E’ sotto i miei occhi, lavorando con i nuovi capi, che uno dei fattori che si ripetono con molta facilità, è il desiderio incrollabile delle persone di restare fedeli a sé stesse e di evitare attività che le facciano sentire false. Ho cercato più volte di capirne il perché e penso che questo sia legato al fatto che un nostro comportamento debba essere espressione della nostra profonda identità. Questo rappresenta spesso la morte della nostra crescita.

Si prende la scusa del carattere e dell’identità per non fare cose che una volta imparate, ci consentirebbero di migliorarci. Ad esempio, la capacità di ascolto attivo. Molti, soprattutto quelli che non sono dei bravi ascoltatori, si rifiutano di addestrarsi perché percepiscono questa attività come una forzatura, come qualcosa che li fa diventare falsi.

Quando operiamo nella nostra zona di comfort l’identità diventa la stella polare che ci guida verso gli obiettivi. Quando invece vogliamo imparare cose nuove e migliorarci l’identità diventa una zavorra che ci impedisce di spiccare il volo.

La soluzione dunque è cambiare la nostra identità sforzandoci di andare oltre i limiti rappresentati da quello che siamo oggi.

Il fenomeno di “cambio d’identità” dovuto alla transizione da specialista a capo parte comunque da uno stato iniziale di insicurezza e di carenza di competenze rispetto al nuovo ruolo. Queste persone normalmente ricevono consigli che nella maggior parte dei casi non sono di alcun aiuto.

Dallo stato iniziale la maggior parte dei soggetti reagisce come “fedele a sé stessi” puntando sulle loro capacità attuali, su quello che sanno fare bene e che implica meno sforzo. L’altra minoranza reagisce come “esploratore” sperimentando nuovi modi di agire e di approcciarsi alle cose. Gli esploratori si sentono liberi di prendere spunti da modelli di successo e comporre il puzzle del loro nuovo stile, anche se inizialmente i nuovi comportamenti possono sembrare non genuini.

I Fedeli a sé stessi, invece considerano le situazioni che li spingono oltre il loro stile naturale come delle minacce alla propria genuinità e le rifiutano. E’ per questo che hanno meno possibilità di fare carriera e di essere percepiti come leader, al contrario degli esploratori che arricchiscono la propria identità di continuo e sono recettivi nel acquisire nuove competenze.

Andate pure al test se volete individuare a quale categoria appartenete.

La ricerca di autenticità è un ostacolo alla transizione da specialista a capo, ma in che situazione potreste incontrarlo?

  • Assumere il comando – è difficile mantenere la giusta distanza dai collaboratori. Il rischio è di essere troppo vicini (capo amico) o di nascondersi dietro alla formalità per nascondere l’imbarazzo.
  • Vendere le vostre idee – considerare una forma di manipolazione il vendere le proprie idee e ispirare in continuazione le persone. Si ha la sensazione di utilizzare gli altri a proprio piacimento.
  • Assorbire il feedback negativo – si considera la componente negativa del proprio agire come il prezzo da pagare per avere successo. Ci si autoconvince che la parte disfunzionale del proprio agire è inevitabile. Non si prende consapevolezza che si sta ottenendo successo nonostante il comportamento inefficace, perdendo quindi la possibilità di miglioramento.

A questo proposito concludiamo con una domanda per te. Pensa ad un area in cui hai ricevuto un feedback di negativo che vuoi migliorare. Quali suggerimenti hai ricevuto? Cosa può impedirti di fare progressi in quest’area? Può essere il bisogno di autenticità? Attendo tuoi commenti.

Massimo rimane a bocca aperta per quello che vede entrato nella sala del coworking. Quando è stato invitato da Federico, il suo compagno di studi all’università, non avrebbe mai immaginato di partecipare ad un evento del genere.

La sala meeting è dominata da un grosso tavolo centrale con dieci sedie attorno, alcune già occupate da altri partecipanti. Ma è quello che c’è sul tavolo che colpisce Massimo e lo fa tornare ai tempi di quando era un ragazzino. Sul tavolo sono appoggiati migliaia di mattoncini Lego® e altri tavoli sul perimetro della stanza sono cosparsi di altri componenti Lego®, animali Duplo® e tutto l’occorrente per fare costruzioni.

Rapito da questo spettacolo, da ragazzo non so quante ore ha dedicato a giocare con i famosi mattoncini danesi, sente crescere anche una sensazione di scetticismo. “Cosa hanno a che fare i mattoncini con il mio lavoro. Io pensavo di dedicare una giornata a risolvere i miei problemi lavorativi e invece sono qui a dover giocare.

Su un cartellone vede la scritta Lego® Serious Play® affiancata al motto Per diventare CapoLeader. I suoi dubbi aumentano.

Il sorriso di Federico lo accoglie e gli da il benvenuto. Come se avesse letto dalla sua faccia i pensieri che attraversano la sua mente, Federico gli ripete: “Mente aperta e mettiti in gioco!” .

Massimo non sembra avere altre scelte, si arrende all’insistenza dell’amico “OK, OK…”

Inizia il laboratorio e Massimo si affida al flusso del processo, inizia a costruire modelli in risposta alle domande di Federico. Fina da subito trova puro divertimento in quello che fa. E’ tornato ragazzo e sente l’entusiasmo e la gioia di vivere che contraddistinguevano la sua adolescenza. A poco a poco che il laboratorio prosegue si accorge però che i contenuti cominciano a diventare sempre più seri e pertinenti all’ambito lavorativo.

L’argomento della giornata sembra essere “cosa mi blocca nel diventare Capoleader?”

Forse non sono nel posto sbagliato….

Vuoi sapere come prosegue la storia di Massimo? Leggi il prossimo articolo.

Hai perso le puntate precedenti? Ritorna all’inizio https://capoleader.com/storia-1

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Massimo il giorno dopo l’incontro riguarda il biglietto da visita dell’amico e oltre alla scritta rossa CapoLeader vede la dicitura “Aiuto i neo manager a liberare il loro potenziale”. Da quello che si ricordava l’amico era Direttore Finanziario in una multinazionale. Il cambiamento di ruolo lo colpisce e si ripromette di capirne di più. Massimo prende così la decisione e chiama Federico per prendere il famoso appuntamento.

Federico è di poche parole e non sembra intenzionato a rispondere alla curiosità di Massimo. Gli da appuntamento al sabato successivo per una giornata dedicata alla crescita e al mettersi in gioco.”Non sarà mica uno di quegli eventi in cui il guru di turno si inventa modi per motivare persone depresse…. Non è certo la motivazione che mi manca!” questi pensieri riempiono fin da subito la mente di Massimo. Il costo di questa giornata non è neanche così basso, e poi perchè tutto questo mistero su cosa si farà durante il giorno….Massimo risolve con un pò di determinazione i dubbi e conferma la sua presenza. “Del resto tutto quello che ho provato finora non ha funzionato, tanto vale provare qualcosa di diverso”.

Gli risuonano le ultime parole che l’amico gli ha detto prima di concludere la telefonata “Vieni con la mente aperta e mettiti in gioco!”

Mente aperta e mettersi in gioco… bastasse questo…

Il venerdì prima dell’appuntamento Massimo è quasi tentato di telefonare e disdire l’appuntamento, c’è qualcosa che lo spaventa in questo appuntamento al buio. I messaggini di richiesta spiegazioni degli ultimi giorni sono stati ignorati. Federico è deciso a non spoilerare il contenuto dell’incontro. Massimo ha paura di rimanere deluso un’altra volta.

Il Sabato mattina si alza presto e dopo una sostanziosa colazione si dirige all’appuntamento il solito misto di entusiasmo e ansia che lo accompagna. Arrivato a destinazione puntuale entra nel coworking dove è fissato l’appuntamento ripetendosi il mantra che gli è stato impartito “Mente aperta e mettiti in gioco”.

Entrato nell’aula rimane stupefatto da quello che vede… e non crede ai suoi occhi. Riavutosi dallo shock iniziale si ripete ancora una volta “Mente aperta e mettiti in gioco”. Siii in gioco….

Vuoi sapere cosa troverà Massimo all’interno dell’aula? attendi il prossimo articolo.

Massimo è incuriosito dalle parole del suo caro amico Federico, inizia a vedere una via d’uscita dai suoi problemi e la frustrazione sta mutando in interesse.


“Vuoi diventare un CapoLeader?”
“Se solo sapessi cos’è…. dimmi di più”. Massimo pende dalle labbra dell’amico, ha fiducia in Federico, lo conosce da quando studiavano insieme all’università, sa che è sempre un passo avanti agli altri. 


“Il CapoLeader è il simbolo del manager illuminato. E’ un manager che racchiude dentro di sé due anime distinte. Il capo rappresenta l’operatività, la concretezza, l’efficienza nel raggiungere gli obiettivi, in poche parole il Management.
Il leader rappresenta la visione, la capacità di coinvolgere e ispirare, l’efficacia nelle scelte in poche parole la Strategia.

Tutti i manager che rincorrono una sola di queste anime si trovano in difficoltà, sono necessarie entrambe e si raggiungono quando si trova il nostro equilibrio. Equilibrio a livello personale, a livello professionale e infine a livello collettivo, nel tuo team.”

Massimo sente che, come già succedeva ai tempi della scuola, starebbe ad ascoltare Federico per ore. Anzi riconosce che ora la sua bravura nella comunicazione è addirittura aumentata. Non saranno mica gli effetti dell’essere un CapoLeader?


“Ora però devo andare, senti questo è il mio numero di telefono, chiamami e vediamoci settimana prossima…. ” Dice Federico porgendogli un biglietto da visita e congedandosi. Massimo riconosce sul biglietto in rosso la parola CapoLeader, prende il biglietto e aggiunge “Lo farò senz’altro!”

E’ forse finito il mio periodo buio? questo pensa Massimo appena lasciato l’amico, mentre sente un filo di entusiasmo e speranza crescere dentro di lui.
Vuoi sapere come va a finire la storia di Massimo? Vai al prossimo articolo.