ARTICOLO DEL BLOG:

10 STRATEGIE PER FERMARE IL
MICROMANAGEMENT

Cosa è,quali siano i suoi effetti, come riconoscerlo nei nostri comportamenti di gestione e come smettere di praticarlo

Nelle scorse settimane, ci siamo dedicati a esaminare attentamente il concetto di micromanagement: cosa sia, quali siano i suoi effetti, come riconoscerlo nei nostri comportamenti di gestione e come smettere di praticarlo. Abbiamo esplorato come questa pratica, caratterizzata da un controllo eccessivo e dettagliato, possa compromettere le dinamiche lavorative, minando la fiducia e la motivazione dei collaboratori.
Oggi,  spostiamo il nostro focus su un’altra prospettiva altrettanto importante: cosa fare se siamo noi stessi oggetto di micromanagement da parte di un nostro superiore o responsabile. Affrontare il micromanagement può essere estremamente frustrante e, talvolta, avvilente. Tuttavia, è essenziale capire che esistono strategie e azioni che possiamo intraprendere per gestire efficacemente questa situazione e mantenere la nostra produttività e soddisfazione lavorativa. Scopriremo insieme dieci strategie per fermare il micromanagement in modo efficace e costruttivo:

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micromanaging

ECCO LE STRATEGIE

1. Comunica al tuo responsabile il modo migliore in cui lavori: Ogni individuo ha un proprio stile lavorativo. Se ritieni che il micromanagement stia influenzando negativamente il tuo rendimento, è importante comunicare apertamente al tuo responsabile il modo in cui lavori meglio. Spiega le tue preferenze e i tuoi metodi di lavoro in modo che possa comprendere come supportarti al meglio.


2. Mostra iniziativa proponendo soluzioni: Piuttosto che limitarti a lamentarti del micromanagement, prendi l’iniziativa e proponi soluzioni per migliorare la situazione. Potresti suggerire nuovi processi o procedure che consentano di aumentare l’efficienza senza compromettere la qualità del lavoro.


3. Richiedi feedback sul tuo rendimento: Chiedi regolarmente al tuo superiore un feedback sul tuo lavoro. In questo modo, dimostrerai di essere interessato a migliorare e sarai in grado di adattare il tuo approccio in base ai commenti ricevuti.


4. Costruisci fiducia fornendo lavoro di alta qualità: Una delle migliori difese contro il micromanagement è fornire costantemente lavoro di alta qualità. Dimostra al tuo responsabile che sei affidabile e competente nel tuo ruolo, in modo che possa sentirsi più sicuro nel darti maggiore autonomia.


5. Stabilisci confini in modo rispettoso e professionale: Se il micromanagement diventa opprimente, è importante stabilire confini chiari e rispettosi con il tuo responsabile. Spiega cortesemente che apprezzi il suo coinvolgimento, ma che hai bisogno di spazio per lavorare in modo indipendente e efficace.


6. Chiedi più responsabilità per dimostrare le tue capacità: Se ritieni di essere sottovalutato a causa del micromanagement, chiedi al tuo capo più responsabilità. Dimostra la tua competenza e la tua capacità di gestire compiti più impegnativi per guadagnare la sua fiducia e il suo rispetto.


7. Cerca chiarezza sulle loro aspettative e sulla tua autorità: Chiedi al tuo superiore di chiarire le sue aspettative nei tuoi confronti e il tuo grado di autorità nel prendere decisioni. Con una comprensione chiara del tuo ruolo e delle tue responsabilità, potrai lavorare in modo più autonomo e ridurre la necessità di micromanagement.


8. Documenta il progresso del tuo lavoro e condividilo proattivamente: Mantieni una documentazione dettagliata del tuo lavoro e dei tuoi successi. Condividi regolarmente il tuo progresso con il tuo capo in modo proattivo, dimostrando trasparenza e impegno nel raggiungere gli obiettivi aziendali.


9. Rivolgiti a HR o parla con un leader di fiducia se la situazione non migliora: Se nonostante i tuoi sforzi il micromanagement persiste, è importante cercare supporto da risorse umane o parlare con un leader di fiducia all’interno dell’organizzazione. Queste persone possono fornire consigli e assistenza per affrontare la situazione in modo efficace.


10. Se diventa insopportabile, trova una nuova collocazione in azienda: Infine, se il micromanagement diventa insopportabile e influisce negativamente sulla tua salute mentale e sulla tua carriera, potresti valutare la possibilità di cercare un trasferimento in un altro reparto aziendale. Trova un ambiente di lavoro dove le tue competenze e contributi siano apprezzati e dove possa realizzare il tuo pieno potenziale senza ostacoli.

LAVORA SULLA TUA PROATTIVITÀ

Affrontare il micromanaging non è un compito facile, ma è essenziale per garantire un ambiente lavorativo sano e produttivo. Essere soggetti a questo tipo di gestione può essere estremamente frustrante e destabilizzante. Tuttavia, è importante riconoscere che abbiamo il potere di influenzare la situazione e apportare cambiamenti positivi. Come abbiamo visto, esistono delle strategie per fermare il micromanagement.

Essere proattivi è fondamentale: dobbiamo assumere il controllo di ciò che è sotto la nostra sfera di influenza e adottare un approccio assertivo nel comunicare le nostre esigenze e aspettative. Attraverso una comunicazione chiara e rispettosa con i nostri superiori, la ricerca attiva di soluzioni e l’impegno costante nel fornire un lavoro di alta qualità, possiamo contribuire a ridurre il micromanagement e a creare un ambiente di lavoro più collaborativo e gratificante.

Nonostante le sfide possano risultare impegnative, sono la costanza e la determinazione che condurranno alla creazione di un ambiente lavorativo più equilibrato e soddisfacente per tutti i membri del team. Concentrarsi sull’empowerment personale e sul continuo miglioramento delle dinamiche organizzative si rivela fondamentale per superare gli ostacoli del micromanagement e per costruire una cultura aziendale improntata sulla fiducia, la responsabilità e il successo collettivo.

Conosci altre strategie per fermare il micromanagement? Scrivile nei commenti.

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DALLA SPIAGGIA ALL’UFFICIO: SUPERARE IL POST-HOLIDAY BLUES CON ENERGIA

Eccoci qui: settembre, l’agenda che torna a riempirsi, la casella mail che sembra esplodere e la sveglia che non perdona. Dopo giornate di mare, montagna o semplicemente di divano e relax, il ritorno al lavoro può sembrare un po’… traumatico.

Se in questi giorni ti senti rallentato, malinconico o con la testa ancora sotto l’ombrellone, non preoccuparti: non è pigrizia, non è “perdita di motivazione” e non sei l’unico. È il famoso post-holiday blues.

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SOPRAVVIVERE ALLA CORSA PRE-FERIE SENZA STRAMAZZARE

C’è una corsa che tutti conosciamo molto bene, anche se non ci alleniamo da anni.
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Risultato?

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Respira.
Hai bisogno di un nuovo punto di vista (e di una metafora che ti aiuti a rallentare con dignità).

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LEZIONI DI LEADERSHIP SOTTO L’OMBRELLONE

Caro leader,

sei quasi arrivato.
Ancora un paio di riunioni, una manciata di email, l’ultimo sprint per chiudere tutto… e poi si parte.
Destinazione: vacanza.

Hai già detto a tutti che “anche in ferie butti un occhio”, che “tanto il telefono lo tieni acceso” e magari ti sei pure infilato in valigia tre libri sul management, uno sulla leadership trasformazionale e… la solita agenda, non si sa mai.

Ma sai una cosa una cosa?
Se vuoi, quest’estate puoi imparare più cose sulla leadership di quante ne apprendi in un master.
Sul serio.

Perché la vacanza è uno dei luoghi più sottovalutati per allenare la tua consapevolezza come guida.
È lì che, togliendoti il badge e mettendoti le infradito, puoi vedere aspetti di te che di solito non noti.

Ecco cosa intendiamo.

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LA CONSAPEVOLEZZA NON RISOLVE TUTTO, MA QUASI

Hai presente quei momenti in cui ti sembra di sbattere sempre contro lo stesso muro?

Cambiano i contesti, cambiano le persone, ma certi problemi tornano puntuali come le pubblicità su YouTube.

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👉 Provi a comunicare bene, ma ti capiscono peggio del correttore automatico.
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Quando succede, spesso scatta la missione: “devo trovare una soluzione”.
Spoiler: a volte non ti serve una soluzione, ma una lente di ingrandimento.
E quella lente si chiama consapevolezza.

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GUIDA- Progettare la Formazione Manageriale che Fa la Differenza

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
Poi però ti ritrovi a rispondere “tutto bene!” mentre nella tua testa si scatena l’apocalisse, e ti rendi conto che forse… non sei proprio così consapevole.

Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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TRATTATO SEMISERIO SULLA CONSAPEVOLEZZA

La consapevolezza è una di quelle parole che fanno un figurone nei workshop, su LinkedIn e nelle frasi motivazionali con tramonti di sfondo.
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Nel lavoro, succede spesso: vai in automatico, macini attività, partecipi a riunioni, dici “sì certo, ci penso io” anche quando vorresti solo scappare in Alaska a fare il pastore di renne. Eppure non ti fermi.
Perché “c’è da fare”.
Perché “è così che si lavora”.
Perché “ormai ci siamo dentro”.

Ma fermarsi (anche solo un minuto) per capire dove sei, come stai, e cosa stai facendo davvero… è già un atto rivoluzionario.
E sì, si chiama consapevolezza.
Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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