Massimo il giorno dopo l’incontro riguarda il biglietto da visita dell’amico e oltre alla scritta rossa CapoLeader vede la dicitura “Aiuto i neo manager a liberare il loro potenziale”. Da quello che si ricordava l’amico era Direttore Finanziario in una multinazionale. Il cambiamento di ruolo lo colpisce e si ripromette di capirne di più. Massimo prende così la decisione e chiama Federico per prendere il famoso appuntamento.

Federico è di poche parole e non sembra intenzionato a rispondere alla curiosità di Massimo. Gli da appuntamento al sabato successivo per una giornata dedicata alla crescita e al mettersi in gioco.”Non sarà mica uno di quegli eventi in cui il guru di turno si inventa modi per motivare persone depresse…. Non è certo la motivazione che mi manca!” questi pensieri riempiono fin da subito la mente di Massimo. Il costo di questa giornata non è neanche così basso, e poi perchè tutto questo mistero su cosa si farà durante il giorno….Massimo risolve con un pò di determinazione i dubbi e conferma la sua presenza. “Del resto tutto quello che ho provato finora non ha funzionato, tanto vale provare qualcosa di diverso”.

Gli risuonano le ultime parole che l’amico gli ha detto prima di concludere la telefonata “Vieni con la mente aperta e mettiti in gioco!”

Mente aperta e mettersi in gioco… bastasse questo…

Il venerdì prima dell’appuntamento Massimo è quasi tentato di telefonare e disdire l’appuntamento, c’è qualcosa che lo spaventa in questo appuntamento al buio. I messaggini di richiesta spiegazioni degli ultimi giorni sono stati ignorati. Federico è deciso a non spoilerare il contenuto dell’incontro. Massimo ha paura di rimanere deluso un’altra volta.

Il Sabato mattina si alza presto e dopo una sostanziosa colazione si dirige all’appuntamento il solito misto di entusiasmo e ansia che lo accompagna. Arrivato a destinazione puntuale entra nel coworking dove è fissato l’appuntamento ripetendosi il mantra che gli è stato impartito “Mente aperta e mettiti in gioco”.

Entrato nell’aula rimane stupefatto da quello che vede… e non crede ai suoi occhi. Riavutosi dallo shock iniziale si ripete ancora una volta “Mente aperta e mettiti in gioco”. Siii in gioco….

Vuoi sapere cosa troverà Massimo all’interno dell’aula? attendi il prossimo articolo.

Massimo è incuriosito dalle parole del suo caro amico Federico, inizia a vedere una via d’uscita dai suoi problemi e la frustrazione sta mutando in interesse.


“Vuoi diventare un CapoLeader?”
“Se solo sapessi cos’è…. dimmi di più”. Massimo pende dalle labbra dell’amico, ha fiducia in Federico, lo conosce da quando studiavano insieme all’università, sa che è sempre un passo avanti agli altri. 


“Il CapoLeader è il simbolo del manager illuminato. E’ un manager che racchiude dentro di sé due anime distinte. Il capo rappresenta l’operatività, la concretezza, l’efficienza nel raggiungere gli obiettivi, in poche parole il Management.
Il leader rappresenta la visione, la capacità di coinvolgere e ispirare, l’efficacia nelle scelte in poche parole la Strategia.

Tutti i manager che rincorrono una sola di queste anime si trovano in difficoltà, sono necessarie entrambe e si raggiungono quando si trova il nostro equilibrio. Equilibrio a livello personale, a livello professionale e infine a livello collettivo, nel tuo team.”

Massimo sente che, come già succedeva ai tempi della scuola, starebbe ad ascoltare Federico per ore. Anzi riconosce che ora la sua bravura nella comunicazione è addirittura aumentata. Non saranno mica gli effetti dell’essere un CapoLeader?


“Ora però devo andare, senti questo è il mio numero di telefono, chiamami e vediamoci settimana prossima…. ” Dice Federico porgendogli un biglietto da visita e congedandosi. Massimo riconosce sul biglietto in rosso la parola CapoLeader, prende il biglietto e aggiunge “Lo farò senz’altro!”

E’ forse finito il mio periodo buio? questo pensa Massimo appena lasciato l’amico, mentre sente un filo di entusiasmo e speranza crescere dentro di lui.
Vuoi sapere come va a finire la storia di Massimo? Vai al prossimo articolo.

stili comportamentali

Ti sei mai chiesto se esistono nel tuo comportamento delle costanti che si ripetono in continuazione? Pensi di avere un tuo stile comportamentale che spiega come ti approcci alle sfide professionali? Molte persone non ne sono a conoscenza ma i nostri comportamenti sono facilmente prevedibili ed esistono degli stili che ci possono aiutare ad interagire meglio con chi abbiamo attorno a noi.

Ad esempio, per entrare in discussione con una persona è importante sapere che lingua parla. Immagina  che cosa potrebbe succedere se iniziassi una conversazione con una persona che non parla la tua lingua. I canali comunicativi sarebbero assai limitati. Allo stesso modo per comunicare con il tuo interlocutore al meglio è importante sapere in anticipo qual è la sua visione del mondo in modo da adattare il tuo approccio al suo.

Elaborare quindi un profilo della persona che abbiamo di fronte diventa uno strumento molto prezioso. In un contesto lavorativo questo ha due principali applicazioni, pensa quanto è importante:

  • Conoscere il modo in cui ti approcci alle tue attività, sapere dove rivolgi il tuo focus mentre agisci quotidianamente e capire i rischi e le potenzialità legate al tuo atteggiamento.
  • Riconoscere come le persone attorno a te si approcciano al lavoro e alle relazioni, conoscere i punti di forza e le debolezze del loro stile comportamentale e riuscire ad adattare il proprio stile ad ogni situazione.

In qualità di capo diventa ancora più importante mappare gli stili dei propri collaboratori e adattare il proprio stile ad essi, questo ti permette di evitare gran parte dei conflitti relazionali. In questa ricerca di comprensione delle caratteristiche del comportamento altrui ci viene in aiuto il modello DISC.

Il modello di comportamento DISC fu delineato per la prima volta dallo psicologo William Mouton Marston nel suo libro del 1928, “Emozioni di persone normali”. La teoria di Marston afferma che esistono 4 tipi principali: Dominante, Intraprendente, Stabile e Coscienzioso.

La classificazione avviene a seconda delle preferenze del soggetto rispetto a 3 fattori:

  • Livello di introversione/estroversione
  • Livello di focus verso pensiero/persone
  • Livello di percezione/intuizione

Una persona Dominante sarà per lo più estroversa, con focus verso il pensiero e con un equilibrio tra percezione e intuizione. Una persona Intraprendente sarà per lo più estroversa, con focus verso le persone e con una spiccata intuitività. Una persona Stabile sarà introversa, con focus verso le persone e con un equilibrio tra percezione e intuitività. Una persona Coscienziosa sarà introversa, con focus verso il pensiero e con una spiccata percettività.

Ok ma questo cosa significa?

Entrando in maggiori dettagli ecco una descrizione dei vari stili comportamentali:

  • Dominante (rossa) – E’ una persona esigente, con carattere forte, determinata, orientata agli obiettivi e alle cose. L’emozione predominante è la rabbia e la paura principale è quella di essere sfruttato. La reazione tipica ad un evento è quella di combattere.
  • Intraprendente (gialla) – E’ una persona socievole, entusiasta, aperta, convincente ed eloquente. L’emozione predominante è la sensibilità e la paura principale è il rifiuto da parte del prossimo. La reazione tipica ad un evento è quella di distanziarsi.
  • Stabile (Verde) – E’ una persona comprensiva, fiduciosa, collaborativa, paziente, affidabile e tranquilla. L’emozione predominante è la tolleranza e la paura principale è quella perdere la sicurezza. La reazione tipica ad un evento è quella di evitare il confronto.
  • Coscienzioso (Blu) – E’ una persona precisa, attenta, giudiziosa, curiosa e scrupolosa. L’emozione predominante è l’apprensione e la paura principale è quella di ricevere critiche al proprio operato. La reazione tipica ad un evento è quella di evitare il cambiamento.

Non esiste uno stile migliore dell’altro sono semplicemente dei modi di approcciarsi al proprio lavoro. In più ogni stile ha un suo opposto con il quale diventerà difficile relazionarsi naturalmente.

Esempio una persona dominante avrà difficoltà a relazionarsi con una stabile e viceversa. Il primo vedrà l’altro come una persona con carattere debole e indecisa, mentre il secondo lo vedrà come una persona aggressiva e frettolosa.

Allo stesso modo un Intraprendente si relazionerà difficilmente con una coscienziosa. Il primo vedrà l’altro come una persona rigida e puntigliosa, mentre il secondo lo vedrà come una persona frivola e superficiale.

Avete individuato il vostro stile comportamentale? E quello dei vostri collaboratori? Volete approfondire?

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Prossimamente faremo anche un approfondimento sull’impatto degli stili in qualità di capo. Registrati al seguente link per ricevere tutti gli aggiornamenti https://capoleader.com/gratis/

A tutti piace fare le cose che sappiamo fare bene. Nell’ambito sportivo incontro spesso atleti che passano troppo tempo ad allenare i propri colpi migliori a scapito di altre aree del gioco che meriterebbero più esercizio. Nell’ambito aziendale mi è capitato di lavorare in aziende che, una volta raggiunta la leadership indiscussa del proprio mercato, hanno perso il treno del successo quando è stato introdotto un fattore competitivo nuovo, ad esempio un’innovazione tecnologica o un fattore di riduzione dei costi. Queste si sono sedute, malauguratamente, su quello che già sapevano fare bene.

Tu come manager potresti avere lo stesso problema. Per me è stato così. Ero molto bravo in alcuni ambiti del mio lavoro e dedicavo il 100% del mio impegno su questi, trascurando però altri ambiti che necessitavano maggiore allenamento, come la comunicazione, la capacità di relazionarsi con quanti avevo intorno e l’abilità di motivarli. Come per gli atleti e le aziende anche i manager investono troppo tempo nei loro punti di forza, nell’errata aspettativa che i fattori che li hanno portati ad eccellere garantiranno altri successi nel futuro. Rimangono intrappolati in abitudini e routine consolidate e in schemi mentali pregressi.

Mi è capitato di lavorare nel passato con un manager responsabile di una funzione aziendale che chiameremo per semplicità Mario. Mario possedeva un discreto talento che venne messo alla prova in due progetti di forte cambiamento aziendale (l’introduzione di un nuovo sistema gestionale e la preparazione di una fusione). Ottenuto grande successo e apprezzamento nei suoi superiori per la capacità di risoluzione degli imprevisti e di gestire situazioni complesse, Mario fu messo in una posizione di responsabilità a guida di un intero dipartimento. La trappola scattò proprio in quel momento. Il mutato cambiamento di contesto lo spiazzò e mise alla prova la sua capacità di adattamento.

Abituato a fronteggiare le emergenze e gli imprevisti nei progetti che aveva affrontato, Mario si trovò in difficoltà nella quotidianità, nell’organizzazione del lavoro del suo ufficio. Piuttosto che dare delle linee guida ai collaboratori, Mario era più predisposto ad andare a caccia di minacce e problemi per poterli risolvere. Si sostituiva spesso ai suoi colleghi e in definitiva invece di lavorare attraverso il team, lavorava per il suo team. Continuava insomma a fare quello che gli riusciva bene, quello che lo aveva fatto apprezzare nel passato, anche se non era più quello che i suoi superiori e i suoi collaboratori si aspettavano da lui.

Mario doveva spezzare un circolo vizioso che lo stavo portando all’insuccesso, doveva prendere consapevolezza che era necessario intervenire non sui punti di forza ma su quelli di debolezza. Doveva allenare quelle capacità che aveva utilizzato di rado e che erano la chiave per il suo nuovo ruolo.

Come Mario molti specialisti che diventano capi hanno difficoltà nel riconoscere la trappola, questo perché con l’andar del tempo diventa sempre più costoso investire nell’apprendimento di nuove capacità. Più siamo bravi in qualcosa, più è alto il costo di dedicare il nostro tempo a imparare qualcos’altro. Ci sembra più redditizio e sicuro continuare sfruttare le nostre capacità attuali piuttosto che perdere tempo, sbagliare e sacrificarsi su attività che non garantiscono altrettanto rendimento e sicurezza. Ci sediamo sul successo e fermiamo la nostra crescita…

Perché entriamo in questa trappola?

Principalmente i motivi sono 4:

  • Perdiamo di vista i fattori di successo
  • Non percepiamo il cambiamento
  • Non troviamo supporti nella nostra crescita
  • Non è divertente ammettere e dedicarsi ai nostri punti deboli.

Questi 4 aspetti sono la base di partenza di CapoLeader.com. La piattaforma per nuovi capi lavora su 4 fattori:

  • Chiarezza sulle priorità
  • Focus sui cambiamenti ambientali
  • Supporto alla crescita
  • Rendere l’apprendimento divertente.

Sei curioso di sapere come Mario ha risolto divertendosi il suo stallo e rilanciato la sua carriera? Resta sintonizzato e capirai come ha fatto e come puoi farlo tu.

Prima di iniziare la costruzione di questo sito, mi sono domandato spesso perché sia così importante aiutare dei giovani talenti a diventare buoni leader. Questa domanda è ancor più importante, vista la tendenza, confermata da diversi studi, che gli impiegati non vogliono più diventare dei manager. Addio alla carriera, addio al mito del manager rampante, addio ai sogni di gloria aziendale.

Uno studio di Randstad in particolare rileva che il 50% degli intervistati non nutre alcun interesse verso una carriera da dirigente. Non fa alcuna differenza l’età e la seniority, personale sia giovane che esperto, donne e uomini, non ambiscono a raggiungere il vertice aziendale.

I motivi? Troppo stress, troppa burocrazia, documenti da compilare, problemi spinosi da risolvere e decisioni scomode da prendere. Soprattutto la crisi e la complessità crescente del business tendono a allontanare il personale da ruoli in cui si ha a che fare con decisioni di riduzioni del personale. L’esempio che si riceve dai propri capi non è del migliore: il 25% degli intervistati afferma di non avere un modello di riferimento a cui ispirarsi e il 52% ha detto che i capi del futuro dovranno avere caratteristiche professionali completamente diverse da quelle messe in mostra oggi.

Alla luce di questo quadro d’insieme capisco meglio perché è fondamentale creare dei leader di successo, perché è così importante diventare un buon leader. Nel contesto attuale in cui la figura del capo non ha le risorse e le caratteristiche idonee a prendere in mano la situazione, chi riuscirà ad acquisirle arricchirà il sistema e soprattutto avrà la strada spianata verso una carriera di successo. C’è una forte domanda di leader capaci e nel futuro sarà destinata a crescere a dismisura.

Cosa fare per diventare un buon leader?

Il viaggio parte sempre dallo schema mentale, dalla mentalità e dal carattere. Sempre meno le competenze specialistiche faranno la differenza, sempre di più la capacità di gestire se stessi e i propri collaboratori, permetteranno l’evoluzione del capo verso il CapoLeader.

Quindi inizia subito, mettiti in gioco, cambia il tuo mindset, doma il tuo ego, valorizza il tuo team.

Imparerai ciò che ti serve per fare carriera e diventare un buon leader.