In questo articolo andremo a scoprire 5 tra le principali strategie da utilizzare per allenare il focus ed aumentare la concentrazione durante le nostre attività lavorative.

Il focus è la capacità di concentrare la propria attenzione e risorse cognitive su un obiettivo, un’attività o un compito specifico.
In altre parole, è la capacità di dedicare tutta la propria energia mentale a ciò che si sta facendo in quel momento. E’ essenziale per raggiungere risultati significativi, migliorare la produttività e ottenere una migliore comprensione delle sfide affrontate. Per semplificare e chiarire meglio il concetto, pensiamo all’utilizzo di una lente di ingrandimento che concentri in un unico punto di un foglio di carta i raggi del sole. I raggi concentrati sulla carta scatenano energia per bruciare il foglio, come allo stesso modo la nostra attenzione focalizzata riesce a fornirci l’energia necessaria per avere alte performance.

Abbiamo analizzato in precedenza che l’attenzione focalizzata è uno degli elementi che contraddistinguono e si sperimentano durante lo stato di Flow.
Risulta quindi importante comprendere come allenare il focus e utilizzarlo per migliorare le nostre performance. Ecco a voi alcuni suggerimenti per farlo:

1. Eliminare le distrazioni

Per mantenere un focus efficace, è importante ridurre o eliminare le distrazioni che possono interferire con l’attività in corso. Questo può includere distrazioni visive, sonore o digitali.
Riuscire ad eliminare le possibili fonti distraenti, ad esempio silenziando il cellulare, lavorando in un posto riservato, utilizzando delle cuffie, lasciando andare le preoccupazioni e i pensieri negativi, permette di aumentare la produttività.
La nostra mente sarà concentrata solamente sul compito che stiamo svolgendo.

2. Allenare la consapevolezza

Allenare la consapevolezza per aumentare la concentrazione è un’abilità preziosa per migliorare l’efficienza e la qualità del lavoro.
Connettersi al momento presente attraverso dei profondi respiri può essere una semplice strategia per unire la nostra mente al nostro corpo aumentando la nostra concentrazione e diminuendo le distrazioni.
La mindfulness ad esempio è molto utile per allenare la mente a concentrarsi solo su quello che succede nel qui ed ora, lasciando scorrere i nostri pensieri e riconnettendoci alle sensazioni provate in quel preciso istante.

come allenare il focus

3. Evitare il multitasking

Il multitasking si riferisce alla pratica di svolgere più attività o compiti contemporaneamente o in rapida successione. Questa pratica è comune in molti ambienti di lavoro, poiché le persone spesso devono gestire una serie di compiti e responsabilità diverse in poco tempo.
Il multitasking può sembrare una strategia efficace per gestire più compiti contemporaneamente, in realtà può avere effetti negativi sulla produttività e sulla qualità del lavoro:

– Divisione dell’attenzione: il cervello può concentrarsi solamente su un compito alla volta, la nostra attenzione quindi si sposterà continuamente da un compito ad un altro, riducendone la qualità.
– Risorse cognitive limitate: il cervello umano ha risorse cognitive limitate, tra cui memoria di lavoro e capacità di attenzione. Tentare di eseguire troppe attività contemporaneamente può sovraccaricare queste risorse e rendere più difficile svolgere qualsiasi attività in modo efficace.
– Maggiore probabilità di errori: quando si pratica il multitasking, c’è una maggiore probabilità di commettere errori, specialmente se le attività richiedono attenzione ai dettagli o precisione.
Per aumentare il focus è necessario svolgere un solo compito alla volta, dedicando le nostre energie e la nostra completa attenzione a quell’attività.

Il nostro cervello può essere paragonato ad un computer: quando ha troppe applicazioni che consumano la RAM, rallenta e in alcuni casi si blocca. Chiudere le istanze aperte nel nostro cervello equivale un po’ a riavviare il computer.

4. Gestione del tempo personalizzata

Nessuno vuole ammetterlo, ma dire che non abbiamo tempo è una delle più grandi scuse degli ultimi tempi. Sicuramente gli impegni sono tanti, ma il problema sta nella corretta gestione del tempo.
La gestione del tempo personalizzata è un approccio che tiene conto delle proprie esigenze, preferenze e obiettivi individuali per ottimizzare il modo in cui si organizza il tempo e si affrontano le attività quotidiane.
Una gestione del tempo personalizzata può aiutare le persone a concentrarsi più facilmente sulle proprie attività. La capacità di concentrarsi dipende da come si struttura la giornata e come si gestiscono le distrazioni.

Alcuni suggerimenti possono essere:
– Identifica le tue priorità: Inizia valutando quali attività o obiettivi sono più importanti per te. Cosa desideri realizzare a breve e lungo termine? Questo ti aiuterà a stabilire le tue priorità.
– Tieni un diario del tempo: Per alcuni giorni o settimane, annota come trascorri il tuo tempo. Questo ti darà una visione chiara di come attualmente stai utilizzando il tuo tempo e potrà aiutarti a individuare aree in cui apportare miglioramenti.
– Definisci obiettivi SMART: Crea obiettivi specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti e limitati nel tempo. Questi obiettivi ti forniranno una guida chiara su cosa concentrarti.
– Sviluppa una pianificazione giornaliera o settimanale: Crea una lista delle attività da svolgere ogni giorno o settimana. Assicurati di assegnare un tempo specifico per ciascuna attività e cerca di rispettarlo.
– Pianifica dei tempi di transizione tra un impegno e l’altro, in modo da riuscire a “riavviare il nostro cervello” e rimetterlo in focus sulle attività successive.
– Sperimenta e adatta: Non esiste un unico approccio alla gestione del tempo che funzioni per tutti. Sperimenta diverse strategie e adattale in base alle tue esigenze e alle tue osservazioni sui risultati ottenuti.
– Non essere troppi ottimisti sul tempo necessario per svolgere le nostre attività. Valutare onestamente i propri impegni è la chiave per pianificare correttamente le attività settimanali.

5. Fai delle brevi pause

Smetti di lavorare.
Molte volte pensiamo che rimanere fino a tardi in ufficio o non fare pranzo per continuare a lavorare sia la soluzione migliore per essere produttivi ed efficaci.

Sbagliato.

Il nostro cervello ha bisogno di pause per lavorare bene.
Fare delle pause di breve durata, deviare l’attenzione per qualche momento, aiuta a migliorare il focus mentale.
Inoltre, consente al cervello di “ripristinarsi” e assorbire la conoscenza per rafforzare le connessioni tra i neuroni. A sua volta, questo porterà a prestazioni migliori.
Programmare tante piccole pause durante la giornata è la soluzione migliore per raggiungere prestazioni di qualità.

In un ambiente sempre più frenetico, dove le richieste professionali sembrano aumentare di giorno in giorno, l’allenamento del focus emerge come un’arma segreta per il successo. La capacità di concentrarsi è diventata una risorsa preziosa, un faro che ci guida attraverso la volatilità, l’incertezza, la complessità e l’ambiguità del mondo attuale. Investire tempo ed energie per coltivarlo è la strada migliore per raggiungere una maggiore produttività, una migliore qualità e una maggiore soddisfazione personale.
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Nelle scorse settimane abbiamo affrontato il tema dell’insoddisfazione lavorativa e delle possibili cause; abbiamo visto l’impatto del Principio di Peter negli ambienti di lavoro ed esplorato l’importanza della definizione del nostro lavoro. Oggi facciamo un passo in più e iniziamo a capire cosa rende le persone felici al lavoro.

Non sono i soldi a rendere soddisfatte e felici le persone, Michael C. Bush ci spiega come il fattore principale si trovi nel rapporto tra leader e collaboratori. In particolare, cercando di implementare queste tre strategie:

  1. Fiducia e rispetto
  2.  Equità
  3. Ascolto

Le aziende che investono nel miglioramento di queste tre strategie possono andare incontro con più facilità ad un aumento della soddisfazione dei dipendenti, una maggiore produttività e una diminuzione del turnover.

Ora che abbiamo visto cosa rende felici le persone al lavoro, possiamo dire che investire sulla formazione dei propri leader è il modo migliore per creare un effetto a cascata di benefici sull’intera organizzazione. Vuoi scoprire come farlo in modo divertente? Manda una mail a contatta@capoleader.com

 

cosa rende le persone felici al lavoro

Oggi partiamo da una domanda apparentemente facile che però sottintende alcune profonde convinzioni che potrebbero limitarci; cercare di capire cos’è per te il lavoro non è affatto scontato e semplice. Ogni tanto faccio questa domanda alle persone che ho di fronte a me e le risposte sono quasi sempre incentrate sui risultati esterni prodotti dal lavoro. Costruire una casa, caricare un camion, vendere un’auto, gestire un’azienda sono dei lavori. Si rimane spesso nella modalità “fare qualcosa”.

Tipicamente le persone associano al lavoro le seguenti definizioni:

  • Ciò che devo fare rispetto a ciò che voglio fare;
  • Ciò che faccio per i soldi;
  • Portare a termine un compito;
  • Fare ciò che il capo mi dice di fare;
  • Le mie attività che associo alle parole “duro” e “impegnativo”;
  • Raggiungimento di un risultato;
  • Obbligo e dovere
  • Responsabilità e affidabilità.

In uno dei precedenti articoli abbiamo preso in considerazione quanto spesso le persone siano insoddisfatte del proprio lavoro, va da se che la definizione che diamo di lavoro è il fattore principale che condiziona la nostra esperienza. La nostra definizione diventa il contesto in cui svolgiamo le attività lavorative e quindi esercita una grande influenza sui nostri pensieri, sentimenti, atteggiamenti e azioni. Il più delle volte le convinzioni derivano dal contesto sociale che abbiamo vissuto e per questo diventano difficili da riconoscere e a maggior ragione da cambiare. Il primo passo è quello di esaminare la nostra definizione di lavoro e quindi ridefinire il lavoro secondo nuovi paradigmi.

Se definiamo il lavoro, un obbligo, un sacrificio, ciò che non vogliamo veramente fare, quali saranno le nostre sensazioni quando lo svolgiamo? Frustrazione, noia, ansia, rabbia come minimo.

Esiste un altro modo per definire il lavoro? Esiste una definizione che generi emozioni opposte a quelli citate poco fa? E’ possibile trovare una definizione che possa farlo diventare fonte di felicità, gioia e coinvolgimento?

Se la tua attuale definizione non ti soddisfa, la base di partenza è capire meglio da dove deriva e soprattutto capire come si è costruita. Può essere utile ripercorrere la propria esperienza lavorativa fin da quando eravamo bambini. Come siamo stati influenzati dal nostro contesto sociale? Come ci è stato descritto il lavoro da genitori, insegnanti e dai nostri capi?

Al nostro interno esistono due motivazioni al lavoro una intrinseca e l’altra estrinseca. La prima dipende da quello che mi piace fare, dalle mie passioni e dalle emozioni positive generate dalla mia attività. La seconda è incentrata sulle aspettative degli altri, sul risultato a tutti i costi, sulla mera ricompensa delle nostre attività.

Se siamo insoddisfatti del nostro lavoro probabilmente abbiamo incentrato la nostra definizione sulle motivazioni estrinseche, sulla soddisfazione degli altri più che di noi stessi. E’ necessario quindi ribilanciare la definizione e includere motivazioni intrinseche che rendano il lavoro fonte di soddisfazione e felicità.

Pongo l’accento sul fatto che stiamo parlando di qualcosa che va al di là del lavoro stesso. Forse siamo insoddisfatti del nostro lavoro proprio perché le nostre aspettative sono sbagliate. Dalla mia esperienza, ogni lavoro può essere fonte di soddisfazione

Esiste un legame tra il Super Bowl e la Teoria del Flow?

Nella notte tra domenica e lunedì scorsi si è svolto il Super Bowl, ovvero la finale del campionato della National Football League, la lega di football americano professionistico. In questa appassionante edizione Kansas City Chiefs ha avuto la meglio nel finale contro i Philadelphia Eagles.  Il Super Bowl è uno degli eventi più famosi al mondo, seguito da circa 150 milioni di spettatori. Non è solo una partita, è un vero e proprio spettacolo in cui viene organizzato un halftime show in grande stile, che coinvolge artisti di fama nazionale ed internazionale, ed intere orchestre.
Le aziende che vogliono pubblicizzare i propri prodotti, arrivano a pagare in media 5 milioni di dollari per 30 secondi di pubblicità, sfidandosi in spot originali e divertenti, come quello del McDonald’s o della Pepsi. Iconico è lo spot di Apple del 1984 per il lancio del Macintosh Computer.

Per noi di CapoLeader, il Super Bowl ha un valore speciale. Infatti, trenta Super Bowl fa, nel 1993, è successo qualcosa di molto particolare durante la partita dei Buffalo Bills contro Dallas Cowboys. Nella pausa, Jimmy Johnson , coach dei  Dallas Cowboys , mostrò alla telecamera il libro “Flow” del Prof. Mihaly Csikszentmihalyi, spiegando che le idee contenute in quell’eccezionale libro avevano contribuito moltissimo alla preparazione della squadra. I Dallas Cowboys hanno vinto il Super Bowl quell’anno, dimostrando la validità delle idee contenute nel libro.

Jimmy Johnson ha spiegato come il concetto del Flow abbia cambiato la mentalità della squadra. Riuscire a portare in questo stato mentale le proprie persone permette di raggiungere performance di alta qualità, aumenta il coinvolgimento, la concentrazione e il divertimento. E’ famosa la sua citazione:

“La mia squadra ha vinto, grazie a questo libro.
Abbiamo fatto ciò che è scritto in questo libro.
Leggete questo libro!
Flow!”

Il libro del Prof. Csikszentmihalyi è diventato famoso da un giorno all’altro grazie a Jimmy Johnson.

Dieci anni dopo, nel 2003, il Prof. ha esteso la sua teoria del Flow anche all’ambito lavorativo. Così come Jimmy Johnson ha sperimentato e utilizzato il flow per raccogliere successi in ambito sportivo, allo stesso modo i manager e i leader aziendali possono utilizzare lo stato di Flow mentre svolgono il proprio lavoro per raggiungere prestazioni e risultati eccellenti. Nasce così Buon Business, un libro in cui viene spiegata la Leadership che promuove il Flow. Questo libro rappresenta “il Sacro Graal” per manager, hr e imprenditori che vogliono portare un cambiamento culturale nella propria azienda, migliorando il benessere e il clima organizzativo e aumentando la produttività.

Per aiutare le persone a mettere a terra quanto appreso durante la lettura di Buon Business, il Prof. Csikszentmihalyi ha collaborato con una Software House, ALEAS Simulations, dando origine a Fligby. Fligby è un simulatore di Leadership che permette alle persone di sviluppare le competenze di leadership che promuovano il Flow, in un contesto sicuro e protetto. Ogni partecipante assumerà il ruolo di Direttore Generale di un’azienda vinicola californiana, dovrà gestire un team di sette persone, affrontando situazioni complesse simili a quelle reali. L’obiettivo è creare un ambiente dove il benessere, la sostenibilità, il profitto e la ricerca dello stato di Flow siano in equilibrio e in continua crescita.

Se vuoi avere qualche informazione in più su come poter applicare la Teoria del Flow nella tua azienda, raggiungendo risultati ottimali, manda una mail a contatta@capoleader.com

La settimana scorsa abbiamo parlato delle 10 emozioni positive che si possono sperimentare al lavoro per aumentare il benessere delle persone. In questo articolo faremo un passo avanti e andremo ad approfondire il concetto di intelligenza emotiva e flow.

L’intelligenza emotiva può essere definita come la capacità di un individuo di riconoscere, distinguere, etichettare e gestire le emozioni proprie e degli altri. E’ un costrutto relativamente recente poiché è stato introdotto nel 1990, dai professori Peter Salovey e John D. Mayer. Nel 1995 lo psicologo Daniel Goleman ha ripreso il costrutto di intelligenza emotiva rendendolo famoso grazie al suo libro “Intelligenza emotiva: che cos’è e perché può renderci felici.”

Secondo il modello introdotto da Goleman, l’intelligenza emotiva comprende una serie di capacità e competenze che guidano l’individuo, soprattutto nel campo della leadership, e che permettono di instaurare migliori rapporti sociali, prendere decisioni in linea con le proprie motivazioni e mantenere un livello di autostima elevato.

Secondo Goleman, i 5 pilastri che costituiscono l’intelligenza emotiva sono:

  1. Consapevolezza di sé: è intesa come la capacità di riconoscere le proprie emozioni, i propri punti di forza, i propri limiti e le proprie debolezze, e come queste caratteristiche personali siano in grado di influenzare gli altri.
  2. Gestire le proprie emozioni: è la capacità di gestire le proprie emozioni e sentimenti, adattandoli alle diverse situazioni che possono presentarsi, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati.
  3. Motivazione: è la capacità di riconoscere i pensieri negativi e di trasformarli in pensieri positivi che siano in grado di motivare sé stessi e gli altri, impegnandosi e restando costante nonostante le possibili avversità.
  4. Empatia: è la capacità di comprendere e percepire le emozioni delle altre persone, ascoltando in modo attivo, senza farsi condizionare dai pregiudizi.
  5. Abilità sociali: consiste nella capacità di gestire le relazioni con le persone allo scopo di indirizzarle verso il raggiungimento di un determinato obiettivo, comunicando in modo efficace, gestendo i conflitti e cooperando in team.

Riuscire a riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle delle altre persone non è semplice, serve un allenamento costante. Quindi, come possiamo fare pratica?

La mappa del Flow

Un modo per allenare la propria intelligenza emotiva è utilizzare un serious game come Fligby, in cui attraverso una simulazione, il partecipante assumerà il ruolo di Direttore Generale di un’azienda, gestendo un team di 7 persone, raggiungendo obiettivi e dando feedback.
Alla fine della partita, il gioco restituisce un report molto dettagliato su 29 abilità di leadership essenziali per diventare un buon leader, tra queste è presente l’intelligenza emotiva.
E’ possibile capire il proprio livello osservando il punteggio ottenuto su una scala da 1 a 100 e confrontandosi con il punteggio medio ottenuto dagli altri giocatori. Essere consapevoli del proprio livello di intelligenza emotiva è il primo step per potenziare questa competenza.

L’intelligenza emotiva è una skill importante per un leader, per questo motivo i giocatori di Fligby possono avvalersi di uno strumento molto utile per allenarsi: la mappa del Flow.

intelligenza emotiva e flow

 

Possiamo definire la mappa del Flow come un “radar delle emozioni”, in cui sono presenti otto stati emotivi che possono essere sperimentati dalle persone del proprio team:

  • Apatia: paragonabile a uno stato di indifferenza e mancanza di interesse
  • Preoccupazione: preoccupandosi, l’attenzione si sposta verso la negatività; i problemi diventano più grandi e le soluzioni sembrano non esistere
  • Ansia: è il timore per qualcosa che non è ancora successo e può causare il congelamento di qualcuno
  • Eccitazione: aumentando gli stimoli, le persone rispondono in modo più attento al loro ambiente
  • Flow: stato mentale in cui le persone sono completamente concentrate sull’attività o sul compito
  • Controllo: praticando, le abilità alla fine verranno applicate in modo routinario, con il rischio che il livello di abilità sia superiore alla sfida per eseguire un certo compito
  • Rilassamento: calma e assenza di eccitazione
  • Noia: nessun interesse per l’ambiente circostante, noioso, affaticato

Ogni volta che viene presa una decisione, il gioco mostra quale stato mentale sia stato assunto dai propri collaboratori. L’obiettivo principale è quello di capire come portare le persone nello stato di Flow. Più le persone sperimentano il Flow, più saranno coinvolte e soddisfatte delle proprie attività e di conseguenza raggiungeranno le loro migliori performance.

“Riuscire a entrare nel Flow è la massima espressione dell’intelligenza emotiva”, scrive Goleman, “nel flow le emozioni non sono solamente contenute e incanalate, ma positive, energizzate e in armonia con il compito cui ci si sta dedicando […] La caratteristica del Flow è una sensazione di gioia spontanea, perfino di rapimento. Poiché il flow ci fa sentire così bene, esso è di per se stesso gratificante.”
Uno strumento come la mappa del Flow è molto utile per capire l’impatto delle proprie decisioni sugli altri. Conoscere lo stato mentale attuale delle proprie persone permette di capire come aiutarle ad avvicinarsi allo stato di Flow. Per esempio se vediamo che un collaboratore sta sperimentando uno stato di ansia, possiamo decidere di diminuire la difficoltà del compito che sta svolgendo, oppure possiamo aiutarlo a sviluppare nuove competenze per far fronte alle sfide.

Ogni nostro comportamento, decisione o discorso avrà delle conseguenze emotive sulle altre persone. Nella realtà non è possibile avere un radar che ci indichi le emozioni che le altre persone stanno provando, però, molti leader, dopo aver concluso i percorsi con noi, decidono di inventare degli strumenti che li possano aiutare a migliorare la comunicazione con il proprio team. Riuscire a far sentire le persone accolte e comprese creerà un clima di fiducia, che a sua volta migliorerà la soddisfazione, l’engagement e la produttività.