ARTICOLO DEL BLOG:
I 7 BIAS DELL’APPRENDIMENTO MANAGERIALE
PARTE 2
Gli altri bias dell’apprendimento manageriale
Nell‘articolo della scorsa settimana abbiamo parlato dei primi tre bias dell’apprendimento manageriale, ovvero quegli atteggiamenti limitanti che, se non presi in considerazione, possono impedire di creare learning organization efficaci. Abbiamo visto: «Io sono la mia posizione»,«Il nemico è là fuori», L’illusione del farsi carico di qualcosa. Oggi andiamo ad approfondire gli altri quattro bias.
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L’ECCESSO DI CONCENTRAZIONE SUGLI EVENTI
Quando affrontiamo problemi o conflitti, a volte ci concentriamo troppo sugli eventi immediati anziché cercare di capire le cause più profonde. Questo ci porta a reagire alle situazioni occupandoci di intervenire subito, tralasciando la visione a lungo termine del problema. Molti manager pensano che per ogni situazione ci sia una causa ovvia e diretta.
Questo approccio, anche se talvolta corretto, può distrarre dal comprendere le strutture di cambiamento a lungo termine, che sono alla base delle vere minacce e opportunità aziendali. Concentrarsi solo sugli eventi immediati ci permette al massimo di prevedere ciò che accadrà, ma non ci consente di imparare in modo creativo. L’apprendimento creativo richiede una prospettiva a lungo termine.
Un esempio potrebbe essere un’azienda che affronta un calo delle vendite di un prodotto specifico.
La reazione immediata è avviare una campagna promozionale per stimolare le vendite. Successivamente, viene scoperto che il calo era dovuto a un cambiamento nelle preferenze dei consumatori non considerato. La concentrazione solo sugli eventi (il calo delle vendite) senza indagare sulla causa profonda ha portato a misure correttive inefficaci. Se avessero esaminato la causa, avrebbero potuto adattare la loro offerta alle nuove tendenze di mercato.
LA METAFORA DELLA RANA BOLLITA
Immaginate una rana che nuota tranquillamente in un pentolone pieno d’acqua fredda. Sotto la pentola, il fuoco viene acceso, e l’acqua inizia a riscaldarsi gradualmente. Progressivamente, diventa tiepida e la rana continua a nuotare, trovando la temperatura piuttosto gradevole. Col passare del tempo, la temperatura aumenta, e l’acqua diventa calda, un po’ più di quanto la rana gradisca. Pur sentendosi stanca, la rana non si spaventa e continua a nuotare.
Quando l’acqua diventa davvero troppo calda e sgradevole, la rana, ormai indebolita, non ha la forza di reagire. Invece di cercare di uscire, sopporta la situazione senza fare nulla. Nel frattempo, la temperatura continua a salire fino al punto in cui la rana, semplicemente, muore bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente in acqua a 50°, avrebbe reagito immediatamente, dando un forte colpo di zampa e saltando fuori dal pentolone.
Peter Senge utilizza la metafora della “rana bollita” per spiegare come le aziende possano essere vulnerabili alle minacce lente e graduali se non sono in grado di adattarsi nel tempo. Così come l’apparato interno della rana è orientato a reagire a cambiamenti improvvisi nel suo ambiente, e non a quelli lenti e graduali, anche le aziende spesso reagiscono solo davanti a minacce evidenti, tralasciando i piccoli segnali che con il tempo potrebbero causare problemi più grandi.
Immaginate un’azienda con un sistema gestionale che poco alla volta non risulta più adatto ed efficace a gestire il business, anno dopo anno si accettano le piccole inefficienze del gestionale perchè si è intimiditi dall’impatto di un cambiamento radicale del sistema. Fino a quando, proprio come la rana bollita, si arriva all’emersione della completa inefficacia del sistema. In realtà, l’approccio più corretto è quello di prendere coraggio e, come per la rana saltare fuori dalla pentola, introducendo nel breve periodo un cambiamento strutturale che permetterà di interrompere un trend di declino di lungo periodo.
Sopportare e ignorare le piccole inefficienze quotidiane non è mai una strategia efficace.
L’ILLUSIONE DI APPRENDERE DALLE ESPERIENZE
L’apprendimento più potente deriva dall’esperienza diretta: prendiamo una decisione, la mettiamo in atto, vediamo le conseguenze, e in base all’esito consolidiamo l’apprendimento o modifichiamo qualcosa.
Questo avviene fin dall’infanzia, se un bambino avvicina la mano al fuoco impara che il fuoco brucia. L’azione di mettere una mano sul fuoco ha una diretta conseguenza che è il dolore. In azienda però, non sempre possiamo vedere i risultati delle nostre azioni nel breve periodo. Molte decisioni critiche prese nelle organizzazioni hanno conseguenze a livello dell’intero sistema che si estendono su anni o decenni.
Questo può portare i manager a non sperimentare nuove strategie per un’insicurezza riguardo gli effettivi risultati delle proprie azioni nel lungo termine, non avendo una diretta visibilità sull’esito, si installano in questo contesto convinzioni limitanti quali “questo approccio non funziona perchè non ne vedo subito gli effetti”.
Ad esempio, un manager potrebbe giudicare alcune azioni come fallimenti, sia a livello personale che aziendale, perché non riesce a vedere il collegamento diretto tra le decisioni prese e i risultati ottenuti.
Alcune categorie professionali, per stimolare il livello di fiducia sugli esiti delle proprie decisioni utilizzano dei simulatori per minimizzare i tempi di attesa tra decisioni, azioni e risultati. Per esempio i piloti di aereo provano manovre in situazioni molto particolari al simulatore di volo, proprio perchè questo da un’immediata evidenza degli esiti della manovra stessa, aiutandoli ad adeguare i modelli mentali che stanno alla base delle loro decisioni.
Ecco perchè noi di CapoLeader utilizziamo le nostre simulazioni manageriali (Fligby, Friday Night) nella formazione aziendale sulla leadership.
IL MITO DEL MANAGEMENT TEAM
L’ultimo atteggiamento che limita l’apprendimento del manager e dell’azienda stessa è l’idea che chi ricopre ruoli manageriali debba avere la risposta a tutto, non è ammesso non sapere la risposta ed è quindi da evitare qualsiasi domanda su aspetti specifici o tecnici. Questa mentalità ha il potenziale di ostacolare completamente il percorso di apprendimento e comprensione, dando origine a ciò che è noto come “incompetenza qualificata“.
Questo concetto si applica a un gruppo di individui molto abili nel limitare la propria capacità di apprendere. Spesso, nelle aziende, i gruppi cercano di ottenere più potere, evitando di affrontare situazioni che potrebbero rovinare la loro reputazione. Vogliono che tutti siano d’accordo con la stessa strategia per sembrare uniti. Per mantenere questa immagine, cercano di evitare i disaccordi; chi ha preoccupazioni serie di solito non le esterna pubblicamente. Le decisioni prese insieme finiscono spesso per essere compromessi vaghi o rappresentano il punto di vista di una persona imposto al gruppo.
Se c’è disaccordo, spesso viene espresso in modo che incolpi qualcuno, crei divisioni e non metta in evidenza le differenze di base nei presupposti e nell’esperienza, impedendo a tutto il gruppo di imparare dalla situazione. Aprire un dialogo costruttivo all’interno del team, noncuranti della difesa della propria immagine, ma in un’ottica di superamento degli schemi mentali limitanti, porta ad un allargamento alle diverse prospettive dei membri e mette in discussione correttamente lo status quo.
Quando c’è qualcosa che non è perfettamente chiaro o è migliorabile, dobbiamo intervenire ponendo domande, aprendo discussioni e condividendo i nostri dubbi anche se ci sembra di mettere in repentaglio l’armonia del team.
Essere consapevoli di questi sette bias manageriali limitanti, evidenziati da Peter Senge, è il primo passo per superarli. Per farlo sarà necessario allargare la nostra visione sull’intero sistema, ovvero sull’importanza delle interconnessioni aziendali, abbandonando la mentalità a silos. I nostri programmi di formazione aziendale sono pensati per aiutare i manager a superare questi atteggiamenti imparando, grazie alla simulazione e al gioco serio, a collaborare, comunicare e trovare strategie innovative per migliorare lo sviluppo dell’azienda.
In particolare, Friday Night at the ER è lo strumento più efficace per raggiungere questo obiettivo.
Ecco qui per voi un breve explainer di come funziona il nostro gioco:
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i benefici del flow
Il Flow ha contribuito, grazie ai suoi importanti benefici, alla realizzazione di successi sia in campo sportivo che lavorativo. Abbiamo visto che il primo grande risultato del Flow è stato quello di portare alla vittoria i Dallas Cowboys, nel Super Bowl del 1993. Dal punto di vista aziendale, invece, ha contribuito alla creazione della mission di Patagonia, generando un clima di pieno coinvolgimento, felicità e motivazione, in cui i dipendenti possono lavorare scalzi, fare surf se ci sono le onde “giuste”.
Se volessimo riassumere in sette punti i principali benefici del Flow potremmo dire che:
la cultura aziendale di google – parte 2
(Seconda parte) Nel precedente articolo abbiamo analizzato la cultura aziendale di Google e il Flow come descritto dal prof. Csikszentmihaly e in particolare ai suoi elementi. I pilastri della cultura aziendale di Google già affrontati sono stati la cultura dell’innovazione, la strategia Hr dinamica e i Manager come Leader. Qui di seguito affrontiamo gli altri 4. In corsivo, alla fine della descrizione di ogni pilastro trovi l’analisi relativa agli elementi del Flow connessi.
La cultura aziendale di Google è studiata come riferimento per l’employer branding fin dal 2006 quando fece notizia per l’introduzione del suo nuovo programma di stock option per i dipendenti e poi nel 2012 quando introdusse i benefici in caso di morte per i famigliari dei dipendenti andando praticamente a rivoluzionare l’approccio ai benefit nel settore privato americano. Questo approccio rivoluzionario ha consentito a Google di diventare best employer per Forbes per 3 anni consecutivi e di diventare punto di riferimento per chi si occupa di benessere lavorativo e coinvolgimen
Per il sottoscritto e per il team di CapoLeader è il coronamento di un progetto che ci ha impegnati a fondo, che ci darà la possibilità di diffondere la filosofia nella quale crediamo ad una platea molto più importante. Con questo articolo vorrei condividere con te la storia di come Buon Business sia diventato realtà. Prima di farlo però ti voglio spiegare perché, per me e per gli altri membri di CapoLeader, il libro sia così importante.
Il titolo completo del libro è “Buon Business – La leadership, il Flow e la creazione del significato” e l’unione di questi 3 elementi è la chiave per dare la possibilità al mondo aziendale di contribuire al miglioramento della società attraverso il raggiungimento della felicità personale. Comprendere il concetto di Flow ci permette di raggiungere la piena realizzazione del nostro potenziale e di dare significato alla nostra vita.
Tutti noi, prima o poi, ci troviamo ad affrontare momenti difficili nella vita. Che si tratti della perdita di una persona cara, di un fallimento lavorativo o di una delusione amorosa, è normale provare emozioni negative. Spesso, però, tendiamo a trattenere queste emozioni, a nasconderle e a far finta che vada tutto bene, soprattutto in ambito lavorativo. Ma, reprimere ciò che proviamo può fare più male che bene. Esternare le proprie emozioni, invece, può portare molti benefici e aiutare a superare meglio le difficoltà, sia nella vita personale che professionale.
Imparare a gestire e esternare le nostre emozioni in modo efficace è un passo fondamentale per entrare nello stato di flow poichè ci permetterà di affrontare le sfide con una maggiore serenità e forza interiore.
la cultura aziendale di google
Il gigante di Mountain Wiew è riuscito a raggiungere risultati d’eccellenza grazie ad un fattore competitivo al di fuori del comune: La cultura aziendale di Google. I googler sperimentano così spesso lo stato di Flow e di piena soddisfazione che il loro approccio lavorativo diventa uno stile di vita. Si riconoscono nella cultura aziendale e sono pienamente coinvolti.
La cultura aziendale di Google è studiata come riferimento per l’employer branding fin dal 2006 quando fece notizia per l’introduzione del suo nuovo programma di stock option per i dipendenti e poi nel 2012 quando introdusse i benefici in caso di morte per i famigliari dei dipendenti andando praticamente a rivoluzionare l’approccio ai benefit nel settore privato americano. Questo approccio rivoluzionario ha consentito a Google di diventare best employer per Forbes per 3 anni consecutivi e di diventare punto di riferimento per chi si occupa di benessere lavorativo e coinvolgimen
Per il sottoscritto e per il team di CapoLeader è il coronamento di un progetto che ci ha impegnati a fondo, che ci darà la possibilità di diffondere la filosofia nella quale crediamo ad una platea molto più importante. Con questo articolo vorrei condividere con te la storia di come Buon Business sia diventato realtà. Prima di farlo però ti voglio spiegare perché, per me e per gli altri membri di CapoLeader, il libro sia così importante.
Il titolo completo del libro è “Buon Business – La leadership, il Flow e la creazione del significato” e l’unione di questi 3 elementi è la chiave per dare la possibilità al mondo aziendale di contribuire al miglioramento della società attraverso il raggiungimento della felicità personale. Comprendere il concetto di Flow ci permette di raggiungere la piena realizzazione del nostro potenziale e di dare significato alla nostra vita.
Tutti noi, prima o poi, ci troviamo ad affrontare momenti difficili nella vita. Che si tratti della perdita di una persona cara, di un fallimento lavorativo o di una delusione amorosa, è normale provare emozioni negative. Spesso, però, tendiamo a trattenere queste emozioni, a nasconderle e a far finta che vada tutto bene, soprattutto in ambito lavorativo. Ma, reprimere ciò che proviamo può fare più male che bene. Esternare le proprie emozioni, invece, può portare molti benefici e aiutare a superare meglio le difficoltà, sia nella vita personale che professionale.
Imparare a gestire e esternare le nostre emozioni in modo efficace è un passo fondamentale per entrare nello stato di flow poichè ci permetterà di affrontare le sfide con una maggiore serenità e forza interiore.
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