assomigliare molto alla felicità. Questo modello, dove il dolore è seguito dal sollievo, è quello di cui ci viene dato imprinting fin dalla scuola elementare. E’ facile notare come, inconsapevoli di alternative, una vita votata al sacrificio verso la carriera possa sembrarci tutto sommato allettante e normale.

Il modello dell’apprendere divertendosi offre un modo differente di pensare l’apprendimento, che racchiude benefici sia immediati che futuri. Come impegnati in un piacevole gioco trascorriamo ore leggendo, facendo ricerche ed elaborando il nostro pensiero. Questo gioco è volto alla vittoria finale rappresentata dalla scoperta, dall’applicazione del sapere, dalla soluzione di un problema attraverso la nostra conoscenza. Anche in questo caso, come per l’apprendere annegando, c’è uno scopo finale desiderabile, ma questa volta proviamo soddisfazione durante tutto il percorso.

Assicurarsi che il processo di apprendimento sia piacevole in sé dipende in parte da ciascuno studente, specialmente all’università o alle superiori, dove godono di maggiore indipendenza. Ma quando gli studenti sono abbastanza maturi per prendersi la responsabilità della propria educazione, la maggior parte di loro ha già interiorizzato il modello e l’etica del carrierista. Hanno già imparato dai loro genitori che voti e premi sono la misura del successo, che è loro responsabilità ottenere eccellenti pagelle, piuttosto che godersi l’apprendimento per il gusto di imparare. Insegnanti e genitori che vogliono supportare i ragazzi a condurre vite felici devono essere i primi a credere che la felicità è la valuta fondamentale per misurare le nostre vite. I ragazzi sono estremamente sensibili ai suggerimenti e interiorizzeranno le convinzioni dei loro educatori, anche quando sono implicite.

Le scuole dovrebbero incoraggiare gli studenti a seguire il percorso che dia loro piacere e significato. Se uno studente vuole diventare un assistente sociale e si è preso il tempo per considerare i costi e benefici di tale carriera, allora l’insegnante dovrebbe incoraggiarlo, nonostante possa fare più soldi come analista finanziario. Se vuole diventare un uomo d’affari, allora dovrebbe essere supportato dai genitori anche se il loro desiderio fosse sempre stato quello che intraprendesse una carriera come medico. Se veramente siamo degli educatori che hanno a cuore la felicità dei nostri ragazzi questa è la cosa più naturale e logica da fare.

Se ti guardi alle spalle riconosci uno dei due modelli di cui stiamo parlando? Nel passato hai considerato come sacrifici o sofferenze il tuo impegno nell’apprendere? Sei davvero convinto del modello non c’è successo senza dolore?

Gli studi del prof. Csikzentmihalyi sul Flow e sullo stato ottimale delle prestazioni hanno dimostrato che il dolore non è assolutamente considerabile come uno stato che avvicini le nostre prestazioni migliori, anzi è sicuramente tutt’altro. Questi studi hanno dimostrato come un dodicenne sappia già distinguere chiaramente il lavoro dal gioco, una distinzione che accompagnerà la maggior parte di noi per il resto della nostra vita. Ai bambini è già chiaro che la loro educazione ha a che vedere con i compiti in classe, quelli a casa e il lavorare sodo. Percepire la scuola come un lavoro impedisce a gran parte degli studenti di godere la propri esperienza educativa, perché nei confronti del lavoro c’è un pregiudizio diffuso. Basti pensare alla punizione comminata ad Adamo ed Eva dopo aver mangiato il frutto proibito.

Sempre il Prof. Csikzentmihalyi mostra nei suoi saggi che le persone preferiscono il tempo libero al lavoro, una conclusione che nessuno trova sorprendente. Tuttavia è stato scoperto che le persone hanno molte più esperienze di Flow al lavoro di quante non ne abbiano a casa.

Il pregiudizio sul lavoro sta forse distorcendo la percezione della nostra esperienza? Stiamo forse valutando sistematicamente come negative delle esperienze lavorative positive?

Il segreto è proprio questo non solo dobbiamo provare esperienze ed emozioni positive ma dobbiamo anche riconoscerle e valutarle come tali e questo per come è costruita la nostra società è molto difficile.

Per fare questo la scuola non dovrebbe focalizzarsi solo sugli aspetti meramente tecnici e oltre alla triade del leggere, scrivere e far di conto  dovrebbe aggiungere il quarto elemento, a mio parere il più importante, il divertimento. Il presupposto principale per provare gioia mentre imparano, crescono e vivono.

Il Blended Learning è spesso definito come un processo di apprendimento che combina eventi di formazione in classe (anche virtuale ma live) e percorsi individuali su piattaforme online. Nel caso della leadership questo approccio va oltre i tradizionali corsi e si focalizza su come far provare esperienze coinvolgenti e illuminanti ai partecipanti che siano d’aiuto a sviluppare relazioni, gestire incarichi impegnativi e coinvolgere i propri team. E’ necessario quindi mettere in piedi strategie in grado di attivare anche quella parte di apprendimento che avviene poi direttamente sul posto di lavoro.

In Capoleader crediamo fortemente che la leadership possa essere allenata e appresa. Oggi più che mai, la capacità e la volontà di imparare dall’esperienza è la base per gestire un team con successo. Come si diventa leader? Va considerata la regola 70-20-10 su come i dirigenti imparano, crescono, e cambiano nel corso della loro carriera. Questa regola suggerisce che i leader di successo imparino all’interno di tre esperienze:

  • incarichi impegnativi (70%)
  • sviluppo relazioni (20%)
  • corsi e formazione (10%)

La maggior parte delle organizzazioni riconosce che la formazione tradizionale da sola può essere limitata nell’impatto sullo sviluppo della leadership, però continuano a investire la maggior parte del loro budget in addestramento tradizionale e passivo (ascolto, vedo, leggo etc..). C’è una chiara difficoltà su come sistematizzare e valutare una strategia di apprendimento che includa anche esperienze sul posto di lavoro e lo sviluppo del networking.

Uno dei trend più diffusi è quello di progettare percorsi in cui delle piattaforme di e-learning con una serie di lezioni online siano alternate ad eventi d’aula. Questo approccio al Blended non fa nulla per approfondire il famoso 90% di apprendimento non formale.

Ridefinire il Blended

Il vero Blended Learning per la leadership non si limita a mescolare eventi di formazione in classe e virtuali. Invece, è una combinazione di apprendimento formale combinato con opportunità di apprendimento basate sul posto di lavoro o “informali”, rivolgendosi a tutti i segmenti della regola 70-20-10.

Ciò non significa ridurre al minimo l’impatto della formazione in classe, tutt’altro. L’aula offre opportunità uniche per la creazione di competenze, l’apprendimento tra pari, la valutazione, le attività esperienziali, il coaching e il tempo di riflessione e all’autoanalisi, il tutto in un ambiente sicuro e riservato rimosso dalle distrazioni del posto di lavoro.  L’aula può diventare così lo strumento con il quale i partecipanti possono essere protagonisti, condividere le proprie esperienze, creare network non professionali ma più incentrati alle modalità di esercizio della leadership. Il trainer, in questo modo, diventa facilitatore del processo più che portatore di conoscenza. Questa è già presente nelle esperienze dei singoli membri, essi devono semplicemente lasciarne l’accesso ai loro colleghi.

Come accelerare l’esperienza? La nostra soluzione è preparare il terreno dell’aula virtuale con la leadership simulation. Fligby è uno strumento eccezionale per andare a sollecitare l’esperienza informale sul posto di lavoro, semplicemente questo è virtuale, costruito appositamente per mettere a disposizione un incarico impegnativo (il Direttore Generale di un’azienda), risorse diverse per carattere e personalità (i collaboratori virtuali) e le situazioni concrete nelle quali prendere decisioni e testare le proprie abilità (23 scene con più di 150 decisioni).

La terza area di intervento dei nostri percorsi di Blended Learning è quella basata sui valori e sul modello di leadership. E’ importante per chi vuole diventare un leader efficace essere ingaggiato sulle fondamenta del proprio agire. Avere un frame definito di riferimento nel proprio agire è altamente facilitante. La Leadership che promuove il Flow è proprio questo un modello di riferimento molto flessibile e valido in diversi contesti in cui il rispetto, il coinvolgimento e il benessere delle persone sia al centro del nostro agire. Il Flow diventa lo strumento per portare tutto questo ai propri collaboratori e per creare ambienti lavorativi felici e produttivi.

Il nostro approccio Blended

Quello che abbiamo costruito è un modello blended in cui si combinino sapientemente un’infrastruttura informatica game based e interattiva (Fligby) delle sessioni d’aula con metodologie avanzate di facilitazione (Debriefing) in cui il partecipante possa riflettere sull’esperienza di gioco, estrarre nuovi insegnamenti, dare feedback, trovare applicazione di quanto sperimentato implementando nuovi approcci e infine far entrare nel proprio vissuto un nuovo approccio alla leadership basato sul pieno coinvolgimento delle persone (Leadership che promuove il Flow).

Questa versione evoluta di blended learning ha innumerevoli vantaggi:

  • Flessibilità dell’utilizzo individuale – la piattaforma è disponibile 7 gg su 7 e h24;
  • Role playing – i partecipanti entrano in un nuovo ruolo e sperimentano nel luogo di lavoro virtuale;
  • Interattività – sia nel gioco che nei debrief si è sempre attivi e protagonisti.
  • Amplia la visione – condividendo le proprie esperienze e scelte si fornisce agli altri membri del gruppo approcci diversi alle decisioni.
  • Teoria e pratica insieme – combinando l’esperienza reale e la filosofia del gioco si rende più comprensibile come quest’ultima ha effetto nella realtà aziendale del partecipante.
  • Ownership dell’apprendimento – quello che emerge nei debrief diventa di proprietà del gruppo.
  • Output finale – una volta finito il percorso rimane a disposizione dell’aula tutto il materiale generato nelle sessioni (appunti, slides compilate insieme e risultati di gioco collettivi)
  • Dal collettivo all’individuale – a fronte di quanto è emerso nelle riunioni plenarie è più facile lavorare anche individualmente sulle aree di miglioramento emerse e si riceve un feedback sul proprio stile di leadership.

Questo approccio blended 2.0 consente di mettere a frutto le risorse della piattaforma informatica, della facilitazione e di un innovativo sistema di valori e fornire alle HR uno strumento adeguato per permettere ai leader di imparare in modo più efficace.

Non resta che provare con mano…. scopri di più sui nostri percorsi, organizza una videocall informativa con un esperto clicca qui