ARTICOLO DEL BLOG:

LA CULTURA DELLO
SPEAK UP

Sempre più aziende stanno cercando di diffondere la cultura dello Speak Up. Vediamo di cosa si tratta.

La scorsa settimana abbiamo parlato dell’importanza del wellbeing e dell’attenzione verso il benessere dei lavoratori, al fine di creare degli ambienti di lavoro sani, sostenibili e produttivi.

Il secondo step per poter creare un buon clima lavorativo è incentivare una comunicazione aperta e trasparente. In particolare, sempre più aziende stanno cercando di diffondere la cultura dello Speak Up.

Vediamo di cosa si tratta:

La cultura dello Speak Up è un concetto che descrive l’ambiente lavorativo in cui i dipendenti si sentono incoraggiati e supportati a parlare apertamentecondividere le loro preoccupazioni e segnalare eventuali comportamenti inappropriati o irregolarità all’interno dell’organizzazione.

È una cultura in cui la comunicazione aperta è valorizzata e considerata un’importante componente del successo aziendale.

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SPEAK UP

La cultura dello Speak Up promuove la fiducia e la trasparenza.


I dipendenti si sentono sicuri nel sollevare problemi o segnalare situazioni che potrebbero danneggiare l’azienda o violare i valori etici dell’organizzazione e delle altre persone.

 Nelle grandi aziende spesso è proprio la paura di subire ritorsioni a far sì che i dipendenti decidano di non segnalare anche casi evidenti di cattive condotte, abusi o altro.

Quando la cultura dello Speak Up è assente, le persone tendono a non ammettere i propri errori per paura delle reazioni degli altri, preferiscono nasconderli o incolpare i colleghi.


Spesso non vengono fatte proposte e non si prendono iniziative, proprio per paura di sbagliare.

Ma mantenere lo status quo senza cercare di migliorare e abbracciare le novità non ci permette di evolvere. Le aziende che non si rinnovano e rimangono ancorate a vecchi principi rischiano di non sopravvivere.

LA VOCINA NELLA LORO TESTA

Il messaggio che vuole trasmettere questo video è che tutti hanno vissuto dei momenti in cui “la vocina nella loro testa” diceva di tacere davanti a comportamenti scorretti, ingiusti o non inclusivi. Allenare la cultura dello Speak Up vuol dire non ascoltare quella vocina, ma trovare le proprie parole per cambiare la situazione. Anche quando le cose da dire sono considerate “scomode” o ci sentiamo a disagio nel dirle. Un buon leader deve cercare di creare un clima in cui le persone si sentano a proprio agio e libere di esprimersi. Uno strumento utile per questo è il feedback, ovvero imparare a trasmettere in modo chiaro e oggettivo quello che pensiamo o abbiamo visto. Se notiamo che il feedback non ci viene dato, possiamo sempre essere noi a richiederlo.

Una buona comunicazione impatta in modo significativo sul benessere delle persone. Sapere che che in caso di errore, qualcuno ci dirà apertamente cosa e come migliorare, o sentirsi liberi di esprimere il proprio pensiero senza venir giudicati o sminuiti sta diventando essenziale per molte aziende. Questo ha una ricaduta importante sulla retention aziendale. Le persone, infatti, rimangono più a lungo in un ambiente di lavoro in cui si sentono apprezzate e hanno la certezza che le loro idee saranno prese sul serio.

Per costruire una solida cultura dello Speak Up ci vuole del tempo, alcune pratiche per iniziare possono essere:

  • allenare l’ascolto attivo
  • istituire dei momenti di feedback di qualità
  • favorire un cambiamento culturale attraverso percorsi formativi specifici

I percorsi di CapoLeader hanno come obiettivo quello di aiutare le aziende ad incrementare il benessere organizzativo attraverso modalità gamificate e innovative. Vuoi avere più informazioni? Manda una mail a contatta@capoleader.com

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ARTICOLI DEL BLOG

QUANDO LA CONSAPEVOLEZZA INCONTRA IL FLOW

Ci sono leader che sanno tutto: strategie, numeri, strumenti. Ma quando si tratta di guidare le persone, spesso inciampano su qualcosa di molto più semplice — e molto più profondo: la consapevolezza di sé.

Perché diciamocelo: non si può guidare davvero gli altri se prima non si è consapevoli di come si guida se stessi.

Essere consapevoli significa fermarsi un attimo e chiedersi:

Come sto?

Perché sto reagendo così?

Che impatto ha il mio comportamento sugli altri?

Non è introspezione fine a sé stessa. È la base invisibile di ogni buona leadership.
Un leader consapevole sa quando è centrato e quando è fuori fase. Sa cosa lo motiva, cosa lo fa perdere la bussola, e cosa lo riporta al timone. E solo da lì, può davvero mettersi al servizio del team.
Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
In una parola: creatività.

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ESSERE CREATIVI CON IL FLOW

Negli scorsi articoli ci siamo immersi nel mondo della collaborazione: abbiamo visto com’è fatta, cosa la nutre, come si distingue da quella versione “tutti amici in pausa caffè” che spesso viene confusa con il vero lavoro di squadra.

Abbiamo parlato di ascolto, fiducia, confronto autentico.
Ma oggi facciamo un salto in avanti: cosa succede quando questa collaborazione funziona davvero?
Succede che si crea spazio. Spazio per dire cose nuove, per provare strade non battute, per giocare con le idee.
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I 5 NEMICI INVISIBILI DELLA COLLABORAZIONE

Tutti parlano di collaborazione. È sulla bocca dei manager, sulle pareti degli open space, nei valori aziendali e perfino nei badge dei convegni: “teamwork”, “co-creazione”, “insieme si va più lontano”.

Poi entri davvero in azienda, e spesso scopri che si lavora affiancati, ma non insieme. Che la comunicazione è un ping pong di mail in copia conoscenza. Che si fa prima a farsi le cose da soli che coinvolgere altri. E che le “riunioni collaborative” assomigliano a un monologo sotto anestesia.

La verità è che la collaborazione – quella vera – è fragile.
E ci sono nemici invisibili che, giorno dopo giorno, la logorano. Non si presentano alla porta, ma agiscono in silenzio, in profondità.
Ecco i cinque più pericolosi.

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COLLABORAZIONE ASSENTE? ECCO IL SUO COSTO

Parlare di collaborazione può sembrare una questione “soft”. Una di quelle cose belle da avere, ma non proprio vitali, come la ciliegina sulla torta.
Eppure… quando manca, non è solo la ciliegina a saltare, ma tutta la torta rischia di sbriciolarsi.

Perché quando un team non collabora, l’azienda comincia a perdere. Soldi veri.
E la cosa peggiore è che non si vede subito. Non c’è una fattura con scritto:

“Mese di maggio: -3.000€ per conflitti e silenzi in riunione”
ma il costo c’è. Eccome se c’è.

Vediamo i principali danni che si innescano quando la collaborazione va in crisi, con qualche dato preso da ricerche e fonti autorevoli.

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CAPOLEADER SOSTIENE MAKE-A-WISH

CapoLeader crede che il benessere, la motivazione e il senso profondo di realizzazione – ciò che chiamiamo Flow – non debbano essere un privilegio per pochi.

Per questo abbiamo deciso di donare l’1% del nostro fatturato a Make-A-Wish Italia, l’organizzazione che ogni giorno realizza i desideri di bambini affetti da gravi malattie, restituendo loro speranza, forza e gioia.

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TEAM FLOW: L’ARMONIA CHE FA LA DIFFERENZA

Hai mai vissuto un momento sul lavoro in cui nessuno controlla l’orologio, la chat aziendale è stranamente silenziosa (ma non perché siete tutti su LinkedIn), e le idee viaggiano come palline di ping pong tra colleghi sorridenti?

Ecco: benvenuto nel Team Flow, quel raro ma potentissimo stato in cui il tuo gruppo lavora così bene che potrebbe tranquillamente scrivere un album da Grammy… anche se state facendo una relazione su Excel.

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