ARTICOLO DEL BLOG:

I 10 SINTOMI DI UNA LEADERSHIP
CHE NON FUNZIONA

Vediamo i 10 errori più comuni che, spesso involontariamente, fanno del male al proprio team e alla propria azienda.

Ricoprire un ruolo di leadership non è facile.

Spesso si rischia di andare incontro ad almeno uno dei 10 sintomi di una leadership che non funziona.

Rendersi conto che ci sono degli aspetti da migliorare è il primo passo verso una leadership efficace.

Vediamo i 10 errori più comuni che, spesso involontariamente, fanno del male al proprio team e alla propria azienda.

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DIFFICOLTÀ NELLA GESTIONE DEL TEMPO E DELEGA

I leader che non riescono a gestire il proprio tempo tendono ad accentrare tutto il lavoro su di loro.

 Percepiscono tutte le attività come urgenti, senza rendersi conto che in questo modo non stanno dando priorità a niente.

La conseguenza principale è l’incapacità di delegare ai propri collaboratori alcune di queste attività o fare del micro-management senza lasciar loro lo spazio e la libertà di agire.

Un leader di questo tipo tende a subire lo stress derivante dall’incapacità di far fronte alle scadenze e costantemente si lamenta del poco tempo che ha a disposizione

MANCANZA DI INTELLIGENZA EMOTIVA

L’intelligenza emotiva è la capacità di un leader di riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle dei propri collaboratori.

Quando non comprendiamo le nostre reazioni e non siamo in grado di controllarle, non le riconosciamo nemmeno negli altri.

 Questa mancanza può essere pericolosa per le dinamiche di un gruppo di lavoro e può generare livelli di coinvolgimento scarsi e turnover elevati, con i relativi costi legati alla ricerca e all’ingresso di nuovo personale.

Questo spesso provoca sbalzi emotivi sensibili, con eccesso di rabbia, entusiasmo, pessimismo e incapacità di entrare in empatia con i collaboratori.

MANCANZA DI FEEDBACK

Il feedback è uno strumento prezioso perché ci permette di migliorare continuamente le nostre performance, ma in molte aziende questo si riduce ad un incontro annuale tra capo e collaboratore, senza che questo venga accompagnato da una rilevazione regolare e quotidiana di eventuali problematiche.

Oppure viene dato nel modo sbagliato, concentrandosi su un giudizio altamente soggettivo, rimanendo generici e senza entrare nello specifico di cosa effettivamente vada corretto, o ancora, viene dato nel setting e nel momento sbagliato.


Questo vale anche per il feedback di apprezzamento, infatti molti leader danno per scontato che, quando le cose vanno bene, le persone abbiano semplicemente fatto il loro dovere.

Saper mettere in evidenza ciò che funziona, tanto quanto quello che va migliorato o modificato, è essenziale per una buona leadership. I leader che hanno difficoltà nel dare i feedback ai propri collaboratori spesso non lo richiedono loro stessi e si lamentano per la mancanza di feedback.

STILE AUTORITARIO

Un leader autoritario è focalizzato sulle mansioni da svolgere, è controllante, orientato verso il potere, coercitivo e punitivo, ha una mentalità chiusa ed è arbitrario nelle decisioni.

È una persona che pretende obbedienza, lealtà e si aspetta che tutti rispettino le regole alla lettera.


Uno stile di leadership autoritaria può essere efficace sul breve periodo, per affrontare una crisi, per dare via ad una svolta, per smuovere collaboratori problematici e in tutte le situazioni di emergenza dove il leader deve dare direttive precise, ma sul lungo periodo questa tipologia di leadership può impattare in modo molto negativo sul clima organizzativo.

Un leader autoritario è poco propenso all’ascolto e tende a lamentarsi del fatto che i collaboratori non lo seguono nelle modalità da lui richieste.

OSTACOLARE IL CAMBIAMENTO

I cambiamenti possono spaventare, ma sono essenziali per continuare ad esistere.

Uscire dalla propria zona di comfort e aprirsi verso l’esterno è la strategia vincente per rimanere competitivi sul mercato.

Molti leader nascondono le proprie insicurezze dietro alla frase tossica “Abbiamo sempre fatto così”.

Agire secondo metodi che si sono automatizzati nel corso del tempo è un modo attraverso il quale le persone riconoscono sé stesse e il proprio operato, si identificano in un dato metodo di lavoro e la richiesta di cambiare appare come l’accusa di aver sempre lavorato nel modo sbagliato.

Spesso i leader che ostacolano il cambiamento si sentono sotto accusa e considerano il cambiamento un attacco personale e tendono a non vedere le mutate esigenze e aspettative dell’ambiente circostante.

COMUNICAZIONE NON EFFICACE

Un buon leader deve comunicare efficacemente con i propri collaboratori al fine di creare un ambiente di lavoro coinvolgente, sano e basato sulla fiducia.

La comunicazione diventa inefficace quando il leader non è assertivo, non espone in modo chiaro gli obiettivi del team o sceglie delle forme comunicative non adatte, che non tengano conto del destinatario, del tempo a disposizione, dell’emotività del messaggio, del grado di interazione necessario e della quantità di dettagli da trasmettere.

 I leader che non comunicano efficacemente tendono a dare la responsabilità del difetto di comunicazione all’interlocutore e si lamentano per la mancanza di ascolto e comprensione.

MANCANZA DI MOTIVAZIONE E COINVOLGIMENTO

I leader demotivati non sono consapevoli delle proprie leve motivazionali e non riescono a trasformare le sfide lavorative in qualcosa di stimolante, di conseguenza non riescono a creare il giusto coinvolgimento nei propri collaboratori.

Questi leader trasmettono demotivazione ai propri collaboratori e dimostrano in ogni occasione alti livelli di pessimismo, tendono ad accusare gli altri per la mancanza di coinvolgimento e hanno difficoltà a cogliere opportunità e sfide.

CULTURA DEL LAMENTO

Molte volte quando c’è qualche problema, i leader danno la colpa a fattori esterni e pensano di non avere la responsabilità di ciò che accade.

Questi pensieri sono tipici della cultura aziendale del lamento, quando capita qualche evento negativo tendono ad incolpare gli altri o trovare una causa che sia esterna. I leader di questo tipo non credono di avere il controllo di ciò che accade e pensano che gli eventi siano il risultato di fattori non gestibili, come il destino e la fortuna.

Il lamento diventa una difesa contro le proprie responsabilità e sfocia spesso in attacchi nei confronti dei collaboratori.

SOSTITUIRSI AI PROPRI  COLLABORATORI

Molte volte i leader tendono a sostituirsi ai propri collaboratori alla prima difficoltà, per mancanza di tempo o perché pensano di aiutarli svolgendo il compito al posto loro.

Non ne favoriscono il processo di crescita e non lasciano lo spazio necessario per provare, sbagliare e imparare dai propri errori. Difficilmente i collaboratori di questa tipologia di leader non riescono a diventare loro stessi leader in quanto non sono abituati a prendersi in carico le responsabilità del loro ruolo.

Questo approccio può avere come conseguenza la mancanza di percorsi di crescita interna dei people leader, quando è necessario promuovere un leader si preferisce cercarlo all’esterno dell’azienda.

NON ACCETTARE ERRORI

Creare un contesto in cui l’errore è visto come qualcosa di negativo, porta alla paralisi dell’azienda.

I leader che non accettano gli errori creano un clima in cui le persone, per paura, non sperimentano, non sono creative, non provano cose nuove.

Tutti cercheranno di rimanere nella loro zona di comfort, perché uscire da questa e portare innovazione è visto come rischioso. Riconosciamo questo approccio quando costantemente vengono ripresi i collaboratori che si assumono dei rischi e commettono degli errori.

Si tende a colpevolizzare e non si evidenzia l’apprendimento generato dall’esperienza vissuta.

Hai riconosciuto alcuni di questi sintomi nei leader della tua azienda?

Per aiutarti ad avere una consapevolezza migliore di come viene esercitata la leadership nel tuo contesto lavorativo abbiamo creato un test di autovalutazione che ti permetta di avere una panoramica sul livello di maturità dei vostri people leader.

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Questo riscontro positivo ci ha portato a riflettere su come poter rendere l’esperienza del Flow ancora più accessibile e concreta. Così è nata l’idea delle “Pillole di Flow”: eventi online mensili, gratuiti, pratici e partecipativi, in cui approfondiremo i temi del Flow attraverso attività interattive, discussioni e strumenti applicabili fin da subito.

Ogni sessione delle “Pillole di Flow” sarà un’occasione per esplorare e applicare i concetti del Flow nella vita di tutti i giorni, rendendo il percorso non solo teorico ma soprattutto pratico e coinvolgente. Lavoreremo in piccoli gruppi e coppie, creando uno spazio di confronto diretto e stimolante, ideale per approfondire nuove abilità e applicare immediatamente quanto appreso. Al termine di ogni incontro, sarete voi a scegliere il tema successivo, così da costruire insieme un percorso che risponda concretamente alle vostre necessità.

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NAVIGARE CON CONSAPEVOLEZZA: RIPRENDERE IL CONTROLLO

Nell’articolo della scorsa settimana abbiamo esplorato la metafora del capitano della barca come guida della nostra vita, immaginandolo dotato di quattro abilità fondamentali che gli permettono di governare il viaggio: azione, attenzione, pensieri e motivazione. 
Queste abilità sono come ancore che lo aiutano a mantenere il controllo sulla navigazione, affrontando sia i mari calmi che le tempeste. 
Oggi vogliamo concentrarci su una di queste abilità, quella che forse più di tutte determina la qualità della rotta e la sicurezza del viaggio: l’attenzione.

Se gli otto elementi rappresentano i fattori chiave del benessere umano, il capitano simboleggia l’individuo stesso, colui che, consapevole delle dinamiche della propria vita, prende decisioni e guida il proprio percorso. 
In questo articolo, ci concentreremo sulle caratteristiche del capitano, sulla sua capacità di gestire la rotta e di interagire con gli elementi che compongono la barca.

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“Se non puoi fare il lavoro che ami, prova ad amare il lavoro che fai.”

La settimana scorsa abbiamo parlato di uno strumento utile per raggiungere la felicità al lavoro, il job crafting. Oggi facciamo un passo in più e andiamo ad analizzare le tre tipologie principali di job crafting.

L’arte del job crafting, ovvero l’abilità di modellare il proprio lavoro per renderlo più gratificante e significativo, si è dimostrata essere una pratica potente nel panorama lavorativo moderno. Questo concetto mette in luce il potenziale che ogni individuo ha di influenzare attivamente la propria esperienza professionale, anche all’interno dei vincoli imposti dall’ambiente lavorativo.

In un mondo in cui le aspettative professionali possono spesso divergere dalle passioni personali, il job crafting offre un mezzo attraverso il quale i lavoratori possono avvicinarsi alla realizzazione di un equilibrio tra ciò che devono fare e ciò che desiderano fare. I professionisti possono trasformare il loro lavoro da un semplice compito a una fonte di gratificazione e successo personale. È un approccio che richiede determinazione e consapevolezza, ma i risultati possono essere straordinariamente gratificanti.

Esistono 3 tipologie principali di job crafting:

  1. Task crafting: Permettere al lavoratore di cambiare il contenuto del proprio lavoro, senza danneggiare la produttività imprenditoriale.
  2. Relation crafting: Scegliere le persone con cui lavorare.
  3. Cognitive crafting: Ridefinire il significato e l’importanza del lavoro per renderlo più significativo e gratificante personalmente, influenzando la percezione del proprio lavoro.

Nel seguente video, Andrea Martone racconta molto bene alcuni esempi concreti di job crafting per ognuna di queste tre tipologie.

Questa pratica mette in luce il potere individuale di influenzare il proprio ambiente lavorativo, adattando le responsabilità e le relazioni per allinearle meglio alle proprie inclinazioni e aspirazioni. Vuoi scoprire come portare soddisfazione, significato e motivazione nel tuo lavoro? Abbiamo lo strumento adatto per te. Manda una mail a contatta@capoleader.com

 

job crafting

La settimana scorsa abbiamo parlato del primo ingrediente per raggiungere la felicità al lavoro, ovvero renderla un obiettivo aziendale. Oggi vediamo il secondo ingrediente: l’equilibrio vita e lavoro.
L’equilibrio tra vita e lavoro è una sfida universale che molti di noi affrontano quotidianamente. Ma cos’è esattamente questo equilibrio? In sostanza, si tratta di trovare un punto di armonia tra i nostri impegni lavorativi e le altre sfere della nostra esistenza. Equilibrare vita e lavoro non si limita solo a queste due dimensioni. Ci sono quattro aree fondamentali da considerare:

  1. Lavoro: È la sfera della nostra vita dedicata alla nostra attività professionale. Passiamo gran parte del nostro tempo sul posto di lavoro, quindi è cruciale trovare soddisfazione e realizzazione in ciò che facciamo. Un equilibrio sano implica non solo dedicare tempo al lavoro, ma anche saper staccare e concedersi pause rigenerative.
  2. Famiglia: La famiglia è il nucleo della nostra vita, un’area che richiede attenzione e cura costanti. Equilibrare vita e lavoro significa trovare il modo di essere presenti per i nostri cari, partecipando attivamente alla vita familiare e creando legami solidi che nutrano il benessere reciproco.
  3. Comunità: Quest’area comprende le relazioni al di fuori del nucleo familiare, come gli amici, il volontariato, l’impegno religioso o politico. La partecipazione attiva alla comunità può arricchire la nostra vita e contribuire al nostro senso di appartenenza e scopo. Equilibrare questa sfera significa trovare spazio per coltivare relazioni significative e contribuire al bene comune.
  4. Noi stessi: È facile trascurare le nostre esigenze personali mentre ci occupiamo delle altre sfere della vita. Tuttavia, prendersi cura di sé stessi è fondamentale per mantenere un equilibrio sano. Ciò include la cura del corpo, della mente e dello spirito attraverso attività come l’esercizio fisico, la meditazione, la lettura o semplicemente dedicare del tempo a ciò che ci fa sentire bene.

Trovare un equilibrio tra queste quattro aree non è sempre facile e può richiedere un costante aggiustamento in base alle circostanze e alle priorità in evoluzione. Tuttavia, investire tempo ed energia per bilanciare lavoro, famiglia, comunità e noi stessi può portare a una vita più soddisfacente e appagante.

Come ricercare il proprio equilibrio vita e lavoro

Riflessione sui Valori Personali: per avviare il proprio percorso verso un equilibrio vita-lavoro, è cruciale riflettere sui propri valori personali. Cosa consideri veramente importante nella vita? La famiglia, la carriera, la salute, l’apprendimento continuo, gli hobby?

Esame delle Responsabilità Attuali: guarda con attenzione alle tue responsabilità attuali, sia sul lavoro che a casa. Quali sono le attività e i compiti che richiedono il tuo impegno quotidiano? Cosa si aspettano le persone da te? E  tu cosa ti aspetti?

Valutazione delle Aspirazioni Future: pensa alle tue aspirazioni future e agli obiettivi che desideri raggiungere nel breve e nel lungo termine, sia nella tua carriera che nella tua vita personale. Cosa ti piacerebbe ottenere?

Prioritizzazione delle Attività: una volta identificati i tuoi valori, le responsabilità e gli obiettivi, è il momento di assegnare loro un livello di priorità. Quali attività sono fondamentali per il raggiungimento dei tuoi obiettivi e allineate ai tuoi valori? Quali possono essere considerate meno urgenti o importanti?

Riflettere su queste domande ti fornirà una visione più chiara di ciò che è essenziale per te e ti aiuterà a identificare le azioni necessarie per ottenere un equilibrio soddisfacente tra vita e lavoro. Con una comprensione più approfondita dei tuoi valori, delle tue responsabilità e dei tuoi obiettivi, sarai in grado di prendere decisioni più consapevoli e concentrarti sulle attività che veramente contano per te.

equilibrio vita lavoro

Le tre fasi della vita

È importante riconoscere che le priorità e i valori nella vita possono cambiare nel corso del tempo. Ci sono tre fasi principali della vita in cui questi cambiamenti sono particolarmente evidenti: la fase del giovane professionista, quella dell’adulto con famiglia e quella del pensionamento. In ognuna di queste fasi, è essenziale adattare le priorità per mantenere un equilibrio sano tra vita e lavoro.

  • Fase del Giovane Professionista: Durante questa fase, ci si concentra sulla costruzione della propria carriera. Il successo professionale può essere una priorità primaria, ma è importante non trascurare la salute e le relazioni personali.
  • Fase dell’adulto con Famiglia: Quando si diventa genitori, le priorità si spostano verso la famiglia. La cura dei figli diventa essenziale, bilanciando le esigenze familiari con la carriera.
  • Fase dell’approccio al Pensionamento: Nella fase precedente al pensionamento, si ha più tempo per dedicarsi a hobby, viaggi e altre attività. Mantenere relazioni sociali diventa cruciale per il benessere emotivo.

Essere consapevoli di queste fasi aiuta a trovare un equilibrio tra lavoro, famiglia e benessere personale, adattando le priorità in base alle esigenze in evoluzione della vita.

L’equilibrio tra vita e lavoro è fondamentale per il nostro benessere complessivo. Riflettendo sui nostri valori, esaminando le nostre responsabilità attuali, valutando le aspirazioni future e prioritizzando le attività, possiamo creare una vita più soddisfacente e appagante. Adattarsi alle diverse fasi della vita ci permette di mantenere un equilibrio sano, consentendoci di concentrarci sulle cose che veramente contano. Trovare questo equilibrio richiede impegno e consapevolezza, ma i benefici sono inestimabili: una vita più ricca, più significativa e più felice. Se l’argomento vi interessa, state connessi…seguiranno delle novità!

Nell’articolo della settimana scorsa abbiamo esaminato tre ingredienti per la ricetta della felicità al lavoro. Oggi, iniziamo approfondendo il primo: Rendere la felicità un obiettivo aziendale. In questo articolo vedremo come fare per misurare la felicità in modo semplice ed efficace.

Nel turbinio dell’economia moderna, una nuova frontiera emerge per le aziende ambiziose, ovvero la felicità dei dipendenti come chiave del successo aziendale. Questo non è solo un concetto astratto o una moda passeggera, ma piuttosto una potente leva per la produttività, la creatività e la crescita a lungo termine.

Immagina un ambiente di lavoro in cui ogni dipendente è ispirato, coinvolto e felice di contribuire al successo dell’azienda. Questo è esattamente ciò che aziende visionarie stanno realizzando, trasformando la felicità dei dipendenti in un indicatore chiave di prestazione (KPI) essenziale per il loro successo.

Che cos’è un KPI?

KPI è l’acronimo di “Key Performance Indicator”, che in italiano significa “Indicatore Chiave di Performance”. Un KPI è una misurazione quantitativa o qualitativa utilizzata per valutare il successo di un’organizzazione, un processo o un’attività rispetto agli obiettivi prestabiliti.

Nel nostro caso, il KPI della felicità dei dipendenti andrebbe a riflette l’efficacia delle politiche aziendali volte a promuovere un clima lavorativo positivo e soddisfacente. Monitorare questo KPI consente ai dirigenti di valutare il benessere dei dipendenti, identificare eventuali aree di criticità e adottare azioni correttive tempestive per migliorare il livello complessivo di soddisfazione e coinvolgimento del personale. In questo modo, i KPI diventerebbero uno strumento essenziale per perseguire l’obiettivo di rendere la felicità dei dipendenti una priorità aziendale e garantire il successo a lungo termine dell’organizzazione.

Ma perché la felicità dovrebbe essere al centro dell’attenzione aziendale?

Perché dipendenti felici significano dipendenti più produttivi, creativi e fedeli. Questo si traduce in un maggiore coinvolgimento sul lavoro, una migliore qualità del servizio clienti e una posizione più competitiva sul mercato.

misurare la felicità

Come misurare la felicità in azienda?

Attraverso sondaggi, focus group e interviste, le aziende possono identificare i fattori chiave che influenzano il benessere dei dipendenti e sviluppare strategie mirate per migliorarlo. Si tratta di una visione olistica che va oltre i numeri e si concentra sul coinvolgimento e sulla soddisfazione dei dipendenti.

Inoltre, non possiamo sottovalutare il ruolo dei leader aziendali nel promuovere la felicità dei dipendenti. Da CEO a manager di linea, tutti hanno il compito di creare un ambiente di lavoro positivo e sostenere le iniziative volte a migliorare il benessere dei dipendenti. È una missione condivisa che richiede impegno, sostegno e azione concreta da parte di tutti i livelli dell’organizzazione.

La felicità dei dipendenti non è solo una questione di buon cuore, ma è anche un investimento intelligente per il successo aziendale. Trasformare la felicità in un KPI aziendale è una strategia vincente che porta benefici tangibili, dalla produttività all’innovazione, dalla soddisfazione del cliente alla crescita aziendale. È il momento di fare della felicità il motore del tuo successo aziendale.

 

misurare la felicità

Per fare in modo di monitorare e misurare il benessere delle persone della propria azienda in modo semplice e intuitivo, noi di CapoLeader abbiamo testato un’applicazione molto interessante: Qomprendo. Questo strumento si è rivelata un valido strumento per capire e ottimizzare il benessere aziendale, fornendo al nostro team gli strumenti necessari per affrontare le sfide quotidiane e promuovere una cultura di crescita e sviluppo.
Qomprendo offre un’interfaccia intuitiva che consente ai lavoratori di esprimere il proprio stato emotivo, fornire feedback e partecipare a sondaggi anonimi. Grazie ad una rapida routine di risposta di 10-15 secondi, le persone portano la propria consapevolezza a ciò che è successo durante la giornata, analizzando ciò che è andato bene e ciò che può essere migliorato.

Inoltre, attraverso questa piattaforma, i dirigenti possono monitorare in tempo reale il livello di soddisfazione dei dipendenti, identificando eventuali criticità e intervenendo prontamente per migliorare il clima aziendale. Grazie alla sua semplicità e alla sua efficacia, abbiamo inserito Qomprendo nei nostri percorsi formativi, come supporto per i partecipanti e i propri collaboratori nella ricerca del benessere aziendale.
Con Qomprendo, la ricerca della felicità in azienda diventa non solo un obiettivo, ma anche una realtà misurabile e gestibile.

Nelle scorse settimane, ci siamo dedicati a esaminare attentamente il concetto di micromanagement: cosa sia, quali siano i suoi effetti, come riconoscerlo nei nostri comportamenti di gestione e come smettere di praticarlo. Abbiamo esplorato come questa pratica, caratterizzata da un controllo eccessivo e dettagliato, possa compromettere le dinamiche lavorative, minando la fiducia e la motivazione dei collaboratori.
Oggi,  spostiamo il nostro focus su un’altra prospettiva altrettanto importante: cosa fare se siamo noi stessi oggetto di micromanagement da parte di un nostro superiore o responsabile. Affrontare il micromanagement può essere estremamente frustrante e, talvolta, avvilente. Tuttavia, è essenziale capire che esistono strategie e azioni che possiamo intraprendere per gestire efficacemente questa situazione e mantenere la nostra produttività e soddisfazione lavorativa. Scopriremo insieme dieci strategie per fermare il micromanagement in modo efficace e costruttivo:

1. Comunica al tuo responsabile il modo migliore in cui lavori: Ogni individuo ha un proprio stile lavorativo. Se ritieni che il micromanagement stia influenzando negativamente il tuo rendimento, è importante comunicare apertamente al tuo responsabile il modo in cui lavori meglio. Spiega le tue preferenze e i tuoi metodi di lavoro in modo che possa comprendere come supportarti al meglio.

2. Mostra iniziativa proponendo soluzioni: Piuttosto che limitarti a lamentarti del micromanagement, prendi l’iniziativa e proponi soluzioni per migliorare la situazione. Potresti suggerire nuovi processi o procedure che consentano di aumentare l’efficienza senza compromettere la qualità del lavoro.

3. Richiedi feedback sul tuo rendimento: Chiedi regolarmente al tuo superiore un feedback sul tuo lavoro. In questo modo, dimostrerai di essere interessato a migliorare e sarai in grado di adattare il tuo approccio in base ai commenti ricevuti.

4. Costruisci fiducia fornendo lavoro di alta qualità: Una delle migliori difese contro il micromanagement è fornire costantemente lavoro di alta qualità. Dimostra al tuo responsabile che sei affidabile e competente nel tuo ruolo, in modo che possa sentirsi più sicuro nel darti maggiore autonomia.

5. Stabilisci confini in modo rispettoso e professionale: Se il micromanagement diventa opprimente, è importante stabilire confini chiari e rispettosi con il tuo responsabile. Spiega cortesemente che apprezzi il suo coinvolgimento, ma che hai bisogno di spazio per lavorare in modo indipendente e efficace.

6. Chiedi più responsabilità per dimostrare le tue capacità: Se ritieni di essere sottovalutato a causa del micromanagement, chiedi al tuo capo più responsabilità. Dimostra la tua competenza e la tua capacità di gestire compiti più impegnativi per guadagnare la sua fiducia e il suo rispetto.

7. Cerca chiarezza sulle loro aspettative e sulla tua autorità: Chiedi al tuo superiore di chiarire le sue aspettative nei tuoi confronti e il tuo grado di autorità nel prendere decisioni. Con una comprensione chiara del tuo ruolo e delle tue responsabilità, potrai lavorare in modo più autonomo e ridurre la necessità di micromanagement.

8. Documenta il progresso del tuo lavoro e condividilo proattivamente: Mantieni una documentazione dettagliata del tuo lavoro e dei tuoi successi. Condividi regolarmente il tuo progresso con il tuo capo in modo proattivo, dimostrando trasparenza e impegno nel raggiungere gli obiettivi aziendali.

9. Rivolgiti a HR o parla con un leader di fiducia se la situazione non migliora: Se nonostante i tuoi sforzi il micromanagement persiste, è importante cercare supporto da risorse umane o parlare con un leader di fiducia all’interno dell’organizzazione. Queste persone possono fornire consigli e assistenza per affrontare la situazione in modo efficace.

10. Se diventa insopportabile, trova una nuova collocazione in azienda: Infine, se il micromanagement diventa insopportabile e influisce negativamente sulla tua salute mentale e sulla tua carriera, potresti valutare la possibilità di cercare un trasferimento in un altro reparto aziendale. Trova un ambiente di lavoro dove le tue competenze e contributi siano apprezzati e dove possa realizzare il tuo pieno potenziale senza ostacoli.

strategie per fermare micromanaging

Lavora sulla tua proattività

Affrontare il micromanaging non è un compito facile, ma è essenziale per garantire un ambiente lavorativo sano e produttivo. Essere soggetti a questo tipo di gestione può essere estremamente frustrante e destabilizzante. Tuttavia, è importante riconoscere che abbiamo il potere di influenzare la situazione e apportare cambiamenti positivi. Come abbiamo visto, esistono delle strategie per fermare il micromanagement.

Essere proattivi è fondamentale: dobbiamo assumere il controllo di ciò che è sotto la nostra sfera di influenza e adottare un approccio assertivo nel comunicare le nostre esigenze e aspettative. Attraverso una comunicazione chiara e rispettosa con i nostri superiori, la ricerca attiva di soluzioni e l’impegno costante nel fornire un lavoro di alta qualità, possiamo contribuire a ridurre il micromanagement e a creare un ambiente di lavoro più collaborativo e gratificante.

Nonostante le sfide possano risultare impegnative, sono la costanza e la determinazione che condurranno alla creazione di un ambiente lavorativo più equilibrato e soddisfacente per tutti i membri del team. Concentrarsi sull’empowerment personale e sul continuo miglioramento delle dinamiche organizzative si rivela fondamentale per superare gli ostacoli del micromanagement e per costruire una cultura aziendale improntata sulla fiducia, la responsabilità e il successo collettivo.

Conosci altre strategie per fermare il micromanagement? Scrivile nei commenti.