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APPRENDERE ANNEGANDO O PROVANDO PIACERE?

Ti piace la scuola? Facciamo questa domanda a degli studenti e quasi unanimemente riceveremo la risposta che non amano il lavoro a scuola. Data questo presupposto cosa c’è che li motiva a dedicare così tanto tempo ai loro studi? Se facciamo una riflessione sul metodo di apprendimento, e questo è valido in qualsiasi ambito anche extrascolastico, possiamo riconoscere due modelli: quello dell’apprendere annegando e quello dell’apprendere divertendosi.

Il primo modello è basato su due aspetti:

  • Il desiderio di liberarci dal dolore può essere un forte agente motivante
  • una volta liberi, possiamo facilmente scambiare il nostro sollievo con la felicità.

Una persona la cui testa viene spinta sott’acqua soffrirà enormemente e cercherà di liberarsi. Quando finalmente viene liberata, cercherà l’aria e proverà una sensazione di immenso sollievo. Gli studenti che non amano la scuola vivono un’esperienza meno drammatica, ma la natura della loro motivazione – il bisogno di evitare conseguenze negative – è simile. Per tutta la durata del periodo scolastico, annegando in compiti che non amano, sono motivati dalla paura del fallimento. Alla fine del periodo scolastico, liberati da libri, compiti ed esami sentono un travolgente senso di sollievo che, al momento, può assomigliare molto alla felicità. Questo modello, dove il dolore è seguito dal sollievo, è quello di cui ci viene dato imprinting fin dalla scuola elementare. E’ facile notare come, inconsapevoli di alternative, una vita votata al sacrificio verso la carriera possa sembrarci tutto sommato allettante e normale.

Il modello dell’apprendere divertendosi offre un modo differente di pensare l’apprendimento, che racchiude benefici sia immediati che futuri. Come impegnati in un piacevole gioco trascorriamo ore leggendo, facendo ricerche ed elaborando il nostro pensiero. Questo gioco è volto alla vittoria finale rappresentata dalla scoperta, dall’applicazione del sapere, dalla soluzione di un problema attraverso la nostra conoscenza. Anche in questo caso, come per l’apprendere annegando, c’è uno scopo finale desiderabile, ma questa volta proviamo soddisfazione durante tutto il percorso.

Assicurarsi che il processo di apprendimento sia piacevole in sé dipende in parte da ciascuno studente, specialmente all’università o alle superiori, dove godono di maggiore indipendenza. Ma quando gli studenti sono abbastanza maturi per prendersi la responsabilità della propria educazione, la maggior parte di loro ha già interiorizzato il modello e l’etica del carrierista. Hanno già imparato dai loro genitori che voti e premi sono la misura del successo, che è loro responsabilità ottenere eccellenti pagelle, piuttosto che godersi l’apprendimento per il gusto di imparare. Insegnanti e genitori che vogliono supportare i ragazzi a condurre vite felici devono essere i primi a credere che la felicità è la valuta fondamentale per misurare le nostre vite. I ragazzi sono estremamente sensibili ai suggerimenti e interiorizzeranno le convinzioni dei loro educatori, anche quando sono implicite.

Le scuole dovrebbero incoraggiare gli studenti a seguire il percorso che dia loro piacere e significato. Se uno studente vuole diventare un assistente sociale e si è preso il tempo per considerare i costi e benefici di tale carriera, allora l’insegnante dovrebbe incoraggiarlo, nonostante possa fare più soldi come analista finanziario. Se vuole diventare un uomo d’affari, allora dovrebbe essere supportato dai genitori anche se il loro desiderio fosse sempre stato quello che intraprendesse una carriera come medico. Se veramente siamo degli educatori che hanno a cuore la felicità dei nostri ragazzi questa è la cosa più naturale e logica da fare.

Se ti guardi alle spalle riconosci uno dei due modelli di cui stiamo parlando? Nel passato hai considerato come sacrifici o sofferenze il tuo impegno nell’apprendere? Sei davvero convinto del modello non c’è successo senza dolore?

Gli studi del prof. Csikzentmihalyi sul Flow e sullo stato ottimale delle prestazioni hanno dimostrato che il dolore non è assolutamente considerabile come uno stato che avvicini le nostre prestazioni migliori, anzi è sicuramente tutt’altro. Questi studi hanno dimostrato come un dodicenne sappia già distinguere chiaramente il lavoro dal gioco, una distinzione che accompagnerà la maggior parte di noi per il resto della nostra vita. Ai bambini è già chiaro che la loro educazione ha a che vedere con i compiti in classe, quelli a casa e il lavorare sodo. Percepire la scuola come un lavoro impedisce a gran parte degli studenti di godere la propri esperienza educativa, perché nei confronti del lavoro c’è un pregiudizio diffuso. Basti pensare alla punizione comminata ad Adamo ed Eva dopo aver mangiato il frutto proibito.

Sempre il Prof. Csikzentmihalyi mostra nei suoi saggi che le persone preferiscono il tempo libero al lavoro, una conclusione che nessuno trova sorprendente. Tuttavia è stato scoperto che le persone hanno molte più esperienze di Flow al lavoro di quante non ne abbiano a casa.

Il pregiudizio sul lavoro sta forse distorcendo la percezione della nostra esperienza? Stiamo forse valutando sistematicamente come negative delle esperienze lavorative positive?

Il segreto è proprio questo non solo dobbiamo provare esperienze ed emozioni positive ma dobbiamo anche riconoscerle e valutarle come tali e questo per come è costruita la nostra società è molto difficile.

Per fare questo la scuola non dovrebbe focalizzarsi solo sugli aspetti meramente tecnici e oltre alla triade del leggere, scrivere e far di conto  dovrebbe aggiungere il quarto elemento, a mio parere il più importante, il divertimento. Il presupposto principale per provare gioia mentre imparano, crescono e vivono.

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