ARTICOLO DEL BLOG:

PENSIERO STRATEGICO:
TRASFORMARE IL CAOS IN UNA MAPPA BEN FATTA

Pensare strategicamente è vedere oltre l’orizzonte, anche quando tutti gli altri guardano il prossimo ostacolo

Nell’articolo di oggi andremo ad esplorare la seconda importantissima soft skill, utile per allenare il Flow, di cui abbiamo parlato nel Trattato semiserio sulle soft skills.

Chi non ha mai pronunciato, con sguardo profondo e voce da film epico: “Dobbiamo pensare strategicamente!”?

Ecco. Di solito questa frase viene detta quando:

  • -nessuno sa più cosa fare,

  • -ci si trova in ritardo su tutto,

  • oppure qualcuno ha appena prenotato la sala riunioni per la quinta volta nella stessa giornata (grande classico).

Ma cos’è davvero il pensiero strategico?

Spoiler: non è solo roba da CEO o da giocatori di scacchi professionisti. È una soft skill preziosa, trasversale e – notizia bomba – si può allenare! Anche senza indossare il mantello da Napoleone.

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Pensare strategicamente significa stare ben piantati nel presente, ma con lo sguardo lungo e le antenne dritte sul futuro.
È come dire al tuo “io di domani”: “Tranquillo, ci sto già pensando”.

Non si tratta solo di sapere cosa fare adesso, ma di capire perché lo stai facendo, che direzione stai prendendo, e se per caso il piano A va in tilt… come trasformare il piano B in qualcosa di geniale (o almeno vivibile, magari con vista mare e camper attrezzato).

In fondo, è come fare il tetris con le decisioni: ogni mossa conta, ma se riesci a incastrarle bene, costruisci qualcosa che dura. E sì, ogni tanto tocca schivare i pezzi che piovono dall’alto… ma fa parte del gioco.

 

Rotta tracciata, occhi sull’orizzonte

Immagina di essere il capitano di una nave dei pirati (ma di quelli buoni, eh!). Il pensiero strategico è la tua mappa del tesoro, non quella disegnata in fretta su un tovagliolo, ma quella fatta bene, con bussola, venti da sfruttare, correnti da evitare e isole misteriose da esplorare.

Non ti accontenti di sapere dove sei ora (quello lo fa il pensiero operativo), ma vuoi capire dove vuoi arrivare e come arrivarci nel miglior modo possibile.

Ecco cosa fa chi pensa in modo strategico:

  • 🔭 Guarda lontano: non si ferma all’onda che ha davanti, ma punta all’orizzonte.
  • 🧩 Collega i puntini: capisce che ogni azione oggi ha un impatto domani.
  • 🎯 Si fa buone domande: tipo “Cosa vogliamo ottenere davvero?” e “Qual è il miglior modo per arrivarci, senza girare in tondo?”
  • 🧬 Tiene conto del contesto: mercato, persone, clima (non solo quello meteorologico), risorse.
  • 🛠️ Crea soluzioni intelligenti: che non siano solo brillanti, ma anche sostenibili nel tempo.

Insomma, è il tipo che in un gioco di scacchi non si concentra solo sul pezzo da muovere… ma ha già in mente il finale.

Pensiero strategico e Flow: quando la mente gioca d’anticipo

Rimanendo proprio su questo argomento, hai mai osservato un vero giocatore di scacchi all’opera?
Non uno che gioca “alla buona” mentre mangia i cracker, ma uno di quelli che sembra sapere esattamente cosa succederà tra dieci mosse, con la calma di chi ha già previsto tutto.

Lì c’è pensiero strategico puro: non reagisce al gioco dell’avversario, lo crea.
Ogni mossa è studiata per orientare la partita nella direzione voluta, costringendo l’altro a inseguire.
In pratica, decide il ritmo, imposta la danza e l’altro deve ballare.

Ed è proprio in questo spazio di visione e controllo che succede qualcosa di magico: entra in flow.

Quel flusso mentale dove:

  • -ha un obiettivo nitido (vincere, ovvio, ma con stile),

  • -ogni azione ha senso e direzione,

  • -pensiero e azione si fondono, senza esitazioni.

Quando c’è pensiero strategico, non c’è confusione, non c’è quel “oddio, e adesso che faccio?” che blocca le energie.
C’è allineamento. C’è focus. C’è flow.

Ecco perché chi pensa strategicamente è spesso anche più sereno, più lucido, più efficace: perché ha disegnato una traiettoria e la sta seguendo, con la mente che scivola sulla rotta come una barca col vento in poppa.

METTITI ALL’OPERA

Dopo tante mappe, bussole e metafore piratesche, arriva il momento di fare un po’ di pratica. Perché il pensiero strategico non si allena solo con discorsi ispirati e sguardi intensi nel vuoto: serve esercizio, ogni giorno, anche in piccole cose.

Scegli una situazione concreta della tua vita lavorativa (o personale): una decisione da prendere, un progetto da far partire, una scelta che rimandi da un po’.

  1. Visuale dall’alto: prova a “sorvolare” la situazione. Non fermarti a ciò che accade ora: chiediti dove vuoi essere tra qualche mese, o a fine anno.

  2. La domanda potente: scrivi su un foglio: “Che cosa voglio davvero ottenere da questa situazione?”

  3. Piani alternativi (senza ansia): immagina almeno due opzioni “di riserva”. Non come piani fallimentari, ma come alternative creative.

  4. Indizi strategici: quali piccoli segnali oggi ti fanno capire se stai andando nella direzione giusta? (Es. reazioni delle persone, piccoli progressi, feedback ricevuti).

  5. Una mossa al giorno: scegli una singola azione concreta che puoi fare subito, che abbia senso oggi e valore anche domani.

Ricorda: ogni buona strategia inizia da un piccolo passo. E anche se non hai una nave da comandare, puoi sempre allenare la tua rotta. Magari iniziando da qui.

Il pensiero strategico non è roba da supereroi in giacca e cravatta, né un potere magico riservato a chi ha fatto MBA in cima a una montagna. È una soft skill viva, utile, allenabile… e sì, anche divertente, se la prendi con il giusto spirito.

Pensare strategicamente significa uscire dalla modalità “spegni-incendi” e iniziare a costruire con intenzione. È come passare dal “dove siamo finiti?” al “dove vogliamo andare?”—con tanto di bussola, mappa, snack per il viaggio e playlist motivazionale.

Quindi, la prossima volta che ti senti nel bel mezzo di una tempesta (reale o metaforica), prova a fare un passo indietro, guardare l’orizzonte e chiederti:
“Qual è la mia prossima mossa intelligente?”

E se ti viene voglia di indossare un cappello da capitano… beh, nessuno ti giudicherà. Anzi, potrebbe aiutare.

Vuoi approfondire il tema della collaborazione e come potenziarla attraverso il Flow? Partecipa alle Pillole di Flow mercoledì 21 Maggio ore 18-19.

L’argomento è Quando il Team suona all’unisono: Flow e Collaborazione

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IL FLOW PER LA FELICITA' E IL SUCCESSO

LA LEADERSHIP NELLA VITA E NEL LAVORO.

IL LIBRO DI STEFANO SELVINI

“Si legge in un soffio: è un romanzo, ma è anche una guida assistita al lavoro per arrivare a padroneggiarlo.”

“Questo romanzo unisce la teoria alla pratica, invitandoci a rispondere a una questione di fondo: quando il lavoro vale la pena di essere vissuto?”

“Pagina dopo pagina familiarizzerete – passo al voi, avendole già lette in anteprima – con Marco Riva, il protagonista, rispecchiandovi nella sua costante ricerca di felicità. Perché tutti, nessuno escluso, cerchiamo la piena realizzazione.”

FILIPPO POLETTITop Voice Linkedin e influencer del benessere al lavoro

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DALLA SPIAGGIA ALL’UFFICIO: SUPERARE IL POST-HOLIDAY BLUES CON ENERGIA

Eccoci qui: settembre, l’agenda che torna a riempirsi, la casella mail che sembra esplodere e la sveglia che non perdona. Dopo giornate di mare, montagna o semplicemente di divano e relax, il ritorno al lavoro può sembrare un po’… traumatico.

Se in questi giorni ti senti rallentato, malinconico o con la testa ancora sotto l’ombrellone, non preoccuparti: non è pigrizia, non è “perdita di motivazione” e non sei l’unico. È il famoso post-holiday blues.

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SOPRAVVIVERE ALLA CORSA PRE-FERIE SENZA STRAMAZZARE

C’è una corsa che tutti conosciamo molto bene, anche se non ci alleniamo da anni.
È la corsa finale prima delle ferie:
quella in cui pensi di chiudere tutto, incastrare ogni task, rispondere a tutte le mail e magari salvare anche il mondo… entro venerdì a mezzogiorno.

Risultato?

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Respira.
Hai bisogno di un nuovo punto di vista (e di una metafora che ti aiuti a rallentare con dignità).

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LEZIONI DI LEADERSHIP SOTTO L’OMBRELLONE

Caro leader,

sei quasi arrivato.
Ancora un paio di riunioni, una manciata di email, l’ultimo sprint per chiudere tutto… e poi si parte.
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Hai già detto a tutti che “anche in ferie butti un occhio”, che “tanto il telefono lo tieni acceso” e magari ti sei pure infilato in valigia tre libri sul management, uno sulla leadership trasformazionale e… la solita agenda, non si sa mai.

Ma sai una cosa una cosa?
Se vuoi, quest’estate puoi imparare più cose sulla leadership di quante ne apprendi in un master.
Sul serio.

Perché la vacanza è uno dei luoghi più sottovalutati per allenare la tua consapevolezza come guida.
È lì che, togliendoti il badge e mettendoti le infradito, puoi vedere aspetti di te che di solito non noti.

Ecco cosa intendiamo.

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LA CONSAPEVOLEZZA NON RISOLVE TUTTO, MA QUASI

Hai presente quei momenti in cui ti sembra di sbattere sempre contro lo stesso muro?

Cambiano i contesti, cambiano le persone, ma certi problemi tornano puntuali come le pubblicità su YouTube.

👉 Sei sempre di corsa e finisci stremato.
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Quando succede, spesso scatta la missione: “devo trovare una soluzione”.
Spoiler: a volte non ti serve una soluzione, ma una lente di ingrandimento.
E quella lente si chiama consapevolezza.

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GUIDA- Progettare la Formazione Manageriale che Fa la Differenza

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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TRATTATO SEMISERIO SULLA CONSAPEVOLEZZA

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
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Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

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Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
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In una parola: creatività.

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