Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare di Patagonia per la decisione, da parte del suo fondatore Yvon Chouinard, di cedere la proprietà dell’azienda a due nuove entità Patagonia Purpose Trust e Holdfast Collective. Ogni dollaro non reinvestito nell’azienda sarà distribuito sotto forma di dividendi per proteggere il pianeta. Il nostro unico azionista è il pianeta, questo è lo slogan che caratterizza l’operazione e descrive la nuova mission di Patagonia. Qualcuno potrebbe anche pensare ad un’operazione pubblicitaria se non conoscesse la storia di un’azienda che ha rivoluzionato il mondo del business come siamo abituati a concepirlo.
Il prof. Csikszentmihaly, nel suo libro Buon Business cita spesso Patagonia e il suo fondatore Yvon Chouinard come esempi da seguire per la capacità di generare una mission significativa che generi pieno coinvolgimento e permetta alle persone coinvolte nel business di sperimentare lo stato di Flow sul posto di lavoro. Come sappiamo più è presente il Flow in azienda più le persone sono coinvolte, felici e produttive.
Ogni passaggio della sua storia ormai cinquantennale ha significato un ulteriore gradino percorso in termini di responsabilità sociale e ambientale creando un forte engagement e benessere nei dipendenti. Basta dare una scorsa alla filosofia che ha animato Patagonia fin dai suoi albori.
La storia di Patagonia
Innanzitutto, Yvon Chouinard parte dalla sua prima fortissima passione. Nel lontano 1953, a soli 14 anni, si innamora dell’arrampicata su roccia. La gioventù di Chouinard passa nello Yosemite park dove la sua combricola affronta sfide sempre più avvincenti nello scalare pareti. Nel 1957 inizia la sua avventura come uomo d’affari, acquista da un rigattiere una fucina a carbone usata, un’incudine, alcune pinze e martelli e impara da autodidatta il mestiere del fabbro. Tutto parte dalla difficoltà di reperire negli Stati Uniti i chiodi da arrampicata di produzione europea. La notizia si diffonde e presto i suoi amici vogliono assolutamente avere i chiodi in acciaio al cromo-molibdeno di Chouinard. Il passo successivo è aprire un piccolo negozio nel cortile dei suoi genitori a Burbank. La maggior parte dei suoi strumenti però è portatile, quindi può caricare la sua auto e viaggiare lungo la costa della California da Big Sur a San Diego, dando spazio alla sua seconda passione, il surf. Abbinare lavoro e divertimento è una caratteristica che porterà nella sua avventura imprenditoriale.
Nel 1965, Yvon si mette in società con Tom Frost, suo instancabile compagno di cordata, e insieme fondano la Chouinard Equipment. Durante i nove anni in cui Frost e Chouinard sono soci, riprogettano e migliorano quasi tutti gli attrezzi da arrampicata per renderli più forti, più leggeri, più semplici e più funzionali. Il loro principio progettuale guida deriva da Antoine de Saint Exupéry, celebre aviatore francese: “In qualsiasi cosa, la perfezione si raggiunge non quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non vi è più niente da togliere, quando un corpo è stato spogliato fino alla sua nudità“.
Nel 1970 Chouinard Equipment è il più grande fornitore di ferramenta per arrampicata e alpinismo negli Stati Uniti. Ma è anche un criminale ambientale perché i suoi attrezzi danneggiano la roccia. Le stesse fragili crepe sono costrette a subire ripetuti martellamenti dei chiodi durante il posizionamento e la rimozione, e la deturpazione è grave. Chouinard e Frost decidono di ridurre al minimo il business dei chiodi. Questo è il primo grande passo ambientale che intraprendono nel corso degli anni.
Fortunatamente esiste un’alternativa: dadi di alluminio che possono essere incuneati a mano anziché martellati dentro e fuori le crepe. Vengono introdotti nel primo catalogo della Chouinard Equipment nel 1972. Nel catalogo viene incluso un saggio di 14 pagine del climber della Sierra Doug Robinson su come usare i dadi, e ciò apre la strada a futuri saggi sull’ambiente nei cataloghi di Patagonia. Nel giro di pochi mesi dalla spedizione del catalogo, il business dei chiodi si atrofizza: i dadi vengono venduti più velocemente, ancora prima di essere realizzati. Yvon non vuole contribuire in alcun modo a deturpare e mettere a rischio le sue amate montagne.
Successivamente abbandonò completamente la linea delle attrezzature e iniziò a produrre indumenti per scalatori, ma indumenti talmente resistenti da soddisfare un fabbro. E’ lo stesso Chouinard a confermarlo: “Abbiamo cucito il primo paio di pantaloni corti con una macchina per il cuoio. Ho utilizzato una canapa molto pesante. La donna che li cucì li mise in piedi sul tavolo e i pantaloni rimasero dritti. E quello fu l’inizio dei nostri Standup Short (gli short che tanno in piedi da soli). Eravamo dei fabbri che facevano indumenti.”
Il passaggio dalle attrezzature all’abbigliamento non cambiò l’obiettivo dell’azienda. “Secondo la nostra concezione, ogni prodotto che facciamo dev’essere il migliore del mondo. Non uno dei migliori: il migliore. Qualsiasi cosa facciamo, che sia un paio di pantaloni o una camicia, dev’essere così.” Questo è il segreto perché Patagonia è stata capace di attrarre talenti eccezionali nella propria organizzazione. Se un’impresa non aspira a essere la migliore della sua specie, attrarrà dipendenti poco abili e sarà presto dimenticata.
Come ogni imprenditore sa, esistono momenti molto difficili e si devono fronteggiare situazioni complicate per garantire la sopravvivenza a lungo termine dell’azienda. Questo è ancora più difficile se si vuole perseverare secondo valori etici elevati e ci si vuole prendere cura dell’ambiente. Chouinard si trova ad affrontare uno di questi momenti quando capisce che il cotone, per tutti un materiale naturale ed ecologico rappresenta in realtà una forte minaccia per l’ambiente (i risultati di un’analisi dicono che ci vogliono circa 9 litri di petrolio – la base per i pesticidi- per produrre una camicia di cotone).
“Mentre attraversavo la Central Valley ho visto queste grandi pozzanghere dove scolava l’acqua dai campi di cotone. C’erano delle guardie armate di fucili per spaventare e tenere lontani gli uccelli da questo liquame. Vedi tutto questo, parli con gli agricoltori e vieni a sapere che il tasso di incidenza del cancro è dieci volte maggiore della media. Ho detto: Ah, è così! Non userò mai più cotone prodotto industrialmente. E’ come produrre mine anti uomo e un giorno svegliarsi e andare a vedere che cosa fanno. A questo punto puoi scegliere: andare avanti o fermarti. E io mi sono detto: Va bene smettiamo. Preferisco chiudere che continuare così.”
Patagonia per inciso non chiuse, ma fece partire una campagna di rilancio del cotone prodotto biologicamente alla quale col tempo aderirono anche Nike Levi Strauss e altri colossi dell’abbigliamento.
I valori e l’integrità di Patagonia rendono i propri dipendenti orgogliosi e felici e fanno percepire un forte senso di scopo nella propria attività. L’ambiente lavorativo è costruito proprio alternando responsabilità verso l’ambiente e miglioramento della qualità dell’esperienza lavorativa.
La cultura aziendale è viva e si esprime in diversi modi: “Sul lavoro siamo circondati da amici che possono vestirsi come vogliono, possono venire in ufficio anche a piedi nudi. La gente corre a fare surf quando c’è l’onda giusta, gioca a pallavolo sul campo di sabbia alle spalle del nostro stabilimento. L’azienda sponsorizza viaggi per sciare o per arrampicate e alpinismo. Dal 1984 non abbiamo più uffici privati, lavoriamo in un grande open-space per aiutarci nella comunicazione. Abbiamo una caffetteria che serve cibi sani, principalmente biologici. L’unica cosa che non cambia qui sono i fagioli e il riso, serviti ogni lunedì. Abbiamo anche aperto, su insistenza di Malinda Chouinard, un asilo nido aziendale – all’epoca uno dei soli 150 nel Paese (oggi ce ne sono migliaia, anche se non sono ancora sufficienti). La presenza di bambini che giocano nel cortile o che pranzano con i genitori nella caffetteria aiuta a mantenere l’atmosfera aziendale più familiare che aziendale. Nel 2015 siamo stati premiati dal Presidente Obama per il nostro impegno nei confronti delle famiglie dei nostri dipendenti.”
Perchè Patagonia è diversa
L’ulteriore storia della cura verso l’impatto ambientale è testimoniata da diverse iniziative:
- La prima, negli anni ‘70 per salvare l’habitat della trota iridea diventa uno spartiacque. Una delegazione di dipendenti di Patagonia blocca il piano di sviluppo del territorio per la costruzione e la cementificazione del letto del fiume Ventura che costeggiava lo stabilimento. Allo stesso tempo viene finanziato un piano per il recupero del fiume e della fauna.
- Dal 1986 Vengono previste donazioni regolari per iniziative di recupero ambientale.
- Nel 2002 nasce la campagna 1% for the planet. L’uno per cento del fatturato viene destinato a scopi ambientalistici.
- Dal 1980 Patagonia fa uso di carta riciclata per i propri cataloghi
- Nel 2007 viene prodotto il pile Synchilla® ottenuto attraverso il riciclo di bottiglie d’acqua di plastica.
- Nel 1996 lo stabilimento a Reno viene progettato per consumare il 60% di energia in meno attraverso lucernari a tracciamento solare e sistemi di riscaldamento radiante.
- Nel gennaio del 2012, Patagonia è la prima azienda californiana a diventare una società di beneficenza (B-Corp)
- Il libro Let my people go surfing scritto da Yvon che racconta il suo approccio imprenditoriale diventa un bestseller.
- Il programma Worn Wear lancia la prima iniziativa di riaparazione dell’abbigliamento usato attraverso l’utilizzo di materiali di recupero.
- Il simbolo di cucitura Fair Trade Certified™ garantisce che parte dei soldi spesi per un prodotto vengono destinati direttamente ai produttori, restando quindi nella loro comunità. Fair Trade è il primo passo per pagare salari dignitosi a tutti coloro che fanno parte della rete di approvvigionamento.
- Patagonia Action Works si occupa di connettere i clienti con le organizzazioni ambientale supportate.
- Patagonia Provisions – l’azienda alimentare alle prime armi – ha fatto il primo passo verso la riduzione dell’impatto della CO2 quando ha lanciato la Long Root Ale, una birra prodotta con grano Kernza® che vanta un enorme potenziale per il sequestro del carbonio.
- Alla fine del 2018 Yvon Chouinard e il CEO Rose Marcario hanno cambiato la dichiarazione della missione dell’azienda per riflettere questo cambiamento:
“Patagonia è in business per salvare il nostro pianeta“.
Lo stesso Yvon Chouinard spiega l’essenza del suo approccio: “Nessuno costruisce qualcosa del genere se ha intenzione di quotarsi in Borsa entro 3 anni, incassare e sparire. Perciò cerchiamo di agire come se questa impresa dovesse stare qui altri cento anni!”
Abbiamo molto da imparare da un approccio di questo tipo e anche noi nel nostro piccolo possiamo ambire a contribuire a qualcosa di più grande. Il Prof. Csikszentmihalyi, grande amico di Chouinard, definisce questo nostro importantissimo bisogno:
“Noi tutti abbiamo bisogno di sapere che le nostre vite non sono sprecate e che lasceremo qualche orma nella sabbia del tempo. Dobbiamo essere convinti che la nostra esistenza serve a uno scopo utile e che ha valore.” (Csikszentmihalyi, Buon Business)