ARTICOLO DEL BLOG:

TRATTATO SEMISERIO
SULLA CONSAPEVOLEZZA

Per chi ogni tanto si chiede “ma cosa sto facendo davvero?” tra una call e un caffè

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.

Ti interessa questo argomento?

Mettiamo subito in chiaro una cosa: essere consapevoli non significa diventare guru zen che lavorano in lotus position davanti al PC, sorseggiando tisane all’anice.
Consapevolezza, nel concreto, è accorgerti che:

  • -stai dicendo “sì” a tutto solo per non deludere nessuno;

  • -ti innervosisci sempre con quella collega, e forse c’è qualcosa sotto;

  • -ti stai spegnendo piano piano, ma sorridi lo stesso in videochiamata.

È accorgerti mentre succede, non dopo. È fare spazio tra il “mi viene da reagire così” e il “aspetta, ma perché?”.
È diventare un po’ più registi, e un po’ meno attori nel copione scritto da altri.

QUANDO IL PILOTA AUTOMATICO GUIDA LA TUA CARRIERA

Facci caso: quante cose fai senza pensarci?
Mail scritte in modalità zombie, frasi come “nessun problema!” dette con le mascelle serrate, progetti accettati senza entusiasmo ma con un bel “wow, che bella sfida!”.
Il pilota automatico è comodo. Ti fa andare avanti. Ma ti fa anche allontanare da te.

La consapevolezza è quella vocina (gentile, eh) che ogni tanto ti sussurra:

“Ma questa cosa… ti rappresenta? O la fai perché ormai è un’abitudine?”

È fastidiosa, lo so. Ma necessaria. Perché ci salva da carriere costruite a caso, da team che non funzionano, da quella strana sensazione del “sto facendo tanto… ma non mi sento soddisfatto”.

CONSAPEVOLEZZA È ANCHE OSSERVARE GLI ALTRI (E NON SOLO TE STESSO)

Non si tratta solo di guardarsi dentro come se fossimo in un reality introspettivo.
Consapevolezza è anche accorgersi che:

  • -il tuo team è spento da settimane, ma nessuno lo dice;

  • -stai monopolizzando la riunione senza volerlo;

  • -il nuovo collega è in difficoltà, ma sta sorridendo troppo.

È leggere l’aria, ascoltare tra le righe, notare i silenzi.
E scegliere di fare qualcosa.

Essere consapevoli non è facile. Ti costringe a guardare cose che preferiresti ignorare.
Magari ti rendi conto che quel lavoro non ti appassiona più.
Che stai facendo il ruolo del “bravo soldato” ma dentro vorresti dire la tua.
Che sei sempre gentile… ma mai autentico.

Non è piacevole. Ma è lì che si apre lo spazio per cambiare.
Non cambiare tutto, eh. Ma almeno qualcosa. Qualcosa che sia più tuo.

METTITI ALL’OPERA

Per allenare la consapevolezza serve pratica. Quindi ecco un esercizio semplice, veloce, ma super potente.
Puoi farlo da solo, in team, all’inizio della giornata o prima di una riunione importante.

✨ CHECK-IN CONSAPEVOLE

  1. Come sto adesso, davvero?
    (Stanco, motivato, ansioso, scocciato, carico… scegli una parola vera)

  2. Da 1 a 10, quanta energia ho?
    (E se è bassa: cosa potrei fare per alzarla un po’? Anche solo alzarmi 2 minuti?)

  3. Cosa porto oggi, in questo incontro o attività?
    (Una tensione? Un’intenzione? Un’idea? Un bisogno?)

  4. Quale parte di me voglio attivare oggi?
    (Quella centrata? Quella coraggiosa? Quella ironica?)

  5. Cosa potrei osservare meglio oggi?
    (Il mio tono? Le reazioni del team? I miei automatismi?)

Se lo fai ogni giorno per una settimana, inizierai a notare cose. Piccole cose. Ma che fanno una grande differenza.

E ora?

Ora che hai letto fino a qui, probabilmente dentro di te c’è già una piccola vocina che si è risvegliata.
Magari ti sta dicendo:

“Caspita, questa cosa mi riguarda.”
O magari:
“In effetti, dovrei fermarmi un attimo e ascoltarmi.”

Bene. Non serve altro, per iniziare.
Solo questo: accorgerti.
Il resto verrà.
Magari con un cracker alla mano e una buona domanda da farti.

Essere consapevoli non vuol dire diventare saggi come un monaco tibetano o sentire ogni respiro con la grazia di un maestro zen.
Vuol dire, molto più semplicemente, riaccendersi un attimo.

Accorgersi di come stai mentre lo stai facendo.
Notare dove sei davvero mentre dici “tutto bene”.
Riconoscere che il pilota automatico serve, ma ogni tanto va disattivato.
E che dietro a ogni “sono solo stanco” c’è spesso una voce che chiede attenzione.

La consapevolezza non è una meta.
È un’abitudine gentile, che inizia con una domanda e continua con un po’ di onestà.
Quella che ci fa dire:

“Aspetta un attimo. Io, adesso, cosa sto davvero vivendo?”

Se lo facciamo anche solo una volta al giorno, abbiamo già cominciato.
Il resto – sì, anche la serenità – arriva col tempo. E col coraggio di non correre sempre.

Se questo articolo ti ha fatto riflettere su quanto sia fondamentale la consapevolezza per guidare davvero gli altri, non perdere il prossimo appuntamento con le Pillole di Flow: il 21 luglio dalle 18 alle 19 su Zoom

Un’ora per approfondire insieme come allenare la consapevolezza, competenza chiave nella leadership, partendo proprio da te.

Se vuoi capire come allenare concretamente il cambiamento attraverso esperienze immersive non perderti il prossimo appuntamento con le pillole di gamification, mercoledì  17 settembre dalle 12.30 alle 13.15.
Ti racconteremo come funziona un percorso collettivo di Change Management attraverso la realtà virtuale.

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IL FLOW PER LA FELICITA' E IL SUCCESSO

LA LEADERSHIP NELLA VITA E NEL LAVORO.

IL LIBRO DI STEFANO SELVINI

“Si legge in un soffio: è un romanzo, ma è anche una guida assistita al lavoro per arrivare a padroneggiarlo.”

“Questo romanzo unisce la teoria alla pratica, invitandoci a rispondere a una questione di fondo: quando il lavoro vale la pena di essere vissuto?”

“Pagina dopo pagina familiarizzerete – passo al voi, avendole già lette in anteprima – con Marco Riva, il protagonista, rispecchiandovi nella sua costante ricerca di felicità. Perché tutti, nessuno escluso, cerchiamo la piena realizzazione.”

FILIPPO POLETTITop Voice Linkedin e influencer del benessere al lavoro

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TRATTATO SEMISERIO SULLA CONSAPEVOLEZZA

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

Leggi l'articolo »

QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA INCONTRA IL FLOW

Ci sono leader che sanno tutto: strategie, numeri, strumenti. Ma quando si tratta di guidare le persone, spesso inciampano su qualcosa di molto più semplice — e molto più profondo: la consapevolezza di sé.

Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

Negli scorsi articoli ci siamo immersi nel mondo della collaborazione: abbiamo visto com’è fatta, cosa la nutre, come si distingue da quella versione “tutti amici in pausa caffè” che spesso viene confusa con il vero lavoro di squadra.

Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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I 5 NEMICI INVISIBILI DELLA COLLABORAZIONE

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.

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COLLABORAZIONE ASSENTE? ECCO IL SUO COSTO

Parlare di collaborazione può sembrare una questione “soft”. Una di quelle cose belle da avere, ma non proprio vitali, come la ciliegina sulla torta.
Eppure… quando manca, non è solo la ciliegina a saltare, ma tutta la torta rischia di sbriciolarsi.

Perché quando un team non collabora, l’azienda comincia a perdere. Soldi veri.
E la cosa peggiore è che non si vede subito. Non c’è una fattura con scritto:

“Mese di maggio: -3.000€ per conflitti e silenzi in riunione”
ma il costo c’è. Eccome se c’è.

Vediamo i principali danni che si innescano quando la collaborazione va in crisi, con qualche dato preso da ricerche e fonti autorevoli.

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CAPOLEADER SOSTIENE MAKE-A-WISH

CapoLeader crede che il benessere, la motivazione e il senso profondo di realizzazione – ciò che chiamiamo Flow – non debbano essere un privilegio per pochi.

Per questo abbiamo deciso di donare l’1% del nostro fatturato a Make-A-Wish Italia, l’organizzazione che ogni giorno realizza i desideri di bambini affetti da gravi malattie, restituendo loro speranza, forza e gioia.

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