Quando parliamo di gamification manageriale ci riferiamo all’applicazione delle meccaniche del gioco nei contesti aziendali per raggiungere obiettivi di apprendimento. Molte aziende hanno già adottata questa metodologia, altre sono ancora diffidenti. Spesso questa diffidenza deriva dai falsi miti sulla gamification manageriale.

La confusione attorno alla gamification, secondo Francesco Lutrario, responsabile e docente presso il GamificationLab Sapienza di Roma, viene generata anche per colpa della lingua italiana. Infatti, se in inglese il termine “play” può essere associato , per esempio, a chi suona uno strumento, in italiano “giocare” è un termine che difficilmente useremmo per identificare qualcosa di “serio”.

Vediamo quali sono i falsi miti sulla gamification manageriale che spesso rappresentano ancora delle resistenze per le aziende.

I 4 falsi miti 

1. La Gamification è divertente ma poco utile
FALSO. La Gamification riprende le regole dei giochi come ad esempio i punteggi, le sfide e la competizione, ma è finalizzata ad obiettivi specifici di apprendimento. Il gioco rende l’apprendimento divertente. Se le persone sono coinvolte nell’esperienza, l’efficacia dell’insegnamento aumenterà, creando un’esperienza unica e immersiva.

2. La Gamification non è adatta a tutti i settori
FALSO. Utilizzare la gamification in azienda è una cosa seria tanto quanto lo è fare business, indipendentemente dal settore in cui l’azienda opera. Introdurre elementi di gioco in un lavoro può aiutare i dipendenti a monitorare le proprie prestazioni, fissare obiettivi e impegnarsi in una competizione amichevole che può migliorare l’ambiente di lavoro e le prestazioni aziendali.

3. La Gamification non piace alle persone più anziane
FALSO. Secondo un’indagine svolta da Euromedia Research e Multiplayer, 8 italiani su 10 confermano di aver utilizzato i videogiochi almeno una volta negli ultimi sei mesi, su diverse piattaforme (console, smartphone, tablet e pc). Questo vuol dire che l’81% della popolazione è interessata al gioco, a prescindere dall’età.

4. La Gamification costa troppo
FALSO. La formazione gamificata può raggiungere tutte le persone dell’azienda grazie a piattaforme apposite. Il costo sarà decisamente inferiore rispetto alla formazione tradizionale e consentirà di formare più risorse.

La Gamification manageriale, come abbiamo visto, consente di portare nelle aziende divertimento e apprendimento, ma ci sono molti altri vantaggi che si possono ottenere:

  • Aumenta il coinvolgimento dei collaboratori andando a creare esperienze coinvolgenti.
  • Si possono ottenere feedback istantanei sugli obiettivi raggiunti durante il percorso didattico.
  • E’ possibile sbagliare e imparare dai propri errori senza il rischio di andare incontro a danni collaterali.
  • Migliora l’esperienza di apprendimento perché le persone abbassano le proprie difese e aumentano la possibilità di acquisire le informazioni.
  • Aumenta la produttività.

Uno strumento di Gamification manageriale: FLIGBY

Fligby è un simulatore di leadership in forma di e-learning, che si articola in più scene interattive. Il giocatore assumerà il ruolo di Manager di un’azienda vinicola e dovrà affrontare sfide, gestire i propri collaboratori e raggiungere degli obiettivi prestabiliti.

Il programma di sviluppo della leadership di FLIGBY combina l’esperienza di apprendimento dei videogiochi con la valutazione psicometrica basata sul gioco. Alla fine della partita, infatti, verrà restituito ai giocatori un report sulle 29 capacità di leadership contenute nel gioco, evidenziando punti di forza e aree di miglioramento.

Perchè Fligby è efficace?

  • FLIGBY è basato sul Flow, le sfide manageriali e le opzioni che presenta sono pienamente compatibili con una vasta gamma di teorie della leadership, migliorandole tutte.
  • Alla fine del gioco, la simulazione di leadership FLIGBY fornisce un report individuale del proprio set di abilità, con una gamma di opzioni di benchmarking disponibili.
  • FLIGBY porta entusiasmo e ispirazione all’insegnamento di un ampio ventaglio di argomenti di leadership; la maggior parte dei giocatori sperimenta il flusso (Flow) personale durante il gioco.
  • La simulazione di leadership FLIGBY è un potente strumento per innovare la cultura e le prestazioni manageriali.

 

Sara Cascio

Molti di noi pensano genuinamente che avere più soldi ci renderà più felici; altri si sentono altrettanto sicuri che il denaro non possa comprare la felicità. Quindi cos’è giusto? Nonostante molti filosofi, economisti e psicologi si siano fatti la domanda nel corso delle generazioni, non c’è una risposta definitiva. Come al solito in tema di felicità la risposta sembra essere: dipende.

Andiamo un po’ più in profondità sui fattori che complicano la relazione tra denaro e felicità e analizziamo varie ricerche scientifiche compiute negli anni per trovare qualche risposta. Concentriamoci in primis sul fatto di avere o guadagnare denaro, prima di pensare alle scelte per spenderlo.

Avere del denaro può rendermi felice?

La semplice risposta a questa domanda è si. Avere del denaro può renderti felice. Comunque, solamente fino ad un certo punto, e questa felicità dipende dal modo in cui ne sei venuto in possesso.

Molti studi hanno analizzato e provato a quantificare l’effetto del reddito sulla tua felicità. Certamente, il tuo reddito ha effetto a moltissimi elementi, come le dimensioni della tua casa, il modo in cui l’hai arredata, e forse il luogo nel quale vivi. L’esperto di wellbeing Gethin Nadin afferma “Il denaro contribuisce alla felicità quando ci aiuta a soddisfare i bisogni primari, ma la ricerca ci dice che oltre un certo livello più soldi non generano più felicità”.

La professoressa di psicologia Sonja Lyubomirsky, dell’Università della California voleva quantificare il reddito necessario per essere felici. Ha chiesto a persone che avevano un reddito annuo pari a 30.000 usd quanto necessitassero per essere felici. La risposta fu 50.000 usd. Quando lo ha chiesto a persone che guadagnavano 100.000 usd questi hanno stimato essere 250.000 usd. I suoi studi hanno dimostrato che non era importante quanto le persone guadagnassero, queste pensavano sempre ne servisse un po’ di più per essere veramente felici.

Spesso viene citato uno studio di Princeton del 2010 che suggerisce che la felicità è collegata al reddito, ma solo fino ad un certo livello. Felicità e reddito salgono insieme fino alla soglia di 75.000 usd. Dopo questo importo, sembra che incrementi di reddito portino degli incrementi lievi di felicità. Questo stesso studio dimostra che questi incrementi di reddito fino ai 75.000 usd riducono altresì l’impatto di circostanze negative. Ad esempio, gli individui che guadagnano di più sono meno portati a percepire tristezza, anche se devono affrontare un divorzio o convivere con una severa asma.

All’interno di questo studio non vengono però presi in considerazione i milionari e il denaro ereditato. Queste categorie vengono analizzate da uno studio del 2017. Questo ha trovato che esistono differenze nell’ambito della felicità tra coloro che possiedono patrimoni da 1-3 milioni di dollari rispetto a quelli con fortune da 10 o più milioni. Questi ultimi sembrano decisamente più felici dei loro cugini un po’ più poveri. Lo stesso studio trova evidenza che chi si è costruito la propria ricchezza è decisamente più felice di chi è nato nel lusso e nell’abbondanza. Andrew Carnage sembra avesse ragione quando affermò che “ricchezze enormi minano i talenti e le energie di un bambino, portandolo a vivere una vita meno ricca di significato e meno degna rispetto a quelle di persone meno ricche alla nascita”.

L’effetto lotteria

il denaro e la felicità

Un’ulteriore area di studio tra i ricercatori della felicità è il caso di chi ha vinto del denaro. Ci sono diversi studi su questo argomento e mostrano la relazione tra il denaro e altre variabili come la classe socio-economica, la posizione geografica e varie altre. Questo perché esistono numerosi gruppi di controllo dei dati, rappresentati da chi non ha vinto la lotteria. In linea di massima sembra che la felicità non sia un granché aumentata per chi ha vinto discrete o ingenti somme di denaro.

Uno studio del 1978 su 22 vincitori della lotteria con un premio medio di 480.000 usd ha dimostrato livelli di felicità non dissimili da quelli dei gruppi di controllo. Infatti, gli individui che hanno vinto dei soldi hanno segnalato che le attività ordinarie come vedere la TV e socializzare con gli amici non gli generavano più felicità di quella dei gruppi di controllo. Un ulteriore studio del 2007 ha altresì dimostrato che le persone che hanno vinto dai 200.000 usd in su hanno sperimentato livelli di stress significativamente più alti nei successivi due anni.

Nel 2018 uno studio di Grant E. Donnelly ha concluso che delle vincite di moderati importi portano maggiore felicità ma solo per poco tempo. In definitiva questi esempi indicano che il punto non è tanto la quantità denaro che si possiede, ma le modalità in cui il denaro ti possa rendere felice e come lo si sia ottenuto.

Spendere il denaro ci rende felici?

Se il punto non è solo avere del denaro, il modo in cui lo spendiamo ha un significativo impatto sulla nostra felicità. Il detto dice che “il denaro non compra la felicità”, ma è vero?

Uno studio molto famoso di Thomas Gilovich del 2014 ha dimostrato che spendere il denaro in esperienze piuttosto che in oggetti rende più felici le persone. Gilovich ha concluso che acquistare delle esperienze ha alta possibilità di migliorare i legami sociali.

Questo probabilmente perché normalmente si condividono le esperienze con altre persone o perché si è portati a raccontare agli altri ciò che abbiamo vissuto. Le nostre esperienze inoltre vanno normalmente a impattare la nostra identità molto più che le nostre proprietà. Ad esempio, potresti essere la persona che ama andare alle partite con il tuo abbonamento o quello che è solita andare in crociera con i propri amici. Le tue vacanze in Sardegna sono state favolose ma è molto più difficile dire se sono state meglio delle vacanze a Londra del tuo collega. Invece è molto più semplice comparare la tua auto con la sua.

il denaro e la felicità

La saggezza popolare suggerisce che comprare oggetti non ci farà più felici, ma nonostante questo in molti si instaura un pensiero che va contro questo approccio. Chi non ha prima o poi pensato che un computer più prestante, un telefono nuovo o la maglietta del nostro giocatore preferito ci facesse essere più felici? Il problema è che questa felicità dura per un momento perché la nostra mente si abitua velocemente agli oggetti che possediamo. Questo implica che la nostra felicità non viene sostenuta a lungo termine dagli oggetti per i quali abbiamo speso in nostri soldi.

E’ vero però che il processo di acquisto di piccoli oggetti (ricerca, comparazione, analisi dei benefici che questo oggetto ci genererà) può generare innalzamenti del livello di felicità fino al momento dell’acquisto vero e proprio. Insomma l’aspetto piacevole sembrerebbe proprio il pensare all’acquisto, piuttosto che il possesso dell’oggetto.

Un fattore molto interessante confermato da diversi studi sembra il fatto che spendere del denaro per le altre persone porta più felicità che comprare oggetti per noi stessi. Molte persone intervistate a questo proposito dichiarano che preferiscono spendere per sé stessi, ma i risultati delle varie ricerche sembrano non confermare questo approccio. In una di queste analisi Elizabeth Dunn dell’Università della British Columbia ha fornito dei soldi ai partecipanti che facevano parte di due gruppi. Il primo doveva spenderli per sé stesso, il secondo per altre persone.

Dunn ha scoperto che il secondo gruppo aveva un incremento della felicità decisamente più consistente e anche più duraturo. Questo perché spendere per gli altri è un’attività sociale e ci fa acquisire una migliore opinione di noi stessi (anche quando il regalo è forzato da uno scienziato).

Spendere denaro per il tempo

La sola cosa che penso sia veramente meravigliosa del denaro è il fatto di poter comprare il tempo. Nel passato quando lavoravo lontano da casa ero solito calcolare il tempo necessario per rientrare e poter giocare con i miei figli. Questo tempo era altamente prezioso e per poterlo comprare ho scelto mezzi di trasporto spesso non convenienti, ma che mi hanno permesso di spendere più tempo con i ragazzi. La buona notizia è che tutti gli studi dicono che spendere denaro per il tempo ci rende più felici. Ci sono diversi modi per comprare il tempo:

  • lavorare meno per avere più tempo da dedicare alle nostre passioni, in questo caso il prezzo è il mancato guadagno.
  • pagare qualcun altro per fare dei lavori al nostro posto (tagliare il prato, stirare, pulire casa etc)
  • acquistare oggetti o equipaggiamento che semplifica alcune attività (robot per pulire il pavimento, tagliare l’erba, lavare i vetri etc)

Secondo la psicologa Lyubomirsky se reinvestiamo il tempo in certi tipi di attività come, passare del tempo con gli amici o la famiglia, dedicarsi alla musica o ad altre attività culturali, imparare nuove abilità e facendo volontariato, andremo ad aumentare la gioia nella nostra vita.

Il denaro a lavoro

Guardando in ambito lavorativo se pensiamo ad un collaboratore che utilizza strumentazione che lo costringere a utilizzare il suo tempo inutilmente, ad esempio un Pc lento, risulta molto evidente che potremmo utilizzare il denaro per recuperare il suo tempo attraverso un investimento in un pc al passo con i tempi e generare un duplice impatto sulla sua felicità e sulle sue prestazioni.

lo stress da denaro

Concludiamo questa carrellata sugli studi che mettono in relazione il denaro e la felicità con un argomento che ha molto impatto nell’ambito organizzativo. Una recente ricerca del 2020 ha dimostrato che preoccuparsi per il denaro è uno delle più grosse cause di stress sia nell’ambito delle prestazioni lavorative, sia nell’ambito delle relazioni personali e sociali. I “preoccupati” perdono da 1 a 3 giorni all’anno nello stress andando ad impattare sulla qualità del lavoro e contaminando l’ambiente lavorativo con negatività e malcontento.

L’opinione di molti è che i datori di lavoro dovrebbero farsi carico delle situazioni finanziarie dei propri dipendenti garantendo salari adeguati e promuovendo un approccio corretto con il denaro e formazione in questo ambito. Se analizziamo il livello di fiducia nelle istituzioni finanziarie (banche , intermediari etc) e quello nei confronti del datore di lavoro, scopriamo che quest’ultimo ha una grado di autorevolezza e fiducia molto più alto.  Sembrerebbe emergere che i datori di lavoro sono nelle condizioni migliori per sostenere la cultura finanziaria dei propri collaboratori e così facendo migliorare il loro benessere mentale.

Ritieni che questo potrebbe portare anche al miglioramento delle prestazioni? Io sono convinto di si.

Ho partecipato a moltissimi corsi di formazione con modalità differenti come aule virtuali, lezioni frontali, lavori in piccoli gruppi e modalità blended. Più frequentavo questi corsi, più mi appassionavo al bellissimo mondo della formazione. Ogni corso mi ha permesso di crescere sempre di più personalmente e professionalmente. Fino ad arrivare al punto di trovarmi “dall’altro lato” di un progetto di gamification manageriale.
A luglio è arrivato il momento tanto desiderato di gestire, con due colleghi esperti, il mio primo percorso di sviluppo della Leadership Fligby, come trainer.

Il percorso Fligby, un simulatore di leadership ideato da Csikszentmihalyi, comprendeva un incontro di briefing, tre settimane di gioco individuale, un incontro di debriefing e un’ora di coaching con ciascun partecipante.
Ero molto emozionata e allo stesso tempo entusiasta di questa opportunità. Il percorso di gamification manageriale è interamente online, ma nonostante la distanza fisica delle persone si è creato da subito un bellissimo clima che ci ha fatto dimenticare di essere ognuno in una città differente.

Cosa ho imparato?

La cosa che mi ha colpito di più è stata la quantità di cose che ho potuto imparare, nonostante non fossi nel ruolo del partecipante.
Ogni condivisione, ogni racconto ed ogni esperienza che i partecipanti hanno portato è stata utile per scoprire la varietà di ciascun lavoro, per capire come problemi condivisi vengano affrontati in modo differente e come ognuno utilizzi strategie differenti per affrontare situazioni simili.

Inoltre, durante tutto il percorso ho avuto la possibilità di allenare alcune mie competenze. Per esempio l’ascolto attivo e l’empatia. Soprattutto durante gli incontri di coaching è importante creare un rapporto di fiducia, in modo tale che la persona possa parlare di sé in un ambiente non giudicante. L’empatia è fondamentale per rendere la relazione efficace. Consente di percepire le emozioni dell’altro e “collegarsi” a lui cogliendo ogni aspetto del messaggio che viene detto.

Un’altra importante skill che ho potuto potenziare è stata la gestione del tempoE’ facile perdere la cognizione del tempo lasciandosi trasportare delle condivisioni dei partecipanti, capita quando siamo in uno stato di Flow, ma è altrettanto importante rimanere nei tempi. Per questo abbiamo creato una dettagliata tabella che ci ha permesso di capire minuto per minuto se fossimo in orario o se fosse necessario proseguire. A volte abbiamo dovuto riequilibrare i tempi perché gli imprevisti sono all’ordine del giorno, soprattutto nelle formazioni digitali, ma questo ha sicuramente migliorato la mia competenza di problem solving. Tutto ciò è stato possibile grazie al lavoro di squadra con i miei colleghi. Ognuno aveva il suo ruolo e i suoi compiti e questo ha reso la formazione ancora più efficace.

Le difficoltà

Come in ogni cosa, ci sono state delle difficoltà. Prima fra tutti l’ansia di essere all’altezza della situazione, ma una volta che si inizia a parlare questa sensazione di paura svanisce, lasciando posto solo alla voglia di rifare questa esperienza.
Un aspetto complesso da affrontare riguarda la diffidenza iniziale che le persone hanno nei confronti di una formazione che prevede un gioco come strumento. Sono ancora in molti a pensare che apprendimento e divertimento non vadano d’accordo, ma questo è un errore! Giocando abbassiamo le difese, assumiamo un ruolo diverso dal solito, interagiamo con altre persone, seguiamo delle regole e ci divertiamo. Tutto questo mentre apprendiamo nuove conoscenze e abilità in modo semplice. La gamification manageriale funziona e accelera l’apprendimento.

Un altro punto complicato è relazionarsi con persone con caratteristiche molto diverse. Ci sono partecipanti pronti ad aprirsi con noi, mettersi in gioco e lavorare sulle proprie aree di miglioramento, altri, invece, sono più diffidenti e magari non hanno voglia di lavorare su di sé. Bisogna, quindi, trovare la chiave giusta per creare un luogo sicuro e non giudicante in cui poter affrontare argomenti delicati senza timore.
Ogni difficoltà rappresenta una sfida che ci permette di crescere e aumentare le nostre conoscenze e abilità.

Tornando indietro, rifarei lo stesso percorso che mi ha portato ad essere una Facilitatrice di Fligby?

Assolutamente sì!
Ho capito che questa è la strada che voglio seguire. Aiutare le persone a far emergere le loro risorse, potenziando i propri punti di forza e le proprie aree di miglioramento, sul lavoro e nella vita, è sempre stato il mio sogno fin da quando ho scelto Psicologia del Lavoro come corso Magistrale all’Università.
Il fatto di poterlo fare con una modalità innovativa e coinvolgente, ovvero con Fligby, un simulatore di leadership, unico in Italia, rende il tutto un’esperienza meravigliosa.

 

Sara Cascio

“Non penso voi abbiate realizzato quanto sia pericoloso ciò che mi è successo, e neppure devo spiegarvi perché la mia salute sia al primo posto. La salute fisica è anche salute mentale. È onestamente pietrificante provare a utilizzare il proprio talento quando la tua mente e il tuo corpo non sono sincronizzati.” Questo è quello che Simone Biles, la ginnasta superstar statunitense, ha detto mentre spiegava la propria decisione di abbandonare le finali di Tokyo 2020. La sua frase e il suo abbandono hanno sconvolto gli spettatori delle Olimpiadi e ha lanciato una discussione circa la salute mentale degli atleti.

Le Olimpiadi di Tokyo con il motto “Più veloce, più alto, più forte – insieme” è stato il terreno di cambiamenti profondi in molti aspetti della società, salute mentale inclusa. La fotografia è stata ancora più nitida quando la tennista giapponese Naomi Osaka, che è scesa in campo nella lotta per sensibilizzare il tema della salute mentale, ha acceso la fiamma olimpica. Un disagio mentale nasce dal seme delle alte aspettative e lo scenario peggiora quando le stesse si innalzano a causa del numero elevato di risultati conseguiti nel passato.

La psicologia umana di base spinge ad aumentare la pressione sulle persone quando raggiungono dei alti risultati e successo al contrario di dimostrare compassione nel momento in cui si fallisce. Comunque, le olimpiadi ci hanno insegnato il corretto significato dello spirito sportivo e la compassione, ripetutamente attraverso diversi incidenti. Gli atleti hanno preso il più grande evento sportivo del mondo oltre la pura competizione.

Nella semifinale degli 800 metri maschili, gli atleti Nijel Amos del Botswana e Isaiah Jewett degli Usa sono caduti a terra aggrovigliandosi, con la contemporanea eliminazione di entrambi. Ciononostante, invece di esprimere frustrazione, hanno lasciato la pista insieme sorridenti, dopo essersi aiutati a vicenda a rimettersi in piedi.

Gli atleti olimpici ci hanno insegnato a trattarci come compagni di squadra piuttosto che rivali. Hanno creduto in una sana competizione piuttosto che nell’inimicizia. Forse è proprio questo che non hanno mai mancato di conquistare milioni di cuori con i loro atti di compassione. La finale del salto in alto è finita con un incredibile immagine di condivisione della medaglia d’oro, con Mutaz Barshim del Qatar che è andato dai commissari a chiedere se potessero esserci due medaglie d’oro ed ha deciso di condividere la vittoria con il suo amico Giammarco Tamberi.

Nella lotta per una medaglia d’oro, gli atleti ci hanno impartito delle lezioni di vita. Oltra a mostrarci il percorso verso l’illuminazione ci hanno insegnato anche la dedizione. L’approccio della fondista olandese Sifan Hassan ci ha fatto imparare che non ci sono ostacoli tra una persona dedita al suo scopo e i suoi obiettivi. Nel corso dell’infuocata gara dei 1500 metri la campionessa del mondo è caduta e ruzzolata sulla pista ma si è rialzata ed ha terminato con una vittoria. La sua attitudine a non darsi per vinta si riflette nel suo duro lavoro. Un coach può guidarci ai nostri obiettivi illuminandoci con le sue tecniche, ma la dedizione e la compassione devono essere presenti. Gli atleti olimpici testimoniano che non c’è nulla oltre l’umanità, non importa cosa, e che dobbiamo imparare ad accettare i nostri difetti e lavorare su questi invece di creare inimicizia con i nostri colleghi.

Dedizione e compassione che permettono di entrare nel Flow, dare senso a quello che facciamo e di allontanare i disagi e le paure.

In qualità di leader riconosci queste due qualità nel tuo operato?

I tuoi interlocutori e collaboratori entrano in Flow?

Ricordati che il coinvolgimento e il benessere lavorativo sono le fondamenta per costruire prestazioni e risultati eccezionali!

E’ sempre più importante utilizzare nuovi strumenti per ottimizzare le prestazioni sia nella vita professionale che nello sport. Mettiamo a confronto due approcci alla prestazione che sono complementari e arricchiscono le nostre possibilità di sviluppo: FLIGBY e SFERA.

Fligby è un simulatore di leadership, uno strumento che aiuta le persone, in poche ore di gioco, a sperimentare situazioni reali che in azienda capiterebbero in molti anni di esperienza.

Con Fligby si ha la possibilità di diventare Direttore Generale di una Azienda Vinicola e di raggiungere gli obiettivi desiderati gestendo il proprio team, formato da sette persone con caratteristiche molto diverse tra loro, e affrontando situazioni complesse e a volte complicate che metteranno alla prova le proprie capacità di leadership.

Possiamo descrivere Fligby come un acceleratore di esperienza, grazie al quale ciascun giocatore può scoprire i propri punti di forza e le proprie aree di miglioramento per cercare di diventare un leader migliore. Fligby rappresenta un potente strumento di formazione manageriale ed è basato sulla Teoria del Flow del Prof. Mihaly Csikszentmihalyi.

Cos’è il Flow?

Il Flow è lo stato mentale che si raggiunge durante un’attività, quando si è completamente immersi in una sensazione di concentrazione energica, pieno coinvolgimento e godimento.

Facilitare il Flow è una condizione essenziale per una buona leadership perché chi si diverte lavorando raggiunge anche performance più alte durante le proprie attività.

Quali sono i benefici del Flow in azienda?

  • Il lavoro diventa una fonte di divertimento e di crescita personale
  • Ogni lavoratore raggiungerà prestazioni ottimali
  • L’engagement sarà elevato e il turnover diminuirà

Il Flow si sperimenta quando le nostre capacità sono perfettamente in linea con le difficoltà del compito che stiamo svolgendo. Quando il compito è troppo difficile proviamo uno stato di ansia, quando invece è troppo semplice, proviamo uno stato di noia.

Un buon Leader è colui che riesce a portare i propri collaboratori all’interno del canale del Flow cercando di aiutarli a raggiungere la loro massima prestazione.

Come si raggiunge una prestazione ottimale?

Per aiutare le persone ad ottenere ottime performance, raggiungendo uno stato di Flow, possiamo avvalerci di uno strumento di analisi e di ottimizzazione della prestazione: il Modello S.F.E.R.A.

È stato ideato dal Prof. Giuseppe Vercelli ed è riconosciuto nel panorama nazionale ed internazionale per lo sviluppo della prestazione.

S.F.E.R.A. è l’acronimo di Sincronia, Punti di Forza, Energia, Ritmo e Attivazione, questi rappresentano i cinque fattori che compongono il modello.

Vediamoli nel dettaglio:

  • Sincronia: è la capacità di essere presenti e concentrati su ciò che si sta facendo nel momento della prestazione.
  • Punti di Forza: sono le capacità e abilità fisiche, tecniche e mentali, che l’atleta riconosce di possedere ai fini di una prestazione d’eccellenza.
  • Energia: è l’uso attivo della forza e della potenza. Se utilizzata nella giusta quantità ci permette di utilizzare al meglio le risorse disponibili.
  • Ritmo: è l’ordinata successione degli intervalli di tempo, ciò che genera il giusto flusso nella sequenza dei movimenti.
  • Attivazione: è il valore aggiunto, il motore motivazionale, la massima espressione della passione, che permette all’atleta di superare i limiti.

Quando i cinque fattori sono ben bilanciati, la persona riuscirà ad entrare nella SFERA della massima prestazione.

Entrare nella SFERA permette di raggiungere lo stato di Flow e di sentirsi in perfetta armonia con se stessi, con gli altri e con il mondo circostante. Tutto sembra naturale, piacevole e divertente.

Le persone che raggiungono questo stato vivono una sensazione di grande fiducia e consapevolezza. Hanno la percezione di muoversi in maniera quasi automatica e la loro mente e il loro corpo sono in perfetto accordo.

Cosa accomuna Fligby e S.F.E.R.A?

Entrambi gli strumenti permettono di raggiungere lo stato di Flow, uno stato di massima concentrazione in cui non si è in balia di forze esterne, si sa perfettamente cosa fare e come farlo, si è in un completo stato di benessere, e soprattutto, ci si diverte.

Entrambi permettono di allenare le competenze delle persone in ottica di un continuo miglioramento, lavorando sui propri punti di forza e potenziando le proprie aree di miglioramento.

Questi due strumenti permettono di raggiungere le condizioni ottimali per ottenere prestazioni elevate sul lavoro, nello sport o nella propria vita privata.

Riferimenti bibliografici

Vercelli G., Vincere con la mente, Ponte alle Grazie, Milano, 2006

Csikszentmihalyi M, Flow, Roi Edizioni, Milano, 2021