Lo stress è una risposta naturale del corpo a situazioni percepite come minacciose o impegnative. In ambito lavorativo può derivare da carichi di lavoro elevati, scadenze pressanti, relazioni interpersonali difficili o una mancanza di controllo sulle proprie attività. Se gestito correttamente lo stress può essere uno stimolo positivo (eustress), ma quando diventa cronico porta effetti dannosi sulla salute mentale e fisica. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo stress lavorativo è uno dei principali fattori di rischio per la salute mentale e anche fisica contribuendo all’aumento di patologie come depressione ansia e malattie cardiovascolari.
Uno studio dell’agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul lavoro indica che lo stress costa l’economia Europea circa 617 miliardi di euro all’anno di cui 272 miliardi dovuti alla riduzione della produttività, 242 miliardi per le spese sanitarie, 63 miliardi per assenteismo e 40 miliardi per turnover aziendale. Negli Stati Uniti, la Americano Institut of Stress riporta che l’83% dei lavoratori soffre di stress legato al lavoro e il 25% di essi considera il lavoro come la principale fonte di stress nella propria vita. Quando lo stress diventa cronico può evolvere nel burnout, una condizione di esaurimento emotivo, cinismo e ridotta efficacia lavorativa.
Questo non solo compromette la salute del lavoratore, maha anche ripercussioni dirette sull’ azienda: aumento dell’assenteismo, maggior turnover, riduzione della produttività e peggioramento del clima aziendale, sono solo alcune delle conseguenze.
Le aziende che non affrontano il problema dello stress, rischiano di subire i costi elevati in termini economici e organizzativi, mentre quelle che investono nel benessere lavorativo vedono miglioramenti in termini di engagement e performance.
Nelle prossime settimane analizzeremo tre aspetti fondamentali dello stress lavorativo: