La parola networking può essere tradotta come “rete di lavoro”, deriva dal sostantivo “net”, che significa rete, e il verbo “to work”, cioè lavorare. Fare networking significa costruire e mantenere relazioni professionali e personali con altre persone allo scopo di scambiare informazioni, opportunità e supporto. In ambito lavorativo parliamo di network tra colleghi per indicare una rete di contatti e relazioni professionali che possono aiutare a identificare opportunità di lavoro, sviluppare le proprie competenze, ottenere supporto e consigli e costruire relazioni positive con altri professionisti.

Spesso nelle aziende, quando il clima lavorativo non è molto positivo, si creano situazioni di competizione e tensione tra persone appartenenti a parti, funzioni o gruppi diversi. La comunicazione non è trasparente, le informazioni non passano e si evita di chiedere supporto per non far vedere che si ha bisogno di aiuto.
Queste dinamiche rischiano di compromettere la qualità e la quantità del lavoro svolto. Inoltre, incidono sul benessere e sulla soddisfazione dei lavoratori, che a sua volta impatteranno sul turnover e sull’assenteismo aziendale.

Lavorare sul networking tra colleghi può essere il primo passo per trasformare la situazione. Ogni gruppo di lavoro ha degli obiettivi specifici, ma ci sono dei macro-obiettivi che accomunano tutti i reparti. Esiste una mission aziendale che permette a tutti di identificarsi come un’unica squadra che lavora per la stessa finalità. Riuscire a dare un senso e un significato a quello che l’organizzazione fa è essenziale per creare le condizioni giuste per una collaborazione tra le persone.

Il networking tra colleghi consente di creare delle relazioni di supporto tra persone appartenenti a gruppi diversi, ma che magari condividono la stessa posizione lavorativa o hanno affrontato situazioni simili. Creare uno spazio di fiducia con i propri colleghi per condividere esperienze, chiedere consigli su come affrontare delle situazioni difficili e ascoltare l’altro è alla base di una cultura aziendale centrata sulle proprie persone.

network colleghi

La ricchezza del network

Uno degli obiettivi fondamentali dei nostri percorsi formativi è quello di lavorare sul networking tra colleghi. Per noi è importante che all’interno delle aule si instauri un rapporto di fiducia tra le persone, che consenta di mettere le basi per trasformare il gruppo da semplici “colleghi che lavorano insieme” a “network di leader”. In questo modo, finita la formazione, ognuno di loro potrà contare sugli altri come risorsa per il proprio lavoro, per esempio programmando incontri sistematici una volta al mese, in coppia o in gruppo (buddy), o semplicemente chiamando un collega nel momento del bisogno.

Per molte persone, condividere la propria esperienza può sembrare poco importante al fine lavorativo, ma rimangono sorpresi nel vedere il valore che le altre persone danno a quello che viene detto. Alcuni, da quel racconto, possono imparare qualcosa di nuovo, altri scopriranno modalità alternative a cui non avevano pensato, altri ancora potranno dare il proprio supporto morale, facendo sentire meno sola quella persona. Dalle condivisioni possono nascere nuove soluzioni creative, si può lavorare insieme su cosa sia andato storto in passato e si può trovare un aiuto dal punto di vista emotivo. Grazie alle esperienze degli altri è più facile trovare strategie valide per problemi simili. Sentire che cosa ha funzionato e cosa no nel gruppo del proprio collega può aiutare a capire quali siano i punti importanti da tener presente per essere efficaci.  Avere una rete di leader su cui contare è una ricchezza per le persone, ma anche per l’azienda.

Diffondere il Flow attraverso il network

Uno degli scopi dei nostri percorsi è quello di supportare un cambiamento culturale portando il concetto di Flow all’interno dell’azienda. Promuovere il Flow nelle organizzazioni porta molti vantaggi, come la possibilità di raggiungere prestazioni ottimali, aumentare la creatività, diminuire il turnover e lo stress e creare un ambiente in cui le persone siano felici e motivate. L’obiettivo delle nostre aule è passare dalla teoria alla pratica, trovando le soluzioni migliori per portare i benefici del Flow nel contesto aziendale specifico.
Quello che abbiamo notato è che se, per esempio, poniamo una domanda simile a “Come ti accorgi se le persone del tuo team sono nello stato di Flow?”, individualmente i partecipanti fanno più difficoltà a trovare le risposte o non sanno come fare a trasformare i concetti teorici in soluzioni pratiche. La situazione cambia nel momento in cui viene chiesto di lavorare in gruppo. Dal confronto e dalla condivisione a coppie o in team nascono soluzioni innovative e applicabili nella realtà aziendale.
I feedback che riceviamo dai partecipanti dei nostri percorsi riguardano spesso la sensazione di stupore che nasce nello scoprire i grandi vantaggi ottenuti grazie al supporto dei peer. La collaborazione tra persone di pari livello è la chiave per il successo, ma purtroppo molti manager sottovalutano ancora l’idea di aprirsi agli altri per trovare le soluzioni ai propri problemi, cercando solamente al proprio interno.

Il gruppo è più della somma delle singole persone che ne fanno parte. Grazie alla sinergia che si viene a creare, il network di leader è in grado di offrire opportunità di sviluppo professionale, supporto, sostegno e benessere psicologico.

Nelle ultime due settimane abbiamo parlato dell’importanza delle emozioni positive in azienda, approfondendo il legame tra leadership e intelligenza emotiva.

L’intelligenza emotiva è una qualità fondamentale per una leadership efficace, poiché consente di creare relazioni positive con i propri collaboratori, gestire situazioni complesse e prendere decisioni sagge.

Questa settimana vi proponiamo un video in cui Daniel Goleman spiega come valutare il proprio livello di intelligenza emotiva.

Essere consapevoli del proprio livello di intelligenza emotiva è molto importante. Il passo successivo è quello di intraprendere un percorso di allenamento di questa competenza che consenta di migliorare la qualità delle relazioni interpersonali e la capacità di gestire le situazioni difficili.

 

La settimana scorsa abbiamo parlato delle 10 emozioni positive che si possono sperimentare al lavoro per aumentare il benessere delle persone. In questo articolo faremo un passo avanti e andremo ad approfondire il concetto di intelligenza emotiva e flow.

L’intelligenza emotiva può essere definita come la capacità di un individuo di riconoscere, distinguere, etichettare e gestire le emozioni proprie e degli altri. E’ un costrutto relativamente recente poiché è stato introdotto nel 1990, dai professori Peter Salovey e John D. Mayer. Nel 1995 lo psicologo Daniel Goleman ha ripreso il costrutto di intelligenza emotiva rendendolo famoso grazie al suo libro “Intelligenza emotiva: che cos’è e perché può renderci felici.”

Secondo il modello introdotto da Goleman, l’intelligenza emotiva comprende una serie di capacità e competenze che guidano l’individuo, soprattutto nel campo della leadership, e che permettono di instaurare migliori rapporti sociali, prendere decisioni in linea con le proprie motivazioni e mantenere un livello di autostima elevato.

Secondo Goleman, i 5 pilastri che costituiscono l’intelligenza emotiva sono:

  1. Consapevolezza di sé: è intesa come la capacità di riconoscere le proprie emozioni, i propri punti di forza, i propri limiti e le proprie debolezze, e come queste caratteristiche personali siano in grado di influenzare gli altri.
  2. Gestire le proprie emozioni: è la capacità di gestire le proprie emozioni e sentimenti, adattandoli alle diverse situazioni che possono presentarsi, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati.
  3. Motivazione: è la capacità di riconoscere i pensieri negativi e di trasformarli in pensieri positivi che siano in grado di motivare sé stessi e gli altri, impegnandosi e restando costante nonostante le possibili avversità.
  4. Empatia: è la capacità di comprendere e percepire le emozioni delle altre persone, ascoltando in modo attivo, senza farsi condizionare dai pregiudizi.
  5. Abilità sociali: consiste nella capacità di gestire le relazioni con le persone allo scopo di indirizzarle verso il raggiungimento di un determinato obiettivo, comunicando in modo efficace, gestendo i conflitti e cooperando in team.

Riuscire a riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle delle altre persone non è semplice, serve un allenamento costante. Quindi, come possiamo fare pratica?

La mappa del Flow

Un modo per allenare la propria intelligenza emotiva è utilizzare un serious game come Fligby, in cui attraverso una simulazione, il partecipante assumerà il ruolo di Direttore Generale di un’azienda, gestendo un team di 7 persone, raggiungendo obiettivi e dando feedback.
Alla fine della partita, il gioco restituisce un report molto dettagliato su 29 abilità di leadership essenziali per diventare un buon leader, tra queste è presente l’intelligenza emotiva.
E’ possibile capire il proprio livello osservando il punteggio ottenuto su una scala da 1 a 100 e confrontandosi con il punteggio medio ottenuto dagli altri giocatori. Essere consapevoli del proprio livello di intelligenza emotiva è il primo step per potenziare questa competenza.

L’intelligenza emotiva è una skill importante per un leader, per questo motivo i giocatori di Fligby possono avvalersi di uno strumento molto utile per allenarsi: la mappa del Flow.

intelligenza emotiva e flow

 

Possiamo definire la mappa del Flow come un “radar delle emozioni”, in cui sono presenti otto stati emotivi che possono essere sperimentati dalle persone del proprio team:

  • Apatia: paragonabile a uno stato di indifferenza e mancanza di interesse
  • Preoccupazione: preoccupandosi, l’attenzione si sposta verso la negatività; i problemi diventano più grandi e le soluzioni sembrano non esistere
  • Ansia: è il timore per qualcosa che non è ancora successo e può causare il congelamento di qualcuno
  • Eccitazione: aumentando gli stimoli, le persone rispondono in modo più attento al loro ambiente
  • Flow: stato mentale in cui le persone sono completamente concentrate sull’attività o sul compito
  • Controllo: praticando, le abilità alla fine verranno applicate in modo routinario, con il rischio che il livello di abilità sia superiore alla sfida per eseguire un certo compito
  • Rilassamento: calma e assenza di eccitazione
  • Noia: nessun interesse per l’ambiente circostante, noioso, affaticato

Ogni volta che viene presa una decisione, il gioco mostra quale stato mentale sia stato assunto dai propri collaboratori. L’obiettivo principale è quello di capire come portare le persone nello stato di Flow. Più le persone sperimentano il Flow, più saranno coinvolte e soddisfatte delle proprie attività e di conseguenza raggiungeranno le loro migliori performance.

“Riuscire a entrare nel Flow è la massima espressione dell’intelligenza emotiva”, scrive Goleman, “nel flow le emozioni non sono solamente contenute e incanalate, ma positive, energizzate e in armonia con il compito cui ci si sta dedicando […] La caratteristica del Flow è una sensazione di gioia spontanea, perfino di rapimento. Poiché il flow ci fa sentire così bene, esso è di per se stesso gratificante.”
Uno strumento come la mappa del Flow è molto utile per capire l’impatto delle proprie decisioni sugli altri. Conoscere lo stato mentale attuale delle proprie persone permette di capire come aiutarle ad avvicinarsi allo stato di Flow. Per esempio se vediamo che un collaboratore sta sperimentando uno stato di ansia, possiamo decidere di diminuire la difficoltà del compito che sta svolgendo, oppure possiamo aiutarlo a sviluppare nuove competenze per far fronte alle sfide.

Ogni nostro comportamento, decisione o discorso avrà delle conseguenze emotive sulle altre persone. Nella realtà non è possibile avere un radar che ci indichi le emozioni che le altre persone stanno provando, però, molti leader, dopo aver concluso i percorsi con noi, decidono di inventare degli strumenti che li possano aiutare a migliorare la comunicazione con il proprio team. Riuscire a far sentire le persone accolte e comprese creerà un clima di fiducia, che a sua volta migliorerà la soddisfazione, l’engagement e la produttività.

Lo Smart Leadership Program è stato ideato in base alle richieste sempre più frequenti che CapoLeader ha ricevuto dal mondo manageriale. Gli ultimi due anni hanno costretto i manager a rivedere il modo di gestire i propri team, molti di loro si sono ritrovati spiazzati dalle mutate condizioni lavorative, gestire le persone a distanza, convivere con l’incertezza, bilanciare vita lavorativa con quella personale, percepire e assecondare i nuovi bisogni dei collaboratori, creare un network di risorse capaci di sostenere la figura del leader nella complessità del mutato contesto lavorativo. Queste sono diventate le nuove priorità della Smart Leadership.

La Teoria del Flow ci insegna che il bilanciamento tra abilità e sfide permette di trovare equilibrio e bilanciamento e di vivere il proprio ruolo con soddisfazione, coinvolgimento e alte prestazioni. In presenza di un deficit nelle abilità sopracitate riusciranno i leader a sostenere le sfide attuali e sperimentare lo stato di Flow?

Il percorso ambisce proprio a colmare questo gap e rendere più agevoli le sfide dei people leader. E’ prevista una modalità che accompagni i partecipanti nell’esplorazione delle nuove modalità di esercizio del proprio ruolo e li supporti nella riflessione sulle principali novità in atto nel sistema aziendale. Non si tratta di lezioni frontali perché i protagonisti sono proprio i discenti. Spazi di riflessione individuale si susseguono a momenti di condivisione delle proprie esperienza prima in piccoli gruppi poi insieme all’intera classe.

7 appuntamenti tematici su base bisettimanale con possibilità di mettere in pratica e sperimentare gli argomenti discussi in classe. Le principali tematiche trattate sono:

  • Il lavoro e le riunioni a distanza. Panoramica sulle nuove modalità di gestione del lavoro a distanza e utilizzo consapevole della tecnologia. Cosa cambia, cosa invece rimane invariato.
  • Nuovi approcci comunicativi. Dati i principi della comunicazione efficace tradizionale, va ripensato il modello comunicativo alla luce delle nuove regole di ingaggio.
  • Empatia ed ascolto attivo. In un contesto lavorativo dove stimoli e distrazioni sono in costante aumento, i people manager devono riuscire ad entrare in modalità ascolto sia a livello verbale che emotivo.
  • I nuovi bisogni lavorativi e l’equilibrio vita/lavoro. Il fenomeno della great resignation ci insegna che le persone hanno mutato le necessità e i fabbisogni in ambito lavorativo, partendo dalla piramide dei bisogni è necessario comprendere e aggiornare le priorità dei collaboratori.
  • I nuovi stili di leadership – La leadership gentile. Gli ultimi 3 anni ci hanno insegnato che il modello di leadership command & control non è più vincente nel contesto attuale. E’ necessario sviluppare un approccio più human centered e prendersi cura dei propri interlocutori.
  • Come coinvolgere ed ispirare oggi. Anche alla luce delle nuove generazione che sono entrate nel mondo lavorativo è necessario un cambio di paradigma per sviluppare engagement e ispirare i collaboratori. Quale storytelling è necessario?
  • La paura del giudizio e la cultura del lamento. I retaggi dei modelli tradizionali di management sono un ostacolo alla piena soddisfazione e alla produttività. Lo smart leader deve introdurre nuove strategie per eliminare questi due ostacoli alla piena realizzazione del potenziale umano.

 

Una viva esigenza del mondo lavorativo attuale è quella di costruire dei network di sostegno per i manager dove i vari membri possano contare sul supporto reciproco dei colleghi anche su situazioni meno tecniche ma più relative alla gestione del personale. Il percorso prevede l’introduzione dello strumento del peer coaching e fornisce un frame alla creazione del lavoro di squadra.

Smart Leadership Program

 

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Il feedback in azienda è un importante strumento di crescita, ma il suo valore spesso non viene percepito.
Quando parliamo di feedback, durante i nostri percorsi formativi in azienda, capita con molta frequenza di ricevere risposte come queste:

“Non ricevo mai feedback”

“Riesco a dare feedback ai miei collaboratori, ma non al mio capo”

“Da noi non si usa, non siamo abituati”

“Mi dicono bravo, ma senza andare nel dettaglio”

Queste frasi indicano che probabilmente nell’organizzazione non è presente una buona cultura del feedback, oppure non è ancora stata sviluppata efficacemente.
La principale conseguenza è quella di considerare il feedback come:

  • negativo,
  • una critica,
  • qualcosa che rovinerà il rapporto con i colleghi,
  • qualcosa di difficile da gestire dal punto di vista emotivo.

 

In realtà non è niente di questo. Quando parliamo di feedback ci riferiamo ad uno strumento di crescita di grandissimo valore, utilizzato per fornire spunti utili al perfezionamento della performance.
Il feedback ci aiuta a capire cosa possiamo migliorare nelle nostre prestazioni, e come possiamo farlo.
Ovviamente deve essere dato in un setting adatto e seguendo delle indicazioni che lo rendano efficace.

Se pensiamo al contesto sportivo, possiamo capire quanto sia importante il feedback per un atleta.
Alla fine di una prestazione sarà fondamentale per lui ricevere diverse tipologie di feedback:

  1. Feedback dall’allenatore: per un atleta è importantissimo ricevere un commento da parte del suo preparatore dopo ogni performance. È ciò che gli permette di correggere i dettagli, migliorando movimenti e tecniche.
  2. Feedback dal proprio corpo: ascoltare come sta il proprio corpo serve per capire i propri limiti. Questo ci permette di capire cosa rinforzare in allenamento per evitare rischi o infortuni.
  3. Feedback dal pubblico: ricevere un feedback da parte dei sostenitori è utile per aumentare il senso di autoefficacia dell’atleta.
  4. Feedback dal punteggio: le prestazioni sportive sono spesso misurabili in termini numerici, per un atleta sarà essenziale conoscere i propri punteggi per poterli superare nelle competizioni successive.

Ogni atleta è interessato a ricevere questi feedback, poiché gli permetteranno di crescere e migliorare.
Così come nel contesto sportivo, anche in quello aziendale esistono diverse tipologie di feedback che possono aiutare le persone a capire se stanno percorrendo la giusta strada verso i loro obiettivi:

  1. Feedback da altre persone: un buon leader segue i propri collaboratori durante tutto il percorso individuando dei momenti da dedicare al confronto e alla restituzione di indicazioni utili per lo svolgimento dell’attività. Dare dei feedback immediati e specifici è un’ottima strategia che, però, non deve sfociare in micro-management.
  2. Feedback generato dal lavoro stesso: alcune attività hanno in sé le misure delle prestazioni (es: numero di unità vendute). Una quantificazione del lavoro svolto può dare dei criteri utili per valutare i propri sforzi.
  3. Feedback generato dai propri criteri personali: nel giudicare se un lavoro è ben fatto, un vero leader si basa più sulla propria percezione soggettiva che sui segnali esterni. Questa percezione istintiva deriva dall’esperienza e può essere trasmessa, con il tempo, alle proprie persone.

La buona notizia è che, se nella propria azienda non vengono dati feedback, possiamo dare inizio noi al cambiamento culturale che, con il tempo diventerà sistematico. Possiamo assumere il ruolo di promotori del cambiamento, chiedendo per primi il feedback se non ci viene dato, o dandolo con costanza ai propri collaboratori.

Spesso partiamo dal presupposto che se nell’azienda “si è sempre fatto così” vuol dire che probabilmente quella modalità d’azione sia la più corretta. Questo non è vero. Conoscere la situazione dell’azienda, la sua cultura, il suo clima e le sue tradizioni è fondamentale per poter capire che cosa migliorare.
Ognuno di noi è un attore e non uno spettatore passivo della vita aziendale.
Ognuno di noi può dare inizio ad un piccolo cambiamento che con il tempo modificherà la cultura aziendale.

Il feedback non è solo uno strumento di crescita, ma rappresenta uno dei presupposti essenziali per poter portare il Flow in azienda. Se ogni persona lavorasse nello stato di Flow, secondo il Prof.  Csíkszentmihályi, riuscirebbe a raggiungere le sue massime prestazioni lavorative, portando grandi vantaggi all’azienda in termini di qualità e quantità.
I percorsi di CapoLeader aiutano le persone a lavorare sugli elementi essenziali per raggiungere il Flow.

 

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