ARTICOLO DEL BLOG:

PROGETTARE LA FORMAZIONE MANAGERIALE
CHE FA LA DIFFERENZA

HR e Training Manager alla costruzione di percorsi formativi efficaci?
Ecco cosa fa per voi!

Perché leggere questa pagina?

Perché se ti occupi di formazione in azienda, sai benissimo che “organizzare corsi” non basta più.
I tuoi manager non hanno bisogno di un’altra lezione teorica o di un formatore carismatico che li intrattenga per due giorni.

Quello che serve davvero è un percorso trasformativo, concreto e misurabile, che accompagni i leader a diventare migliori, durare di più, ottenere risultati con i team.

E questo articolo, ispirato alla guida “Progettare la Formazione Manageriale che Fa la Differenza”,è qui per mostrarti come farlo, passo dopo passo.

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Il problema:
corsi che iniziano e finiscono, senza lasciare nulla

Ogni anno si investono migliaia di euro in corsi di leadership, comunicazione, gestione dei conflitti.
Ogni anno si ripete la stessa domanda: “Ma poi, è servito davvero?”

Nella maggior parte dei casi, no.

❌ Perché non c’è follow-up
❌ Perché non si lavora su obiettivi reali
❌ Perché si sceglie in base al prezzo, non al valore
❌ Perché si pensa ancora a corsi, invece che a percorsi

La soluzione?
progettare veri percorsi di sviluppo manageriale

Ed è qui che entra in gioco questa guida (e questo articolo).
Per aiutarti a costruire percorsi formativi che funzionano.
Che durano nel tempo.
Che parlano la lingua del tuo business.
Che non si fermano all’aula, ma vivono nelle pratiche quotidiane.

Come? Con un approccio in aree fondamentali. 

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Da corsi spot a percorsi strutturati

“L’efficacia si sviluppa nel tempo. Pianifica journey con tappe distribuite per assorbire, sperimentare, ricevere feedback e correggere la rotta.”

Se stai ancora organizzando un “corso manageriale di due giorni”, stai buttando via tempo e budget.
Il cambiamento richiede continuità, supporto, applicazione sul campo.
Nella guida troverai una mappa pratica per costruire il tuo primo vero percorso manageriale, con step, fasi e suggerimenti concreti.

👉 Vuoi sapere come progettare la roadmap perfetta?
Scarica la guida completa e trovi esempi, durata consigliata e struttura ideale.

La selezione fa la differenza

“Meglio 10 partecipanti motivati che 30 passivi. Seleziona chi è pronto davvero.”

Troppe aziende mandano “tutti” alla formazione, per non discriminare.
Ma il risultato è un’aula disomogenea, partecipanti distratti e poca applicazione.

Nella guida troverai un metodo dettagliato per selezionare i partecipanti ideali:

  • Colloqui individuali

  • Lettere motivazionali

  • Check con il diretto superiore

  • Analisi del potenziale di crescita

👉 Vuoi vedere il processo completo?
Scarica la guida: c’è una checklist pronta all’uso.

Non basta più formare. Serve trasformare.

Per troppo tempo, la formazione manageriale è stata trattata come un contenitore: un corso da riempire, una giornata da completare, un’aula da organizzare.

Ma oggi, nel pieno di contesti aziendali sempre più complessi e veloci, questo non è più sufficiente.

Un manager non ha bisogno di più concetti da imparare. Ha bisogno di cambiare il modo in cui guida, comunica, prende decisioni.
Ha bisogno di un percorso che lo accompagni nel tempo, con continuità, coaching, confronto, supporto.
Solo così la formazione diventa vera trasformazione: quando il sapere si trasforma in comportamento, e il comportamento genera risultati.

E allora smettiamo di “formare”.
Iniziamo a far crescere leader consapevoli, efficaci, umani.

Il tempo è parte dell’apprendimento. Non un lusso

“Proteggi il tempo per riflettere, sperimentare, ricevere feedback. È un investimento che si ripaga.”

Ogni volta che provi a ‘stringere’ un percorso per non disturbare il business, stai sabotando il cambiamento.
Il tempo serve a:

  • metabolizzare ciò che si impara

  • provare cose nuove

  • ricevere feedback (e correggere la rotta)

👉 Vuoi sapere come pianificare il tempo formativo in modo sostenibile? Lo trovi nella guida.

 

Misura il cambiamento (non solo la soddisfazione)

Il successo non si misura in ore d’aula. Si misura nei comportamenti che cambiano sul campo.

Se stai usando ancora solo i questionari “Ti è piaciuto?”, stai misurando l’intrattenimento, non l’efficacia.

La guida ti mostra:

  • Come definire 3-4 comportamenti chiave

  • Come misurarli a 3, 6, 12 mesi

  • Come collegare il cambiamento a risultati aziendali (performance, retention, clima)

    👉 Vuoi il modello completo di misurazione del cambiamento? È nella guida.
    Scaricala subito.

Il mindset: la vera radice della trasformazione

“Il successo non si costruisce con le tecniche, ma con il mindset giusto.”


Spesso, quando si parla di formazione, ci si concentra su strumenti, moduli, contenuti.
Ma il vero motore del cambiamento è invisibile all’occhio, eppure fondamentale: è il mindset.

Puoi avere il miglior programma formativo mai costruito.
Puoi avere docenti preparati, coaching individuale, simulazioni pratiche.
Ma se un manager non crede nel cambiamento… nulla accade davvero.

Perché tutto parte da dentro

Ecco perché la guida ti accompagna a lavorare su ciò che conta di più:

  • Le convinzioni profonde dei partecipanti (sul loro ruolo, sul potere, sul team)

  • Le resistenze al cambiamento (che spesso sono più culturali che tecniche)

  • Il commitment personale (quella scintilla che fa dire “io mi metto in gioco”)

Il vero leader non nasce da un manuale.
Nasce quando decide di cambiare se stesso prima ancora di voler cambiare gli altri.

La trasformazione segue un effetto domino. E inizia da uno solo.

Tutto inizia da lì.
Da un mindset evoluto, coraggioso, aperto all’apprendimento.
Perché il cambiamento non è (solo) questione di competenze. È una questione di visione personale.

Vuoi aiutare i tuoi manager a passare dal “fare il leader” all’“essere leader”?

Nella guida trovi strumenti, domande, framework e strategie per attivare un vero mindset evolutivo nei tuoi percorsi.
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GUIDA- Progettare la Formazione Manageriale che Fa la Differenza

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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TRATTATO SEMISERIO SULLA CONSAPEVOLEZZA

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA INCONTRA IL FLOW

Ci sono leader che sanno tutto: strategie, numeri, strumenti. Ma quando si tratta di guidare le persone, spesso inciampano su qualcosa di molto più semplice — e molto più profondo: la consapevolezza di sé.

Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

Negli scorsi articoli ci siamo immersi nel mondo della collaborazione: abbiamo visto com’è fatta, cosa la nutre, come si distingue da quella versione “tutti amici in pausa caffè” che spesso viene confusa con il vero lavoro di squadra.

Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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I 5 NEMICI INVISIBILI DELLA COLLABORAZIONE

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.

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COLLABORAZIONE ASSENTE? ECCO IL SUO COSTO

Parlare di collaborazione può sembrare una questione “soft”. Una di quelle cose belle da avere, ma non proprio vitali, come la ciliegina sulla torta.
Eppure… quando manca, non è solo la ciliegina a saltare, ma tutta la torta rischia di sbriciolarsi.

Perché quando un team non collabora, l’azienda comincia a perdere. Soldi veri.
E la cosa peggiore è che non si vede subito. Non c’è una fattura con scritto:

“Mese di maggio: -3.000€ per conflitti e silenzi in riunione”
ma il costo c’è. Eccome se c’è.

Vediamo i principali danni che si innescano quando la collaborazione va in crisi, con qualche dato preso da ricerche e fonti autorevoli.

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